“IO NON SCAPPO”

“Minacce ne ricevo – confessa la sorella del magistrato ucciso 25 anni fa dalla mafia nell’attentato di Capaci – ma non potrei mai abbandonare la mia terra. Papa Francesco? La persona giusta al momento giusto io senza la fede non potrei proprio vivere… Tantissimi giovani oggi si sentono incoraggiati e in un certo senso protetti dai comportamenti e dalle idee messe in campo da mio fratello Giovanni…”

Un venticinquesimo decisamente triste se nella nostra mente e nei nostri cuori lasciamo spazio solamente alle crude immagini del vile attentato mafioso andato in scena a Capaci, alle porte di Palermo, e al dolore per l’uccisione del giudice Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Un venticinquesimo di speranza, invece, se nel commemorare le vittime – stringendoci ovviamente al lutto dei famigliari – metteremo in evidenza la pianta robusta di legalità e di ribellione civile al malaffare cresciuta da quel prezioso seme. Un seme, appunto, frutto del “sacrificio” di tanti, tra i quali anche il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina caduti due mesi dopo Capaci in un altro attentato di Cosa nostra. In tutti questi anni, infatti, anche se con fatica di strada ne è stata fatta tanta, cercando la giustizia in tutte le situazioni della vita, ognuno nel proprio ambito. Segnali di riscossa e di riscatto che sicuramente hanno creato non pochi problemi a chi era abituato a trovarsi attorno gente rassegnata, a testa china, pronta ad accettare ogni sopruso. In particolare la speranza arriva dai tanti giovani che, grazie alla preziosa opera di gente come la professoressa Maria Falcone, sorella di Giovanni, hanno risposto e rispondono presente ai vari percorsi di educazione alla legalità. Ragazzi e ragazze che hanno preso pienamente coscienza della necessità di alzare la testa dinanzi al dilagare della criminalità riaffermando valori e principi irrinunciabili  come la liberta e la legalità. Hanno scelto di essere liberi, di stare dalla parte di chi rispetta le regole maturando sempre più il senso di appartenenza alla società. Una consapevolezza accresciuta e difesa strenuamente giorno dopo giorno, nelle piccole e nelle grandi scelte che la vita ci mette davanti.

E proprio con la professoressa Maria Falcone, una che di giovani se ne intende, spostiamo la macchina dei ricordi al 23 maggio 1992. Una data sicuramente dolorosa ma nello stesso tempo inizio di una rinascita civile nel ricordo e nel rispetto di chi ha pagato con la propria vita il coraggio di lottare per rendere migliore il nostro Paese. Lei ricopre con grande intelligenza e lungimiranza la carica di presidente della Fondazione Giovanni e Francesca  Falcone.

Professoressa, cosa le manca di più di suo fratello?

Mi manca tutto, soprattutto la sua fisicità, i suoi consigli, il suo coraggio, il suo essere fratello prodigo di attenzioni.

L’immagine che ha sempre dinanzi agli occhi?

Per una questione di sopravvivenza ho cercato di rimuovere dalla mia mente tutte le immagini più brutte e angoscianti. Ho conservato e conservo, dunque, tutti i momenti felici della nostra infanzia, dei nostri giochi a Mondello.

L’Italia cosa ha perso con la morte di Giovanni Falcone?

Tantissimo. Giovanni attraverso le sue capacità e una straordinaria azione investigativa aveva dimostrato di saper “leggere” il tessuto del mondo mafioso. Grazie a tutto ciò è riuscito a combatterlo nel modo giusto. Non a caso fu il primo, insieme al Pool antimafia, a portare a portare a processo, con condanne pesanti, numerosi mafiosi. È stata una perdita gravissima.

In questi venticinque anni trascorsi dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio, come giudica i passi compiuti nella lotta alla mafia?

Sicuramente sono stati conseguiti risultati importanti attraverso un’azione costante, grazie anche a quelle conoscenze messe a disposizione dall’opera quotidiana di mio fratello, di Paolo Borsellino e di altri investigatori e magistrati. Diversi latitanti storici sono finiti in galera e tante famiglie mafiose sono state smantellate. Purtroppo, però, il lavoro non è finito… E in questa direzione la Calabria, secondo gli esperti, oggi è quella che desta più preoccupazione. La ‘ndrangheta, infatti, sembra abbia superato Cosa nostra, almeno per il volume di affari che gestisce. Ad esempio il traffico di droga a livello mondiale, dicono gli esperti, vede preminente la presenza della ‘ndrangheta

Quale lettura dare alle recenti scritte contro don Ciotti, presidente e ideatore di Libera, apparse a Locri, in Calabria, in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie?

Che alla mafia crea problemi e fastidio una società civile che reagisce e denuncia anziché girarsi dall’altra parte… Infatti per avere un tranquillo dominio del territorio c’è bisogno di una presenza dormiente, e nei casi peggiori connivente. Chi rompe allora questa sorta di stato soporoso necessariamente diventa un nemico per la mafia e per quanti operano nell’illegalità. Ecco, allora che è sempre più importante portare avanti il pensiero di Giovanni che è quello di una rivoluzione culturale. Combattere cioè quotidianamente l’illegalità, il malaffare, i soprusi, le vessazioni, le violenze, ognuno nel proprio campo. E quindi educare i giovani a questa nuova cultura in modo da costruire insieme una società migliore dove la mafia non trovi più il suo terreno fertile.

