In tempo di pandemia, tra vaccini e cure farmacologiche paradossalmente ma non a sorpresa, spunta un’altra criticità, senza dubbio dagli aspetti opposti. Parliamo dell’antibioticoresistenza, quella giudicata dagli esperti una delle grandi emergenze sanitarie globali. E purtroppo al nostro Paese spetta una doppia maglia nera nello scacchiere europeo: siamo tra i maggiori utilizzatori di antibiotici e quello con i dati peggiori per le resistenze a livello ospedaliero. Per antibioticoresistenza s’intende l’incapacità di un antibiotico, somministrato alle dosi terapeutiche, di ridurre la sopravvivenza o inibire la replicazione di un batterio patogeno. In pratica immettiamo la “chimica” nel nostro corpo per guarire da una malattia ma l’efficacia della cura è vanificata… Un aspetto, quest’ultimo, assolutamente allarmante che rischia di mettere in crisi i sistemi sanitari, causando sia l’aumento della mortalità per infezioni, sia maggiori costi sanitari e sociali.
Parlavamo all’inizio di non sorpresa proprio perché, oltre ad alcune iniziative intraprese negli anni novanta e duemila dall’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2017 la Commissione Europea ha dato vita a un Piano di Azione Europeo contro la resistenza antimicrobica. Il tutto per cercare di ridurre il divario dell’uso degli antibiotici tra gli stati membri e nello stesso tempo favorire l’attuazione di piani nazionali di contrasto. Antibiotici che comunque, è bene ricordarlo, dal secolo scorso salvano la vita di milioni di persone.
Passando allora sotto la lente d’ingrandimento la mole di dati forniti dal Rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco, emerge la notevole variabilità d’uso regionale, con valori più elevati al Sud rispetto al Centro e al Nord Italia. Nonostante questo, però, si evidenzia comunque una progressiva tendenza a un uso più attento di tali medicinali con particolari riduzioni dei consumi proprio nelle aree di maggior utilizzo. Campania e Sardegna hanno registrato la più elevata contrazione dei consumi (rispettivamente -6,9% e -6,5%), mentre, sul lato della spesa, hanno osservato importanti decrementi Sardegna, Valle d’Aosta e Campania (rispettivamente -6,8%, -6,4% e -6,3%).
Per quanto concerne invece le fasce di età e di genere, il maggior consumo di antibiotici riguarda fasce estreme: nei primi quattro anni di vita (prevalenza d’uso 54,2% nei maschi e 51,6% nelle femmine) e nella popolazione con età uguale o superiore agli 85 anni (prevalenza d’uso 62,8% negli uomini e 57,0% nelle donne). Si riscontra anche un più frequente utilizzo di antibiotici per le donne nelle fasce d’età intermedie e per gli uomini in quelle estreme. Come prevedibile, poi, l’epidemia da Coronavirus nel primo semestre 2020 ha assorbito importanti risorse della sanità pubblica, con un impatto sui servizi sanitari e conseguenze dirette e indirette sulla salute dei cittadini. Infatti il Rapporto sottolinea come la mancanza di specifiche terapie per il trattamento dei pazienti con Covid-19 abbia spinto a utilizzare diversi farmaci tra cui gli antibiotici, anche per il fatto che, come avviene in molte infezioni virali, i pazienti più gravi sono a maggior rischio di sviluppare infezioni secondarie con conseguenze anche fatali. L C