PEDAGGI D’AUTORE…

E’ mai possibile che in questo paese a pagare debba essere sempre Pantalone? La maschera che impersona la povera gente; chi, fino a ieri, faceva  fatica ad arrivare alla fine del mese e che oggi ha difficoltà a mettere insieme pranzo e cena. Anche il 2018 non smentisce questa inveterata vocazione a penalizzare chi di pene ne ha piena la bisaccia. La puntualità con la quale arriva l’aumento del pedaggio delle autostrade abruzzesi è tale da far concorrenza al conto alla rovescia della tivù per il botto dello spumante che saluta il nuovo anno. Si può essere certi come l’ineluttabilità del fato che allo scoccare del primo secondo del primo giorno del nuovo anno la perentoria voce femminile, che ti fa vibrare i timpani al casello autostradale (“introdurre la tessera…”), per alzarti la sbarra del via libera, ti chiederà immancabilmente il 13 per cento in più rispetto al giorno di San Silvestro. E con la stessa puntualità di prima arriva l’immancabile protesta delle istituzioni pubbliche, delle amministrazioni locali, dei parlamentari, dei sindaci, delle associazioni dei trasportatori, dei pendolari e via compagnia narrando. Poi, con un sincronismo che sembra mutuato da una speciale disciplina del nuoto, si va tutti a Roma, a Montecitorio a protestare con fascia tricolore a tracolla e con cartelli in mano che invocano riduzioni dei pedaggi autostradali. E per continuare sul registro del tempismo, in un dato giorno e una data ora (esattamente venti giorni dopo l’arrivo dell’aumento) giunge il sospirato annuncio: ci saranno sconti del 20 per cento per i pendolari. Con quali soldi? Ma è ovvio. Il copione è sempre lo stesso, uguale e immutabile nel tempo: con i soldi pubblici. Lo stato e le regioni metteranno le risorse finanziarie per compensare i gestori delle perdite derivanti dallo sconto del 20 per cento. Le regioni Lazio e Abruzzo definiranno un piano economico finanziario che permetterà nei prossimi cinque anni di calmierare le tariffe.

Allora, tutti contenti. A parte gli innumerevoli interrogativi che una soluzione di questo tipo solleva (aiuti di stato o risorse sottratte ad altri vitali settori pubblici, come la sanità) ma da dove arrivano questi soldi se non dalle tasche dei contribuenti?

Domanda: perché dal 2001 non è stato possibile rivedere i contratti con i concessionari? Se all’epoca si è stati di manica larga nel concedere aumenti annui così rilevanti alle società concessionarie, possibile che oggi, a distanza di oltre 15 anni, non si possa tornare al tavolo delle trattive per ridimensionare gli assurdi rincari che si scaricano fatalmente sul groppone dei cittadini? Tanto più che gli interventi di manutenzione straordinaria dei viadotti autostradali (A24 e A25), in conseguenza di eventi non prevedibili come i terremoti, sono realizzati con finanziamenti pubblici. Il primato della puntualità degli aumenti è tutto italiano. Perfino gli svizzeri hanno fatto sapere che ce lo concedono volentieri.

L'ECO di San Gabriele
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