Chi erano i veri nemici di Giovanni Falcone?

Sicuramente in cima alla lista c’erano i mafiosi in quanto destinatari della sua azione continua ed efficace. Poi, però, col passare degli anni l’elenco si è allungato…

Con quali nomi?

Ad esempio con quelli di chi aveva forti interessi economici e capitali realizzati con azioni illegali, gente collusa con il potere mafioso, appalti pilotati, denaro sporco da riciclare, e così via… Nell’elenco, infine, metterei anche certi politici e colleghi invidiosi e malpensanti. Tutta gente che aveva da perderci dalla sua opera…

Dopo la morte di suo fratello lei si è fatta portatrice di una preziosa e lodevole attività quotidiana di educazione alla legalità tra i giovani e nelle scuole. Con quali risultati?

In tutte le scuole visitate, e ogni anno ne sono tante, trovo un entusiasmo e un’attenzione impressionanti che crescono sempre più. Giovanni per loro è diventato una sorta di idolo, recepiscono i suoi insegnamenti in quanto vedono in lui una grande forza morale. Si sentono quindi incoraggiati e in un certo senso protetti da quanto messo in campo nella sua vita e nel suo lavoro da mio fratello.

Qual è, dunque, il messaggio da far passare?

La mafia si può sconfiggere solo creando una società diversa che sappia contrapporsi alla illegalità, alla violenza e alla paura.  Giorno dopo giorno bisogna mettere in campo un cambiamento etico, morale, di valori in modo da creare un nuovo tessuto sociale impermeabile al malaffare e alla illegalità.

In questa sua attività ha ricevuto minacce e intimidazioni?

Purtroppo sì, e nemmeno poche… È per questo che giro ancora con la scorta…

Ha mai pensato di lasciare la Sicilia?

No, non potrei mai farlo. Amo la mia terra e ogni volta che mi viene qualche cattivo pensiero ripenso alle parole di Giovanni. Ripeteva sempre di restare uniti per cambiare insieme a tutti i siciliani una mentalità che ha fin troppo penalizzato questa terra meravigliosa. Scappare vuol dire arrendersi, darla vinta a chi gioca sporco e cammina nell’illegalità. Testa alta, allora, cercando di onorare la morte di quanti sono caduti sotto i colpi della mafia attraverso comportamenti quotidiani che rifuggono l’illegalità e la prepotenza.

Cosa risponde a quanti affermano che la mafia è stata sconfitta?

Che si sbagliano… La mafia è stata bastonata ma non sconfitta…

Che rapporto ha con la fede?

Direi bello, negli anni è accresciuta rendendomi ancora più serena. Cerco di non farmi troppe domande, la chiamerei una fede “primitiva” che parte da lontano. Sono sempre vissuta in una famiglia cattolica e praticante e sinceramente senza la fede non potrei proprio vivere…

Le piace papa Francesco?

Tanto, è il papa giusto nel momento giusto. La ritengo una bella persona, sensibile e intelligente. Con grande coraggio sta portando avanti un’azione riformatrice che può solo giovare alla Chiesa e alla società tutta.

È riuscita a perdonare gli assassini di suo fratello?

Credo che del mio perdono gli assassini non sappiano proprio cosa farsene… Certamente se me lo chiedessero non avrei nessuna difficoltà a concederlo.  Io non  nutro odio contro nessuno.

A suo avviso qual è l’arma più efficace per sottrarre i ragazzi alla criminalità?

Farli vivere in una società sana. Per questo motivo, dunque, ci vogliono famiglie presenti e con principi saldi. Un sicuro e prezioso riferimento affettivo ed educativo, un punto di appoggio al quale i nostri figli non saprebbero rinunciare. Senza dimenticare, però, che essere una famiglia è compito di tutti, nessuno escluso.

Che idea si è fatta sul prossimo trasferimento del pubblico ministero Nino Di Matteo, da Palermo a Roma, alla procura nazionale antimafia? Sembra un film già visto…

Nessuna idea… È stato lui a chiederlo quindi sicuramente avrà avuto le sue buone ragioni.

E del processo sulla cosiddetta trattativa Stato- mafia?

Non vorrei dare opinioni in quanto c’è un processo in atto e, come ripeteva spesso Giovanni, per principio non è mia abitudine dare pareri sommari.

Oggi si discute tanto della presenza e del ruolo dei magistrati che decidono di entrare in politica. Lei che ne pensa?

Non vedo perché i magistrati non debbano avvalersi di questo diritto. L’unica cosa, a mio avviso, per una questione di correttezza e trasparenza, l’assunzione di incarichi amministrativi e politici non dovrebbe avvenire nel luogo in cui il magistrato ha esercitato negli anni precedenti la sua attività. E anche una volta terminato l’incarico politico sarebbe opportuno che non esercitasse sùbito le funzioni in uffici giudiziari collocati nel territorio dove ha ricoperto cariche politiche e amministrative.

Chiudiamo con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: quale giudizio sul suo operato?

Vale lo stesso discorso su papa Francesco, una persona giusta nel momento giusto!

L'ECO di San Gabriele
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