Dior è stato il nume tutelare della moda del dopoguerra. Ogni sfilata portava in passerella quasi 200 modelli, attentamente calibrati tra capi facilmente indossabili e altri più impegnativi. Le sue collezioni erano attese e contese nel mondo. Si valuta che solo per vedere (e acquistare) le sue proposte sorvolassero l’oceano, ogni anno, 25 mila persone. Ogni suo cambiamento di linea (e ogni stagione ne imponeva uno) era accolto con entusiasmo e con critiche feroci, a seconda se si appartenesse al suo clan o a interessi contrapposti. In ogni caso, nessuna donna che volesse essere alla moda poteva ignorare i dettami del couturier parigino di Avenue Montaigne, una Maison che, nata da appena cinque anni, impegnava già oltre un migliaio di collaboratori. Il suo New look si evolveva stagione dopo stagione. Nel 1950 aveva imposto la Linea Verticale, nel 51 la donna non poteva che vestire in Ovale: spalle arrotondate e maniche a raglan, tessuti modellati sino a diventare una seconda pelle. Complemento indispensabile, il cappellino, per cui Dior s’ispirò, quell’anno, ai copricapi dei coolies, alla cinese quindi. Nel 1951, lo stilista scelse Venezia e i suoi scorci più intriganti per la campagna pubblicitaria che in tutto il mondo diffondeva le proposte del sarto più popolare del momento. Le immagini di quei due momenti sono ora esposte al pubblico nella straordinaria Villa Nazionale Pisani a Stra, la regina delle Ville Venete, impreziosita da meravigliosi affreschi di Giambattista Tiepolo. Per volontà di Vittorio Pavan, attuale conservatore dell’imponente archivio di Cameraphoto e di Daniele Ferrara, direttore del Polo Museale Veneto. Dal 12 aprile al 2 novembre 2019.
DIOR E VENEZIA
