Due scene sconvolgenti sono al centro del processo romano di Gesù. La prima, quando Pilato lo presenta al popolo vestito da re da burla additandolo: Ecco l’Uomo. La seconda, quando il procuratore, ormai disperato dinanzi all’insistenza dei giudei, riappare dinanzi alla folla con Gesù nello stesso abbigliamento, e proclama tra stizzito e implorante: Ecco il vostro re! Crocifiggerò il vostro re?
Che cosa intendeva nel dire Ecco l’Uomo? Ecco quell’uomo, di cui ci stiamo occupando, oppure ecco il Figlio dell’Uomo, come Gesù s’era definito dinanzi al sinedrio? Nell’intento dell’Ispiratore biblico vi è certo tale allusione. Nella passione, Gesù è l’essere umano nei vari significati: com’è capace di ridursi a causa del peccato, com’è capace di grandezza e dignità nella potenza dell’amore.
Dinanzi alla reazione inferocita dei capi e della piazza da loro manipolata, Pilato sente crescere la paura. Decide di riprendere il colloquio con Gesù, indagando sulla sua origine: Di dove sei? Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce? (Gv19,9-10).
Vedendo Pilato ormai chiuso alla fede, Gesù esita a rispondere, ma poi puntualizza: Tu non avresti su di me nessun potere se non ti fosse dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa ancora più grande, (19,11). Forse allude a Giuda e al sinedrio
Al contrario del Gesù dei sinottici, il Gesù di Giovanni accetta il dialogo. S’è difeso dal tentativo di manipolazione politica. Adesso riconosce il potere di Pilato, ma ne precisa i limiti. Potrà mettere in croce Gesù, ma con permissione speciale, per questo caso che attua il piano della salvezza. Riaffiora lo stesso mistero incontrato nel tradimento di Giuda. Dio solo guida il destino di Gesù. Egli muore perché ha il potere di offrire la propria vita, non perché è caduto nel complotto dei nemici o perché verrà la sentenza di Pilato. Ma attorno a questo dramma tutti agiscono con le proprie responsabilità.
Pilato esce dal secondo interrogatorio come dal primo. Non capisce i discorsi di Gesù, ma è sempre più convinto della sua innocenza. Riappare sulla piazza ancora deciso a sostenere la sua tesi. Ma la perfidia dei Giudei lo travolge. Siccome dopo l’accusa di contenuto religioso il procuratore insiste sull’innocenza di Gesù, con mossa repentina spostano l’accusa sul piano politico: Se liberi costui non sei amico di Cesare, perché chiunque si fa re si mette contro Cesare, (19,12). Loro, ebrei, sarebbero gli amici di Cesare. Lui, romano e luogotenente dell’imperatore, non ne risulterebbe amico. La minaccia è chiara: porteremo il caso a Roma.
Pilato si rende conto di essere caduto nella trappola. Gesù è innocente, ma non potrà evitare che vada alla morte. Ecco che cos’è il potere di cui tanto si vanta. Non è capace neppure di salvare un innocente. Contrariato e indispettito fa venir fuori Gesù e passa alla fase finale del processo. Fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, (19,13). Quindi declama ancora: Ecco il vostro re. È una proclamazione e una sentenza insieme.
La risposta è l’urlo da brivido: Via, via, crocifiggilo. Pilato insiste: Metterò in croce il vostro re? (19,15). Continua con terminologia regale. Invece di condannare Gesù, lo proclama re. È incapace sia di resistere alle pressioni dei Giudei, sia di chiamare colpevole un innocente. Difatti non pronuncia la sentenza o, se si vuole, condanna Gesù con una sentenza che è anche proclamazione regale. Le sue parole, conclusive del processo, sono: il vostro re.
Dalla piazza tuona il rifiuto sacrilego: Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare, (19,15). Qualche studioso dubita sulla storicità di questa frase. Sembra impossibile che Giudei di quella situazione storica siano arrivati a prostituirsi all’imperatore di Roma sino a questo punto. Hanno condannato Gesù per bestemmia, e ora pronunciano la più enorme bestemmia: legati dal patto con Dio, secondo cui non vi è altro re all’infuori di Dio, gridano di non avere altro re che Cesare. Giovanni non poteva scegliere un contesto più efficace per esprimere lo stridore impazzito del rifiuto dell’amore che salva. Gesù è il re giudicato che giudica il mondo.