Che senso ha la chiamata universale alla santità? Quanto conta l’esempio dei santi del calendario? E la santità di Gabriele Possenti dell’Addolorata?
A febbraio i nostri lettori ricordano in modo speciale il santo a cui questa rivista s’ispira, Gabriele dell’Addolorata, dato che il 27 si celebra la sua festa. I suoi devoti amano riflettere sul senso del loro rapporto con lui. La devozione ai santi, infatti, non consiste soltanto nel dire preghiere e confidare nella loro protezione, ma implica una relazione personale che tende a condividerne l’esperienza. In fondo, a diventare come loro.
Pensando a san Gabriele, è oggi impossibile condurre lo stesso stile di vita. La situazione socioculturale non è paragonabile. L’ambiente formativo avveniva tra famiglia scuola e chiesa negli stessi contenuti improntati alla visione cristiana. Francesco Possenti nasce in una famiglia credente, e frequenta le scuole elementari e superiori tenute da istituti religiosi. Oggi le famiglie non riescono a trasmettere la fede, e le agenzie di formazione sono i media, scuola, università, amicizie, in genere di ispirazione laica o anticristiana. Le inquietudini della ricerca giovanile, che Francesco sperimentò fino a diciotto anni, oggi cercano soluzioni evasive – divertimento, rapporti superficiali, sballo di vario genere – piuttosto che nell’ambito dei valori.
La spiritualità cristiana si nutre a fonti rinnovate, per vivere in modo diverso i rapporti nel mondo, per produrre consapevolezze forti, perché la fede resista negli sbalzi di una società liquida e di una cultura non omogenea. La Parola di Dio, la liturgia, la vita sacramentale con al centro il battesimo e l’Eucaristia sono i dinamismi della spiritualità. Le stesse devozioni hanno senso nel contesto biblico e liturgico. La Passione di Cristo è presentata nell’unità del mistero pasquale di morte e risurrezione. La mediazione mariana va vissuta come tipo e guida materna nel cammino della fede.
Bastano questi accenni per concludere che la santità di Gabriele non è ripetibile ma che è proponibile come ispirazione nel modo interiore di porsi dinanzi a Dio, al prossimo e agli eventi della vita.
Come laico, Francesco Possenti è capace di animare amicizie costruttive, per l’emulazione nello studio e nelle attività creative e ricreative, valore a cui anche oggi i giovani sono sensibili. È in grado di riflettere sui fatti personali, familiari e sociali, di valutarli e di discernere nel dialogo coi suoi formatori per elaborare le scelte personali. L’interiorità è la forza della sua giovinezza, non solo come preghiere e devozioni, ma come studio e confronto critico. Gli ha permesso di non perdersi evadendo nella chiusura o nella ribellione dinanzi al dolore che ha lacerato la sua vita. Soprattutto ha scoperto e vissuto con fedeltà, nella vita di religioso, la possibilità di rendere straordinario nell’amore ogni dettaglio della vita ordinaria. Fino al punto che la gioia della sua vita austera e penitente può essere considerata esperienza di risurrezione, anche dinanzi alla morte.
Guardando a Gabriele si può meglio capire il senso della vocazione universale alla santità, che papa Francesco ha di recente ricordato a tutta la chiesa nella esortazione apostolica Gaudete et Exultate. Non è vocazione alla santità canonizzata, dei santi del calendario. Quella è vocazione speciale, individuale, non universale, suscitata da Dio per dare al mondo modelli di ispirazione e intercessione. Vocazione universale è alla santità del battesimo, da sviluppare nei sacramenti e nella pratica delle virtù. Paolo apostolo chiama santi i battezzati delle prime comunità cristiane. È la santità della porta accanto, dei cristiani di ogni giorno, che accettano la vita e guardano al mondo con amore, e testimoniano la presenza e la tenerezza di Dio. Santi e anche peccatori, ma del peccato si pentono e chiedono perdono, cercando sempre di migliorare. È il ceto medio della santità, di cui tutti dobbiamo fare parte.