In Italia sette controversie su dieci si registrano negli ambienti condominiali, e nei primi quattro posti il diritto di veduta nelle costruzioni occupa un posto di rilievo. Quindi potremmo chiederci: se si parla di diritto, perché mai le controversie esistono? Una risposta potrebbe essere la seguente: nella stragrande maggioranza dei casi, molti legali antepongono gli interessi professionali a quelli del cliente non offrendo un’adeguata consulenza preventiva circa le probabilità che le esigenze di questi ultimi possano non essere accolte da un magistrato.
A conferma che l’argomento sia molto interessante, sono i quesiti giunti per mail, ai quali proveremo a offrire dei chiarimenti, in collaborazione con i tecnici del settore edile.
Articolo 907 – Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell’articolo 905. Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita. Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui le vedute sono dirette oppure oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia. La nozione di fondo non è quella catastale ma va riferita alla concreta unità immobiliare (prato, bosco, eccetera).
L’acquisto per convenzione o per usucapione del diritto di tenere la propria costruzione a distanza inferiore a quella legale rispetto all’edificio esistente nel fondo del vicino, non fa sorgere di per sé il diritto di aprire una veduta nel muro di detta costruzione prospiciente il fondo del vicino a distanza inferiore a quella prescritta dall’articolo 905, considerata la diversità degli interessi tutelati e del meccanismo di attuazione di tale norma rispetto a quella dell’articolo 873 codice civile (Cassazione 5177/1982).
Ai fini della disposizione anzidetta il termine “costruzione” non va inteso in senso restrittivo di manufatto in calce o in mattoni o in conglomerato cementizio, ma in quello di qualsiasi opera che, qualunque ne sia la forma e destinazione, ostacoli, secondo l’apprezzamento insindacabile del giudice di merito, l’esercizio di una veduta. Il problema si pone di solito in relazione a tende, tollerabili se di norma vengono richiuse, ma intollerabili se rimangono sempre aperte; ma la valutazione discrezionale lascia un troppo ampio margine di errore al giudice.
L’obbligo di osservare la distanza dalle vedute riguarda anche i muri di cinta.
La veduta si esercita non solo verso il basso ma anche verso l’alto; cosa da ricordare in relazione alla costruzione di balconi ai piani superiori (a dire il vero non vi è giurisprudenza sul punto). Una massima afferma che la veduta verso il basso dal balcone si esercita perpendicolarmente dal parapetto e quindi non attribuisce il diritto di guardare obliquamente entro il balcone sottostante, che può essere quindi trasformato in veranda. Si ricorda che la norma sulle distanze non si applica se i fondi sono separati da una strada pubblica (articolo 905 codice civile).
A e B devono rispettare la distanza di 3 metri complessivi misurati dalla faccia esterna della ringhiera o balaustrata. Va rispettata però anche la distanza di m 1,5 dal confine e quindi, se A avesse costruito a 2 metri, B è tenuto a costruire il suo balcone a 3,5 metri da quello di A.