va tutto bene

Emanuele Azpuru è uno dei passionisti appartenenti alla folta e incantevole schiera dei giovani stroncati dalla tisi nel fiore degli anni. La malattia lo consumò con una progressione lenta e inarrestabile. Passarono quattro anni dal suo primo manifestarsi fino alla morte del giovane. Quattro anni durante i quali Emanuele si sentiva fisicamente sempre più debole e sempre più disarmato davanti alla crudele violenza del male. Medici diligenti, superiori solleciti e premurosi intervennero subito con ogni possibile cura, ma tutto fu inutile. Si dovettero arrendere impotenti al doloroso corso della malattia mentre accompagnavano il giovane con crescente meraviglia e sincera ammirazione per la sua inalterabile serenità e il suo filiale abbandono nelle mani di Dio. Emanuele, infatti, non era affatto preoccupato. Anzi, consapevole del suo male, aveva già offerto la sua vita al Signore. Se il suo corpo si andava disfacendo, il suo spirito era sempre più ricco di amore verso Dio e il suo cuore si distaccava sempre più dalle futili realtà di questo mondo; guardava con trasporto il cielo desiderando ardentemente di arrivarvi presto. E vi arrivò il 9 febbraio 1911 a 23 anni di età.

Figlio di Giovanni e di Riccarda Echeandia, Emanuele nasce il 24 dicembre 1887 a Larrabetzu, piccolo paese nella regione della Biscaglia (Spagna del nord). Ricevuta una prima educazione in famiglia, ancora adolescente entra nel seminario passionista di Peñafiel. L’impatto con il nuovo ambiente non gli riserva alcuna sorpresa, se non quella di sentirsi totalmente a suo agio: non aveva mai pensato di trovarsi così bene. Nello studio brilla più per l’impegno che per l’intelligenza che nessuno potrebbe definire eccellente, ma nella bontà e nell’amore alla vocazione viene proposto a tutti come esempio.

Constatando la sua buona volontà e il suo progresso sia scolastico che nella accettazione consapevole e gioiosa delle esigenze della vita comunitaria, i superiori lo ammettono al noviziato e lo inviano a Bilbao; qui Emanuele il 30 ottobre 1902 veste l’abito passionista e l’anno successivo il 26 dicembre, appena raggiunta l’età canonica, emette la professione dei voti religiosi.

Prosegue poi gli studi in vari conventi. Come detto, il giovane non può fare sfoggio di una intelligenza brillante, ma con una applicazione seria e tenace riesce a tenere molto bene il passo di chi è maggiormente dotato. Esemplare soprattutto il suo impegno per la vita spirituale. I superiori lo trovano sempre docile e ubbidiente, i confratelli ne lodano l’affabilità e la rettitudine, i professori ne apprezzano lo sforzo per assimilare quanto viene insegnato agli studenti. Il direttore spirituale poi ne registra con stupore il veloce cammino nelle vie di Dio. Emanuele ha un carattere mite e amabile; quando però sente apprezzamenti poco lusinghieri o critiche verso i confratelli si rabbuia tutto in volto e si accende di zelo per difendere e scusare il comportamento di coloro sui quali vengono proiettate ombre e di-scredito. Parlare male degli altri gli fa sanguinare il cuore perché così non si ubbidisce a quanto il Signore chiede ai suoi discepoli.

A causa della malattia, Emanuele arriva a ricevere solo il suddiaconato; poi è costretto a fermarsi. Trascorre l’ultimo brano di vita nella preghiera e nel raccoglimento, intervenendo agli atti comunitari fino a quando le sue forze e la prudenza dei superiori glielo consentono. Lui non vuole riguardi particolari, è contento di tutto, non si lamenta di niente. A chi gli domanda se desideri qualcosa, risponde sempre: “Non ho bisogno di niente; va tutto bene; ringrazio tutti”. Sentendosi vicino alla morte lui stesso chiede di ricevere il viatico e l’unzione degli infermi ed esprime il desiderio che la comunità lo accompagni all’incontro definitivo con il Signore con quelle preghiere previste dalla chiesa per i suoi figli che stanno lasciando la terra. Il malato partecipa alle preghiere con singolare pietà e commovente devozione mentre stringe tra le mani il crocifisso; lo contempla con gli occhi pieni di tanta tenerezza e tanto affetto da intenerire tutti i presenti. Così Emanuele, scrivono le Memorie, “dopo una vita breve nel tempo ma ricca di meriti, passa da questo mondo al gaudio eterno del cielo”. (156)  p.dieugenio@virgilio.it