UNA TRADIZIONE VINCENTE!
L’Abruzzo: terra di chef stellati famosi e sconosciute ma bravissime massaie stellari. Una cultura enogastronomica sempre più apprezzata oltre i confini regionali e nazionali. La gustosa cucina povera agropastorale “de na’ vôte”, rivisitata con estro all’insegna della contemporaneità, ha consentito di recente, a un pluristellato cuoco abruzzese, Niko Romito, di essere nominato “miglior chef europeo 2020”. Nella nostra regione le “stelle” assegnate dalla prestigiosa guida turistico-gastronomica Guida Michelin sono andate a sei ristoranti.
Ma il gusto Doc made in Abruzzo è affidato e garantito, dal 2018, anche dai ristoranti con il marchio collettivo Ristorante tipico d’Abruzzo, riconosciuto a livello europeo. Gli esercizi commerciali sottoscrivono un rigido disciplinare e offrono ai clienti tre tipologie di menù: 1) Nel solco della tradizione, con almeno il 50% dei piatti proveniente dalla tradizione scritta e orale della gastronomia abruzzese, realizzato con minimo il 60% dei prodotti proveniente da produzioni tipiche d’Abruzzo; 2) Nel solco della tradizione e dell’innovazione, con almeno il 25% dei piatti proveniente dalla tradizione e perlomeno il 25% dei piatti frutto di reinterpretazione della medesima gastronomia, con l’utilizzo di almeno il 60% dei prodotti tipici; 3) Nel solco dell’innovazione, con piatti realizzati con minimo il 60% dei prodotti tipici. Inoltre, tra i requisiti obbligatori: una carta dei vini con non meno di una etichetta di vino abruzzese per ogni due coperti e la presenza di prodotti provenienti da agricoltura biologica per almeno la metà del 60% dei prodotti impiegati per realizzare il 100% di tutte le produzioni gastronomiche del ristorante.
Tra i requisiti di merito non obbligatori: la presenza di prodotti classificati Dop, Igp, Doc e Docg regionali, i presidi Slow Food e i prodotti a marchio Qualità controllata della Regione Abruzzo, ma anche i prodotti di autoproduzione e auto raccolta cioè la cosiddetta “filiera corta” e altre tutele per il consumatore.
Inoltre il comparto del gusto regionale beneficia dell’apporto decisivo delle oscure, ma per nulla oscurate dai cappelloni bianchi, massaie, sia per quanto concerne la trasmissione delle antiche ricette, sia per quel tocco di personalizzazione che ognuna apporta. Onore e merito alle vestali dell’identità culinaria del territorio per l’alto valore culturale, simbolico, sociale e salutare rappresentato dall’alimentazione.
Questa passione ancestrale per la cucina è testimoniata dai documenti riportati in un interessante saggio appena uscito dal titolo A tavola con il tempo. Cronache, documenti e menù nella storia d’Abruzzo e oltre a firma dell’antropologa Alessandra Gasparroni e con il contributo dell’archivista Luciana D’An-nunzio.
Considerato che ci troviamo in tempo di quaresima, ricordiamo alcuni piatti vegetariani d’eccellenza. La ’ngrecciata, tipico della provincia di Teramo, è realizzata con fave fresche, piselli, carciofi, cipollotti freschi e patate novelle; è prevista la rosolatura delle verdure e volendo, da Pasqua in poi, si può insaporire con guanciale, pancetta, o spalletta di maiale. Tjella o ciabbotta, pietanza diffusa in tutta la regione composta da ortaggi e verdure fresche di stagione (patate, peperoni dolci, melanzane, pomodori, zucchine, cipolle, aglio, prezzemolo e sedano), cotte a calore moderato. La Fracchiata è composta da farina di cicerchie e di ceci, alici, peperoni dolci e secchi. Piatto teramano risalente alla fine del 600, si prepara gettando le farine a pioggia in una pentola di acqua bollente e rimescolando, come per la polenta, fino a cottura ultimata. Quindi condire con le alici infarinate e fritte. Pizz’ e ffójje, piatto contadino della provincia di Chieti: pizza di granturco con cicoria selvatica, broccoletti o verze e peperoni secchi. Tutti eccezionali prodotti locali resi sopraffini da ricette apprezzate ieri come oggi, perché talmente originali da superare lo spazio e il tempo, grazie a piccole variazioni sul tema.
Conservare e arricchire, valorizzare e tramandare: la risposta abruzzese alla globalizzazione alimentare.