Una sorta di fratello o sorella maggiori cha ha attraversato vicende e difficoltà simili e che, per questo, è in grado di avvicinare la nuova esperienza scolastica al ragazzo neo arrivato. È l’obiettivo del progetto realizzato dal Centro Come e promosso in sei grandi città italiane
Almeno una stella. Lo psicologo ebreo Boris Cyrulnik, sopravvissuto alla deportazione del 43, utilizzava questa frase come un auspicio nei confronti dei minori che dovevano superare una difficoltà, un trauma. Si tratta del fenomeno della “resilienza”, e affinché “il bambino o l’adolescente possa affrontare un cammino di resilienza è necessario che accanto a loro ci sia almeno una stella, cioè figure o rapporti o relazioni che rappresentino dei veri e proprio tutori della resilienza”. Nasce proprio per questo motivo il progetto Almeno una stella del Centro Come, finanziato dalla fondazione Peppino Vismara e promosso in sei diverse città – Milano, Torino, Bologna, Arezzo, Trento e il territorio del Friuli – che vuole essere un sostegno nel cammino di scolarizzazione dei giovani stranieri arrivati in Italia.
Il metodo utilizzato è quello del mentoring, molto diffuso in Europa e poco in Italia che prevede una forma di aiuto scolastico basata sulla mediazione e sul rispecchiamento, identificazione positiva e ri-motivazione. Si tratta di un sostegno determinante, perché i numeri parlano di tanti ragazzi e ragazze stranieri che ogni anno arrivano nelle classi delle nostre scuole: secondo l’Istat, nelle scuole secondarie di primo e secondo grado con almeno 5 alunni di cittadinanza straniera, gli iscritti stranieri nel 2015 ammontano a 148mila nelle prime e a 157mila nelle seconde. E soprattutto, il 27,3% degli studenti stranieri dichiara di aver dovuto ripetere uno o più anni scolastici. Sono soprattutto i nati all’estero ad avere esperienza di ripetenze (31%), mentre per i nati in Italia la quota di ripetenti è più vicina a quella degli italiani (rispettivamente 18,7% e 14,3%).
Il progetto è stato organizzato prevedendo una rete di accoglienza e di accompagnamento per gli adolescenti neo arrivati, prevedendo azioni dedicate e di qualità per l’apprendimento della lingua e l’aiuto allo studio, per sostenere il momento dell’orientamento e la fase di passaggio dalla scuola secondaria di primo a quella di secondo grado, per far conoscere e abitare la città e i suoi luoghi di aggregazione. Nei due anni di progetto, 131 tutor – per lo più ragazzi e studenti universitari stranieri ma che sono nati e cresciuti in Italia – hanno accompagnato 458 ragazzi. I tutor, che rientrano nel progetto come persone da formare per creare un tutoring ordinario, disponibile per le scuole multiculturali delle città, hanno accompagnato questi ragazzi nella loro vita quotidiana, creando dei video tutorial per orientarli con un vocabolario da utilizzare nella situazioni comuni oppure, accompagnandoli come dei veri e propri ciceroni nei quartieri per farli inserire nelle attività extrascolastiche (secondo i dati Istat, il 21,6% dei ragazzi stranieri delle scuole secondarie di primo grado non frequenta i compagni di scuola al di fuori dell’orario scolastico, contro il 9,3% degli studenti italiani). Non si tratta di insegnanti o di figure considerate adulte bensì di ragazzi poco più grandi, quindi visti come sorelle o fratelli maggiori.
La coordinatrice scientifica del progetto, Graziella Favaro, che ha scritto un libro su questa esperienza, Almeno una stella. Un progetto di tutoraggio per adolescenti immigrati, edito da Franco Angeli con Monica Napoli, si occupa da tempo dei processi educativi nella migrazione. “Arrivano in Italia per ricongiungimento familiare – spiega – o a causa di fuga da guerre e condizioni di vita drammatiche. In altri casi sono nati qui ma non hanno mai frequentato la scuola dell’infanzia e sono quindi nuovi alla scuola”.
Il problema, spesso, è che anche a parità di anni, gli studenti stranieri vengono inseriti in classi dietro rispetto alla loro età. Sempre secondo la ricerca Istat, il 49% degli alunni stranieri nati all’estero viene inserito a scuola nella classe corrispondente alla propria età; quasi il 39% viene iscritto nella classe precedente e il 12% in classi in cui l’età teorica di frequenza è di almeno 2 anni inferiore a quella del ragazzo. “Il percorso scolastico dei ragazzi con background migratorio – si legge nell’analisi dell’Istat – soprattutto quello dei nati all’estero, può essere spesso accidentato e presentare diverse difficoltà (in particolare quelle linguistiche). A questo proposito, i dati del Miur mettono in evidenza che per gli stranieri la quota di non ammessi alla classe successiva della scuola secondaria di primo grado (8,7%) è più elevata rispetto a quella che si riscontra per gli italiani (2,7%). Le informazioni diffuse sui test Invalsi evidenziano che gli studenti stranieri conseguono punteggi inferiori alla media in tutte le classi campione, anche se i risultati dei nati in Italia sono migliori di quelli dei ragazzi immigrati”.