Sembra strano che il santuario che visitiamo questa volta non abbia ancora raggiunto grande notorietà. Eppure le vicende prodigiose che stanno alla sua origine non hanno nulla da invidiare a quanto accaduto in luoghi come Guadalupe, Lourdes, Fatima. Sto parlando di Nostra Signora di Coromoto di Guanare in Venezuela. Quando nel 1950 Pio XII dichiarò la Madonna di Coromoto patrona del Venezuela, volle assegnarle un titolo quasi da fiaba: “Madonna della giungla”. In realtà pare che lei esca proprio dalla giungla.
Guanare, città di circa 40.000 abitanti a nord-ovest del Venezuela fu fondata nel 1591. Al suo posto vi era la foresta tropicale. Gli spagnoli per stabilirvisi cercarono di convincere gli indios a coltivare la terra. Ma questi preferivano la libertà della foresta.
Dopo mezzo secolo, nel 1652, accadde qualcosa di inatteso. Grazie alle lezioni di catechismo dei missionari, gli indios accettarono di farsi battezzare. Solo il capo tribù, il cacicco chiamato Coromoto, si rifiutò. Diceva: “A un capo indio non si addice l’obbedienza all’uomo bianco”. Un giorno però mentre camminava con la moglie lungo la sponda del fiume Guanare, improvvisamente vede sullo specchio dell’acqua una bellissima signora con un bambino radioso in braccio. I due coniugi si arrestano stupefatti. La bella signora allora con dolcezza li rassicura. Poi, nella loro lingua, dice a Coromoto: “Esci dal bosco e va’ nel posto dove abitano i bianchi per ricevere l’acqua sulla testa e poter così andare in cielo”. Il veggente rimane frastornato. Capisce che si tratta di un fatto sovrumano, ma non ne parla a nessuno. Finché l’estate seguente, vedendo passare nella sua zona certo Juan Sanchez, sente il bisogno di raccontargli tutto ciò che la bella signora gli aveva ordinato.
L’8 settembre 1652 gli indios neoconvertiti si radunarono in chiesa per pregare. Juan Sanchez, conoscendo la storia dell’apparizione, si preoccupò di invitare anche Coromoto. Ma questi, sdegnato, andò a rinchiudersi nella sua capanna in mezzo al bosco. Dopo un po’ giunsero da lui la moglie e la cognata col figlioletto di dodici anni. Trascorsi alcuni minuti, la capanna si riempì di luce, mentre all’ingresso si presentò la bella signora. Coromoto si infastidì. Preso dalla rabbia, le gridò: “Fino a quando mi perseguiterai?”. Poi aggiunse: “Te ne puoi anche andare perché io non farò mai quello che mi ordini!”. La moglie, vergognandosi di tanta mancanza di rispetto, lo ammonì: “Non parlare in questo modo alla bella signora!”. Ma il cacicco, imbestialito, afferrò il suo arco urlando: “Lascia che ti ammazzi!”. Invece la bella signora, che finora era rimasta sulla soglia, entrò nella capanna. Il capo indio allora le si lanciò addosso, cercando di strozzarla. Ma in quello stesso istante la visione sparì e la capanna ripiombò nell’oscurità. In compenso si verificò un prodigio. Nell’attimo in cui Coromoto si lanciò contro la visione, si accorse di stringere qualcosa in pugno. E gridò: “L’ho presa, la tengo qui nella mano!”. Le due donne dissero: “Faccela vedere”. “Il capo indio – narra la giornalista Maria Di Lorenzo sulla rivista Madre di Dio – aprì le dita e la capanna fu di nuovo illuminata a giorno. La luce proveniva da un piccolo pezzo di pergamena su cui era impressa una immagine della Madonna col Bambino. Coromoto l’avvolse in una foglia e la nascose fra la paglia del letto. Il nipotino ebbe paura che lo zio volesse distruggerla e corse alla casa di Juan Sanchez per raccontargli l’accaduto”.
Ma il cacicco non si placò. Lasciò la capanna e si diresse verso i monti, lontano dai bianchi. Purtroppo appena mise piede nella foresta venne morso da un serpente velenoso. Lui pensò: “Questo è un castigo del cielo”. Vedendosi ferito a morte, decise finalmente di farsi battezzare. Passava di lì per caso un cristiano di Barinas il quale gli amministrò il battesimo. Prima di morire, Coromoto raccomandò a tutti i suoi indios di rimanere con i bianchi. Così il cacicco aderì all’invito della bella signora.
L’icona misteriosa che Coromoto si ritrovò nel pugno fu conservata nella casa di Juan Sanchez. Il primo febbraio 1654 venne portata in processione a Guanare, dove rimase fino al 1949. Dal 1985 si trova nella base di legno della statua della Madonna nel nuovo santuario. Si tratta di una pergamena in miniatura, grande 27 millimetri per 22, racchiusa dentro un ovale d’oro, e non dipinta da mani d’uomo. Per i cattolici del Sudamerica il santuario di Coromoto viene considerato come la Lourdes del Venezuela. L’edificio, progettato dall’architetto Erasmo Calvani, è moderno e armonioso. L’interno, a unica navata, può contenere fino a seimila fedeli. L’altare si trova sul luogo dell’apparizione.
Tra i numerosi miracoli che la Madonna di Coromoto opera, mi piace riportare quello del camionista Alvarez. Una notte il suo autocarro si blocca. I colleghi accorrono per aiutarlo. Ma ecco che arriva trafelata una ragazzina: “Mia nonna sta morendo, e mi ha mandata qui a chiedere se c’è un prete che può venire a confessarla”. I camionisti si guardano meravigliati. Tra loro infatti non c’è nessun prete. A questo punto Alvarez sbotta: “Sono io. Non ve l’ho mai detto, ma io sono un sacerdote, anche se ho smesso l’abito. Ho il dovere di aiutare questa donna che sta morendo”. La casa non è distante. Alvarez va in fretta, confessa la vecchia moribonda, poi col cuore in gola domanda: “Signora, come faceva a sapere che sulla strada c’era un prete?”. Lei additando l’immagine che tiene sul muro, sussurra: “Me l’ha detto la Vergine di quel quadro. Mi ha detto che c’era un prete, fermo per un incidente, e di mandarlo a chiamare”. Alvarez guarda bene il quadro: è la Madonna di Coromoto. Tutto pensieroso torna in strada. Lì si accorge che adesso il camion riparte senza difficoltà. Dopo qualche giorno, smette di fare il camionista e torna a fare il sacerdote.
La dedicazione del santuario di Coromoto avvenne nel 1996 da Giovanni Paolo II.