Caro padre, sono un operaio e in fabbrica, nel parlare del più e del meno, i miei colleghi mi hanno posto una domanda alla quale non ho saputo rispondere. Se un cristiano non paga tutte le tasse commette peccato? Le chiedo questo perché vorrei una risposta chiara e precisa. La ringrazio cordialmente. Angelo F. (Terni)
Il principio generale che sempre deve essere tenuto presente quando si parla di tasse è che ogni cittadino può e deve contribuire al bene della collettività. Senza il contributo di tutti, lo stato non può essere in grado di soddisfare agli obblighi istituzionali a servizio del bene comune. Oggi la funzione dello stato si è ampliata, va oltre i normali compiti di amministrazione, di giustizia e di difesa e comprende il riconoscimento effettivo dei diritti socio-economici dei membri della comunità.
Per i cristiani lo spirito di fraternità e di solidarietà trova nel pagamento delle tasse, anche se non solo queste, un’espressione concreta. È compito dello stato attuare un’equa distribuzione dei beni materiali tra i membri della comunità, e la legislazione fiscale è una mediazione essenziale in ordine a tale obiettivo. Purtroppo nelle società democratiche non vi è solo il peccato dell’evasione fiscale, spesso vi è pure l’ingiustizia più grande di una legislazione inadeguata, ingiustizia che viene perpetrata da potenti gruppi di pressione e da coloro che cooperano a questo peccato con l’egoismo individuale e di gruppo.
Per il controllo democratico dell’impiego delle risorse comuni non si può oggi ignorare la grande questione: che cosa si può fare, nei paesi ad alta industrializzazione e nei paesi in via di sviluppo, per impedire che i governanti spendano più per gli armamenti che non per l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la riabilitazione dei portatori di handicap e per tanti scopi umanitari? La chiesa, quindi, ha sempre insegnato che è un grave dovere pagare le tasse, nel presupposto che siano giuste, vale a dire proporzionate alla reale possibilità dei singoli contribuenti, e siano impiegate solo ed esclusivamente per il bene comune e per i più deboli.
TEOLOGIA DESUETA E MORALE SESSUALE
Da un po’ di tempo, padre, mi sono dedicata a studiare teologia. Leggendo un saggio di morale sono rimasta esterrefatta per la seguente regola morale: se un marito compie adulterio in seguito al rifiuto della moglie, la colpa ricade sulla donna. Le chiedo una documentata spiegazione. Grazie di cuore. Cristina L. (Teramo)
Cara Signora Cristina, mi permetto di dirle che la questione da lei posta è un po’ desueta e nessuno più oggi insegna quanto sopra se non teologi morali un po’ datati. Il suo quesito tocca, in ogni modo, un problema di morale coniugale: il Cara Signora Cristina, mi permetto di dirle che la questione da lei posta è un po’ desueta e nessuno più oggi insegna quanto sopra se non teologi morali un po’ datati. Il suo quesito tocca, in ogni modo, un problema di morale coniugale: il dovere del rapporto coniugale. Per questo problema e la sua spiegazione si cita san Paolo il quale insegna: “Il marito compia il suo dovere verso la moglie, ugualmente anche la moglie verso il marito”; di non astenersi “se non di comune accordo e temporaneamente” (1Cor 7, 3-5). Da questo assunto dell’apostolo si è pervenuti a deliberare che il rifiuto immotivato è un illecito morale. Questa impostazione del problema del debito coniugale è desueto e lontano dalla sensibilità psicologica ed etica dei nostri contemporanei, perché rivela, oltretutto, una visione maschilista e si parla del rapporto sessuale prevalentemente in termini di dovere (in latino debitum appunto).
La dinamica della coppia nel matrimonio cristiano è la reciproca donazione nella prospettiva di un amore sincero, altruistico e nella logica del dono. Ora fare appello al diritto-dovere dell’uno nei confronti dell’altra è segno manifesto che il vero amore non abita lì. Quindi il problema morale va individuato nella mancata intesa e comunione reciproca. L’armonia sessuale non è un punto di partenza, ma un punto di arrivo. Non è tutto, ma è la dimensione integrante e non trascurabile dell’armonia coniugale. In ogni modo, cara Cristina, la responsabilità dell’adulterio è di chi lo compie, ma non si deve dimenticare che ognuno è responsabile di se stesso e corresponsabile dell’altro, a cominciare dal proprio coniuge. baldinic@hotmail.com