UNA PRESSIONE DA CURARE…

Siamo i primi al mondo per quella calcolata in base al rapporto tra il carico fiscale sui contribuenti e il Pil depurato dall’economia sommersa (evasione fiscale). E circa l’80% sarebbe a carico dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato e dei pensionati

Non se ne può più: si pagano troppe tasse! Alzi la mano chi, almeno dieci volte in vita sua, non abbia pronunciato questa frase. Allora, cominciamo con alcuni distinguo: tasse e imposte non sono la stessa cosa. Le imposte sono un prelievo coattivo effettuato dallo stato per sostenere la spesa pubblica: si differenziano dalle tasse in quanto non corrispondono ad una prestazione, ma sono un’entrata del bilancio statale. Le tasse, invece, sono un tributo corrisposto allo stato o a un altro ente pubblico per il godimento di certi servizi (scuola, raccolta rifiuti, sanità, casa eccetera, eccetera). La differenza, però, non attenua l’esborso di denaro: in un caso o nell’altro, sono sempre soldi da pagare! Seconda precisazione: non è assolutamente vero che l’Italia è il paese dove i contribuenti vengono spellati vivi più che altrove. Ci sono fior di repubbliche o di monarchie dove la pressione fiscale (il rapporto percentuale tra il prelievo fiscale e parafiscale, cioè i contributi sociali, e il prodotto interno lordo) è maggiore. In Europa siamo al sesto posto, assieme alla Svezia (con una tassazione complessiva pari al 43,3% del Pil), alle spalle di Danimarca (al 46,6%), Francia (45,5%), Belgio (44,8%), Finlandia (44%) e Austria (43,5%). Attenzione, però: si tratta di paesi che solo apparentemente stanno peggio di noi, perché nella realtà hanno uno stato sociale e servizi che noi ci sogniamo. Ma con un colpo di reni, riusciamo a superare tutti in vista del traguardo e a vincere il premiolino della pressione fiscale effettiva, cioè quella calcolata in base al rapporto tra il carico fiscale sui contribuenti e il Pil depurato dall’economia sommersa (evasione fiscale). Questa la classifica mondiale della pressione fiscale effettiva, redatta da Confcommercio (vi proponiamo i primi 15 posti): Italia: 54%: Danimarca: 51,1%; Francia: 50,3%; Belgio: 49,3%; Austria: 46,8%; Svezia: 46,7%; Norvegia: 42,3%; Olanda: 40,8%; Regno Unito: 40,4%; Spagna: 36,7%; Australia: 34,8%; Canada: 31,9%; Irlanda: 28,4%; Stati Uniti: 27,9%; Messico: 26,2%.

Importante è però capire anche come questa pressione fiscale sia distribuita; secondo dati de Il Sole-24 ore, circa l’ottanta per cento di questa pressione sarebbe a carico dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato e dei pensionati, con un quinto delle entrate derivanti dai lavoratori autonomi. Il punto principale, in questo caso, non è la quantità della tassazione, bensì la sua qualità; o per meglio dire, la risposta alla seguente domanda: come utilizza lo stato i proventi dei prelievi fiscali? In Italia i soldi vengono spesi generalmente male, a giudizio dell’Istituto di ricerche e studi economici Bruno Leoni secondo il quale “L’Italia non è in crisi fiscale per carenza di entrate: è il peggiore paese d’Europa per moltissime tipologie di imposte, e uno dei peggiori per le altre. Lo stato Italiano soffre di bulimia, veniamo dopo Belgio, Finlandia, Francia, Danimarca e Svezia, paesi in cui la qualità della spesa è però ben superiore, offrendo servizi pubblici che lo stato Italiano non è in grado di fornire”.

Niente, paura, però, in quanto all’interno dello Stivale vi sono zone dove si paga di più ed altre dove la pressione è inferiore. Attenzione, però: perché le differenze vi sono anche a seconda se a pagare è il cittadino o un’impresa. Per esempio, se si considerano le tasse comunali, gli abitanti della Liguria sono i più tartassati, con una media di 703 euro (a persona, compreso il neonato, non a famiglia!), seguiti da quelli che vivono nel Lazio (596 euro) e in Toscana (581 euro); i più fortunati sono i calabresi (298 euro), i lucani (310 euro) e i molisani (354 euro). Sopra la media nazionale si posizionano: Emilia Romagna (570 euro), Piemonte (500 euro), Lombardia (498 euro). Sotto la media: Veneto (479 euro), Umbria (464 euro), Abruzzo (451 euro), Marche (429 euro), Puglia (389 euro), Campania (377 euro).

È stato calcolato che fino ai primi giorni di luglio il contribuente lavora per il fisco e dopo per sé stesso. Beh, per le aziende, soprattutto quelle medio-piccole (Pmi), ciò non è vero. In quei casi si arriva ad agosto o, addirittura, a settembre. La Confederazione nazionale dell’artigianato (Cna) ha calcolato che nel 2017 per le sole Pmi le cose andranno peggio, con una pressione fiscale in costante aumento: quest’anno il total tax rate (il peso complessivo del fisco) salirà al 61,2% (in Gran Bretagna è la metà), di poco inferiore al 63,9% del 2014, mentre il tax free day (cioè il giorno in cui si comincia a guadagnare per sé) è stato anticipato in media dal 10 agosto del 2016 al 30 luglio. Con sostanziali differenze territoriali: per le Pmi di Trento è sceso addirittura al 16 luglio, per quelle di Reggio Calabria il 24 settembre.

Ma quante sono le imposte/tasse in Italia: difficile fare un calcolo preciso (andrebbero contemplate anche quelle inserite nella benzina, comprensive della guerra in Eritrea e del terremoto nel Belice). Abbiamo cercato di comporre un elenco il più esaustivo possibile. Lo proponiamo, avvertendo il temerario lettore di poter incorrere in un violento attacco di bile. A livello nazionale: Irpef (reddito persone fisiche), Ires (reddito società), Iva, imposta di registro, imposta di bollo, imposte ipotecarie e catastali, imposta sulle assicurazioni, Irap, imposta di successione e donazione, tasse sui contratti di borsa, tasse sulle concessioni governative, imposta sul valore degli immobili all’estero (decreto Monti), imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (decreto Monti), imposta sulle attività oggetto di scudo fiscale (decreto Monti), tasse su imbarcazioni, aerei ed elicotteri (decreto Monti), accise e dazi doganali. Io inserirei anche il contributo unificato per gli atti giudiziari. A livello regionale le principali sono: Irap e addizionale regionale Irpef. A livello provinciale e comunale: Imu (decreto Monti), tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (Tosap), tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu), imposta comunale sulle pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni. Ci possono, inoltre, essere altri tributi minori prelevati da ciascun comune o provincia, come, ad esempio, la tassa comunale di soggiorno che i turisti pagano quando vanno in albergo (di solito due euro per persona, al giorno). Benjamin Franklin, che tra i tanti lavori svolse anche quello di inventore e di presidente degli Stati Uniti, diceva che “In questo mondo non v’è nulla di sicuro, tranne la morte e le tasse”. Il fatto è che la prima la s’incontra solo una volta mentre con le tasse o imposte abbiamo a che fare tutti i giorni.