Il Coronavirus continua a colpire in tutto il mondo, e l’Italia, come il resto dell’Europa non ne è risparmiata. Anche se divisa in regioni nelle quali la sua incidenza appare più bassa che in altre. In particolare Piemonte, Lombardia, Liguria, Venezia Giulia, Emilia-Romagna, To-scana, Abruzzo, Campania dove il virus sta mettendo a dura prova il sistema sanitario. Nelle strutture ospedaliere e altri centri di ricovero di malati e contagiati, e soprattutto tra medici, infermieri e altro personale sanitario. Grandi speranze ha suscitato la notizia di un efficace vaccino (Pfizer-BioNTech) che sarà disponibile anche in Italia dal gennaio 2021. Ma il cui uso porrà problemi di grande rilievo, perché è attivo a 80 gradi sotto zero e richiederà pertanto speciali attrezzature nelle sedi in cui verrà conservato, e sui mezzi per trasportarlo nei luoghi ove verrà usato. Problemi che invece non dovrebbe avere quello annunciato dall’azienda americana Moderna.
I molti e complessi problemi che hanno interessato, e interessano il sistema sanitario sono in larga parte creati dalla scarsa chiarezza e dalle contraddizioni contenute nella riforma, nel 2001, del titolo V della Costituzione sulle competenze e poteri decisionali di Stato, regioni, province e comuni su molte e importanti questioni. Fatto reso più evidente in tempo di Coronavirus per le difficoltà che hanno reso complessi e non facili gli interventi dello Stato e degli altri enti su questioni essenziali per la vita sociale e per le attività produttive. Decisioni, modi e tempi di operare che comunque, nella grande maggioranza dei casi, hanno visto, sia pure con fatica, la progressiva convergenza di governo, regioni ed enti locali. Con l’eccezione, purtroppo, della Campania, che ha patito inquietanti manifestazioni di protesta, e alcuni casi dolorosi negli ospedali. In essa pesa la particolare struttura economica e sociale di Napoli. Ma anche l’ormai permanente conflittualità tra il presidente della regione De Luca e il sindaco di Napoli De Magistris.
Comunque è bene che di fronte ai pesanti problemi del momento nelle istituzioni, nella società e nelle forze politiche si rifletta su questa avvertenza di Sergio Romagnani, uno dei più autorevoli immunologi del mondo, fatta dopo la notizia del vaccino disponibile da gennaio: Per vincere la pandemia non basta la disponibilità di un efficace antidoto. Occorrono infatti progetti immediati perché sia valorizzato con efficacia. A cominciare da quelli, come detto, di dove conservarlo e dei mezzi con cui trasportarlo nei centri dove verrà utilizzato. È una avvertenza in sintonia con gli appelli del capo dello Stato per il massimo di unità delle forze sociali, sindacali, imprenditoriali e politiche per fare fronte alle durissime prove che ancora dovrà affrontare il Paese. Appello, però, che non sembra trovare adeguate risposte, in particolare tra le forze politiche. La pandemia, infatti, non ha abbassato il livello di confronto e di ostilità tra, ma anche all’interno, di alcune delle maggiori.
Il M5S è scosso da un confronto (durerà sino a dicembre) che mette in discussione suoi principi costitutivi. Confronto che potenzialmente comprende una scissione o una sua trasformazione da “movimento” a “partito” tradizionale. Mentre scriviamo si sono già tenute votazioni tra gli iscritti e dibattiti nei vertici del movimento Le prime tenute segrete nei risultati sino a dicembre. Mentre i dibattiti hanno rivelato una profonda spaccatura tra Di Battista e Casaleggio, da una parte, e Di Maio dall’altra. Anche su quella che era stata una delle scelte più qualificanti alla nascita del movimento: il limite di due mandati per i propri eletti , a tutti i livelli. Oggi ancora sostenuta da Di Battista e Casaleggio, e messa in discussione per modificarla da Di Maio e i suoi amici.
Pure il centro-destra vede Berlusconi moltiplicare gli appelli all’unità come Mattarella; il calo del prestigio e rappresentatività di Salvini e la crescita del consenso e della stima (anche nel Paese) per Giorgia Meloni.
Il Pd, infine, è impegnato a riprendere il ruolo di forza affidante e propulsiva del governo, come ai tempi di Veltroni, Prodi e D’Alema.