UNO SGUARDO COMPASSIONEVOLE

Il nostro cammino alla conoscenza degli insegnamenti del concilio Vaticano II, quest’anno riguarderà la costituzione pastorale Gaudium et Spes, che tratta  dei rapporti tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Sarebbe più esatto dire che essa tratta della Chiesa nel mondo contemporaneo, come del resto recita il titolo della costituzione. Siamo dinanzi a un documento molto lungo e articolato, che noi potremo rivisitare solo nelle sue linee generali. Ma, fin dall’inizio, è utile ricordare che questo è stato un documento molto discusso e contestato. La sua presenza tra i documenti conciliari perciò deve essere considerata come una grazia speciale di Dio alla sua Chiesa.

In qualità di discepoli del Vangelo di Gesù e facendo tesoro dei suoi esempi luminosi, i padri conciliari si sforzano  non solo di capire ma anche di condividere le angosce e le sofferenze dell’uomo contemporaneo. Un atteggiamento simpatetico che rivela un animo sensibile e aperto alla compassione. Lo fanno, anzitutto, cercando di capire in quali situazioni e di quali mali soffre l’uomo, ogni uomo. Essi vanno alla ricerca dei mali e delle cause; fanno cioè l’anamnesi e la diagnosi di talune malattie spirituali per le quali poi proporranno delle terapie. Siamo dinanzi a un cammino molto interessante, che vale la pena seguire con estrema attenzione.

I segni dei tempi

“Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura”. Più avanti i padri conciliari preciseranno: “Il popolo di Dio cerca di discernerete negli avvenimenti, nella richieste e nelle aspirazioni quali siano i veri segni dei tempi della presenza e del disegno di Dio” (n. 9).

Questa espressione, come è risaputo, è stata coniata da papa Giovanni: “Anime sfiduciate non vedono altro che tenebre gravare sulla faccia della terra. Noi, invece amiamo riaffermare tutta la nostra fiducia nel Salvatore nostro, che non si è dipartito dal mondo, da lui redento. Anzi, facendo nostra la raccomandazione di Gesù di saper discernere i segni dei tempi ci sembra di scorgere, in mezzo a tutte le tenebre, indizi non pochi che fanno bene sperare sulla sorti della Chiesa e dell’umanità”.

Ma la stessa espressione la troviamo anche nelle parole di Gesù: “Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi” (Matteo 16, 4). Gesù intendeva riferirsi ai segni messianici, che potevano essere i miracoli o la sua stessa persona. I padri conciliari perciò intendevano dirci che per curare i mali del mondo è necessario riconoscere chi è Gesù e ciò che egli può fare per noi.

La libertà

Comunque, ai padri conciliari stava a cuore una situazione particolarmente delicata. Lo dimostrano quando scrivono: “Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto si affermano nuove forme di schiavitù sociale e psichica” (n. 4). Parole che trovo gravi e pungenti, alle quali non possiamo sfuggire con il pretesto di qualsivoglia alibi.

Oggi lo constatiamo in  modo ancor più chiaro e più drammatico di cinquant’anni fa. Le conquiste scientifiche e le applicazioni tecnologiche sembrano aver scatenato nell’uomo una certa sindrome di onnipotenza; ma alla fine questa si rivolta contro il singolo uomo e lo riduce alla miseria materiale e spirituale. Ci vuole certamente molto coraggio per portare avanti aggiornandola la diagnosi che i padri conciliari hanno solo avviato.

Nessuno può dubitare che la libertà è uno dei doni più grandi che il Creatore ha dato alle sue creature; senza di essa saremmo ridotti a robot e non avremmo la possibilità di relazionarci a Dio e al prossimo in modo pienamente confacente alla nostra dignità personale. Ma è pure chiaro che la libertà dell’uomo può trasformarsi in  un’arma pericolosissima, come purtroppo siamo costretti a costatare giorno dopo giorno.

Tra la speranza e l’angoscia Pur consapevoli della complessità dei problemi emergenti, i padri conciliari non si abbandonano alla sfiducia e al pessimismo, ma il loro pensiero si fa ancora più acuto: “Immersi in così contrastanti condizioni, moltissimi nostri contemporanei non sono in grado di identificare realmente i valori perenni e di armonizzarli dovutamente con quelli che man mano si scoprono. Per questo sentono il peso della inquietudine, tormentati tra la speranza e l’angoscia”. Ritorna così l’incipit della costituzione pastorale, ma ritorna carico di ulteriore pathos, dopo che siamo stati avvertiti dei grandi mali che  minacciano la vita di ogni uomo che vive su questa terra. I padri conciliari diranno: “Da qui derivano reciproche diffidenze e inimicizie, conflitti e amarezze, di cui l’uomo è a un tempo causa e vittima” (n. 8). Direi che qui il bisturi dei Padri conciliari arriva senza pietà nell’intimo delle varie situazioni umane; ci propongono un’analisi che meriterebbe ulteriori ricerche e analisi. È necessario annotare che, sotto certo profili, la situazione descritta dai padri conciliari oggi è sensibilmente mutata, sia nel bene sia nel male. È dovere di ogni cristiano, perciò, chiedersi che cosa può e deve fare per realizzare quel ideale di fraternità e di solidarietà che il concilio ci ha affidato.

Mondo e missioni Questo non è solo il titolo o testata di una delle più famose riviste missionarie diffuse nel mondo, ma è un binomio che esprime con estrema chiarezza una delle note caratteristiche del nuovo popolo di Dio: la missionarietà. Una cosa risulta chiaramente da tutta la Bibbia, soprattutto dal Nuovo Testamento: che il suo popolo Gesù l’ha voluto “missionario”. Di conseguenza, se una Chiesa non è missionaria non può dire di essere la Chiesa di Gesù.

Parole di papa Giovanni “Se poi volgiamo l’attenzione alla Chiesa, vediamo che essa non è rimasta inerte spettatrice di fronte a questi avvenimenti, ma ha seguito passo per passo l’evoluzione dei popoli, il progresso scientifico, le rivoluzioni sociali… Cosicché se il mondo appare profondamente mutato, anche la comunità cristiana è in gran parte trasformata e rinnovellata: si è, cioè, socialmente fortificata nell’unità, intellettualmente rinvigorita, interiormente purificata, così da essere pronta a tutti i cimenti”.