TEMPO DI GIOIA E MISERICORDIA

Viviamo un tempo – ma è sempre stato così, anche se in forme diverse – in cui l’uomo sembra aver scelto, nella notte, cose che non possono essere chiamate vita e risurrezione. C’è attorno a noi, un mondo che continua a suggerirci che la vita è tutta qui e, quindi, occorre scegliere ciò che sul momento dà una parvenza di gioia, ma i fatti stessi contestano una visione così riduttiva. È un’esperienza quotidiana, di tutti, che la gioia non esiste nel benessere, nel piacere o nell’egoismo. Anzi, spesso, per questi valori, tanto proclamati, viviamo un tempo di assurde e dolorose ingiustizie, violenze, sfruttamenti, schiavitù. Noi non siamo stati creati per una vita breve e assurda, ma per risorgere con Cristo. La nostra chiamata alla vita comporta, se vogliamo, incertezze, sofferenze, ma anche gioie e speranze. La chiesa che conosce bene le nostre povere certezze, per ben cinquanta giorni, fino alla Pentecoste, continua a farci pregustare e interiorizzare, la gioia del trionfo del Risorto, facendoci meditare sulla risurrezione di Cristo, per imparare a vivere, ora, da partecipi della sua risurrezione.

Entriamo, dunque, nella luce del giorno del Signore, che non tramonta mai. Portiamo vera speranza, quella che nasce dalla risurrezione, a quanti incontriamo. Entriamo in questa luce pasquale e diventiamo luce per i troppi che, oggi, non sanno fare altro che spegnere la speranza dei cuori, senza la quale vivere è un tormento. Non si può ignorare la Pasqua, non si può non credere nella nostra possibile, continua, e poi definitiva, resurrezione, qui e dopo, senza che la vita diventi un inferno. Per poter essere invasi e sostenuti dalla luce della risurrezione, occorre però che facciamo l’esperienza della misericordia del padre, che, come ha detto papa Francesco, “per primo si è impegnato per noi donandoci il figlio”. Ecco perché il caro san Giovanni Paolo II, la prima domenica dopo Pasqua, ha voluto che fosse, secondo il desiderio espresso da Gesù a santa Faustina Kowalska, dedicata alla divina misericordia.

Nell’anno giubilare della misericordia, quante grazie ci sono donate, se solo apriamo la porta del nostro cuore e della nostra esistenza con fiducia totale e abbandono sereno all’amore unico e irripetibile del padre! Le braccia aperte di Gesù, sulla croce, ora sono le braccia del Risorto pronte ad accoglierci: una vera epifania della misericordia del padre, che la chiesa celebra. La Pasqua ci chiama alla conversione: tornare ad essere bambini dal cuore buono e fiducioso e così mettere in fuga le nostre umane paure, contemplando in Cristo e con Cristo, la bellezza di cui possiamo essere avvolti e inondati, se risorgiamo con lui, lasciandoci ricreare nel suo perdono. Solo così possiamo diventare testimoni credibili di Gesù risorto. La gente ha bisogno, sempre, di incontrare chi sappia dire parole di speranza, quella attinta dal Cristo risorto, il vivente, non quella vana e senza radice del mondo.

La gente ha bisogno di sorrisi che portino i colori meravigliosi dell’alba della risurrezione. La gente, in cerca di amore, ha bisogno di farsi un poco Maria e, visitando il sepolcro e non trovandovi il corpo del maestro, non riuscendo a vivere senza di lui, cercarlo intensamente. Se davvero la Pasqua fosse anche solo “rubare” un briciolo della gioia che provò Maria Maddalena, nel ritrovare Gesù, il vivente, il maestro sicuro, l’amico fedele, quanto sarebbe diversa la nostra esistenza!

Questo è il solo modo di vivere e sperimentare la nostra risurrezione già qui e ora!

L'ECO di San Gabriele
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