UNA TOMBA VENERATA E BENEDETTA

Pietro Stefanelli
By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 1 Giugno 2016

Il diligente cronista presenta padre Pietro Stefanelli come “uno dei migliori e più zelanti missionari passionisti. in un quarantennio, precisa, ha predicato ben 324 corsi di missioni e di esercizi spirituali al popolo, al clero, a seminari e istituti religiosi”. Al consistente numero di missioni bisogna aggiungere altre predicazioni di minore durata ma non meno impegnative. A tutte Pietro si prepara con uno studio scrupoloso e tutte svolge con responsabile impegno. Al popolo di Dio, è sua convinzione, il vangelo va annunziato in modo chiaro e limpido e dopo averlo meditato personalmente; va offerto con competenza e amore perché porti frutto in chi lo ascolta. Per la profondità del contenuto e la chiarezza dell’esposizione, Pietro viene richiesto continuamente per la predicazione. Ha una sorprendente capacità di adattarsi a ogni uditorio: non sfigura con i dotti che lo trovano colto e preparato; si fa capire dai semplici che amano il suo linguaggio immediato e libero da orpelli e ampollosità; diventa piccolo con i piccoli che lo guardano stupiti e lo ascoltano attenti.

I primi diciassette anni di vita Pietro li trascorre a Formia (Latina) dove nasce il 17 novembre 1866. Nel 1883 entra nel noviziato di Paliano (Frosinone) attratto dall’ideale passionista, sacerdotale e missionario. Emessa la professione religiosa il 13 marzo 1884, viene inviato a Manduria (Taranto) per proseguire gli studi. Ha buona intelligenza, ottima memoria, volontà tenace. Intanto ha già incontrato la figura amabile di Gabriele dell’Addolorata restandone affascinato. Lui stesso ricorderà in una testimonianza del 1897:

“La devozione per Gabriele nacque in me fin dal primo giorno del noviziato quando ne lessi la biografia scritta dal canonico Bonaccia. La venerazione e l’affetto crebbero sempre più quando, mandato dai superiori a Manduria, ebbi occasione di sentire parlare di Gabriele”, dai religiosi esuli da Isola del Gran Sasso (Teramo) che erano vissuti con lui. Il giovane può constatare che quanto di bello ha letto nella citata biografia è meno di quello che apprende da testimoni oculari. Pietro li ascolta con trasporto e commozione. “In seguito, dirà, ne sentii parlare a Roma da padre Francesco Saverio già preposito generale e poi da padre Bernardo attuale superiore generale”, ambedue compagni di Gabriele durante il noviziato a Morrovalle (Macerata). Concluderà con giustificato orgoglio: “Sono informato della sua vita meglio che se lo avessi trattato personalmente”.

Ordinato sacerdote il 15 giugno 1889, Pietro comincia il servizio al popolo di Dio con la predicazione e ai confratelli svolgendo quanto chiesto a lui dai superiori. Viene eletto superiore di Sant’Eutizio (Viterbo), di Carsoli (L’Aquila) e vicesuperiore della casa generalizia dei Santi Giovanni e Paolo in Roma e di altri conventi. Nonostante questi impegni, compie quell’intensa attività missionaria già ricordata. Pur avendo avuto dalla natura un temperamento ardente e impetuoso, lavora talmente su se stesso da diventare affabile, benevolo e sommamente caritatevole sia con confratelli che con i fedeli. Il suo fisico robusto sostiene le più dure fatiche sia nella predicazione che negli impegni comunitari; alla fine però deve arrendersi a varie malattie, compreso il diabete. Conclude la sua vita laboriosa e lodevole per zelo apostolico a Napoli, il 19 aprile 1939 a 72 anni.

Pietro realizza, almeno in parte, un ardente desiderio coltivato nel profondo del cuore. Lo rivela lui stesso. “Nel sentire tante belle cose di Gabriele chiesi al superiore generale di mandarmi al ritiro di Isola per stare vicino alla sua tomba venerata ove avrei desiderato di vivere e morire”. Il generale, padre Bernardo Silvestrelli, accoglie la richiesta; il religioso arriva a Isola il primo luglio 1894 e vi resta fino al 2 giugno 1899. Sono cinque anni durante i quali vede crescere il numero dei pellegrini; a essi presta il suo servizio sacerdotale ed è testimone di stupendi prodigi operati dal Signore per intercessione di Gabriele. Sono anni ricchi di emozioni che lo accompagneranno per tutta la vita. Li ricorderà sempre con profonda e struggente nostalgia.

Tornerà spesso con la mente e soprattutto col cuore a quegli anni e si sorprenderà a piangere commosso. Come commosso piangeva quando pregava sulla tomba di Gabriele. Come commosso piangeva ascoltando i canti dei pellegrini e vedendo i miracoli sbocciati a grappoli su quella tomba venerata e benedetta. (16)                     p.dieugenio@virgilio.it

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