UNA PENSATA SOBRIA…

intervista a MICHELE TAIT
By Gino Consorti
Pubblicato il 31 Gennaio 2016

Il titolare dell’azienda Princess di Lavis, in Trentino, attraverso un procedimento “segreto” e senza l’utilizzo di prodotti chimici ha realizzato una bevanda unica nel suo genere: zero alcol e tutte intatte le proprietà salutari dell’uva. Le risposte del mercato? Il maggior gradimento arriva dal mondo arabo…  Il vino, sottolineava Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, rende più facile la vita di tutti i giorni, meno affrettata, con meno tensioni e più tolleranza. Chiedi consiglio al vino, ma poi togliti ogni dubbio con l’acqua. Oppure, aggiungiamo noi, con il vino senza alcol… Però quello ad alcol zero e non il cosiddetto analcolico che invece contiene minime quantità. Per essere più precisi parliamo della bevanda analcolica a base di vino dealcolato. Attenzione però, non ci riferiamo a un succo d’uva o a un suo similare: il vino dealcolato, infatti, si ottiene estraendo l’alcol dal vino normalmente vinificato. Il tutto, cosa non di poco conto, attraverso un metodo che non prevede l’utilizzo di sostanze chimiche e non altera le proprietà organolettiche del vino. Dunque una bevanda che conserva le proprietà salutari dell’uva senza le “controidicazioni” rappresentate dagli effetti negativi dell’alcol in caso di abuso. Una sorta di rivoluzione copernicana i cui effetti potrebbero avere una ricaduta incredibile. Pensiamo, ad esempio, al popolo sterminato di potenziali clienti… Appartenenti a religioni o tradizioni che vietano l’assunzione di sostanze alcoliche; gente che per motivi di salute o per semplice scelta non beve alcolici; donne in gravidanza; giovani madri; anziani; chi guida per lavoro, eccetera, eccetera… Tra l’altro il vino dealcolato può essere utilizzato, come assicurano gli esperti, anche all’interno di diete iposodiche per la prevenzione dell’ipertensione e per la riduzione di rischi cardiovascolari. Insomma, un prodotto dalle mille virtù che potrebbe veramente cambiare le abitudini di tanti, e non solo quelle alimentari. È quello che si augura Michele Tait, titolare dell’azienda Princess di Lavis, un comune di circa 9 mila anime in provincia di Trento. È il primo produttore di vino dealcolato italiano nonché presidente dell’Associazione dealcolatori italiani (Assodea). In pratica acquista vino al 100% italiano e lo porta ad alcol zero attraverso un procedimento segreto… L’azienda trentina a conduzione familiare proprio in questi giorni ha lanciato la nuova e-commerce (www.alternativazero.com) attraverso la quale i clienti possono comodamente scegliere nella vasta gamma di prodotti: dal rosso allo spritz; dallo spumante al mojto; dal bianco al rosato. Ovviamente tutti privi di qualsiasi traccia di alcol.

Mi sono dunque arrampicato fin quassù per vedere da vicino come nasce l’idea e come si è trasformata in progetto di vita che, per certi versi, può essere accumunato a quello dei salmoni. Sì, il prelibato pesce selvaggio che ha scelto di nuotare controcorrente. Nel caso di Michele Tait e del suo vino dealcolato, però, parliamo di un fiume di preconcetti e luoghi comuni…

La temperatura è sottozero quando di buon mattino raggiungo i capannoni dell’azienda trentina. Lo scenario è spettacolare, manca la neve ma l’istantanea che ne viene fuori è mirabile. Il tempo delle presentazioni ed eccomi con Michele Tait che ci racconta come quel sogno è diventato realtà…

Come nasce l’idea di un vino senza alcol?

Parte tutto dal mio lavoro.

Cioè?

Oltre a essere proprietario della Princess svolgo anche servizi mobili enologici in giro per le cantine d’Italia. Circa 400 interventi l’anno.

Interventi di che tipo?

Lavorazione sul vino: filtrazioni tangenziali, stabilità tartariche e vari tipi di lavoro per aiutare le aziende che non hanno la possibilità di investire grossi capitali per attrezzature. Noi, infatti, offriamo attrezzature d’avanguardia per filtrare il vino, per pulirlo e quant’altro. In pratica curiamo tutto ciò che avviene prima dell’imbottigliamento. E negli ultimi dieci anni tra le operazioni più richieste c’è la dealcolazione parziale dei vini. Comprese le Doc?

Certamente, ormai quasi tutte accettano la dealcolazione parziale del vino fino a due gradi alcolici. Da tutto ciò, dunque, nasce lo studio per portare i vini a zero tasso alcolico.

Per quale motivo le cantine hanno necessità di abbassare il tasso alcolico dei loro prodotti?

Perché ormai il mercato scarta i vini troppo alcolici. Per una sensibilizzazione da parte dei consumatori nei confronti dell’uso e dell’abuso di alcol si preferiscono prodotti con una gradazione più bassa. Quindi parliamo di un massimo di 13/14 gradi e non più 16/17 come invece andava in voga alcuni anni fa.

Lei ha sempre lavorato in questo settore?

Vengo da una famiglia contadina, sono abituato a lavorare la terra e quindi anche la vigna.

Torno alla domanda iniziale, perché si è inventato un vino senza alcol?

Ho pensato di portare sul tavolo di chi non può o non vuole ingerire alcol un prodotto comunque della terra e non, invece, figlio di un’elaborazione chimica… Un prodotto che accontenti chi cerca un vino senza alcol, magari perché consigliatogli dal medico a causa di problemi di salute, oppure per scelta. O ancora perché vietato dalla propria religione…. Pasteggiare con un vino dealcolato è tutt’altra cosa rispetto a una bibita o un succo di frutta… Molti prendono il vino dealcolato come un competitor del vino, in realtà non lo è. È più un competitore delle bibite anche se comunque stiamo parlando di una cosa completamente diversa.

Tant’è che non si può chiamare vino…

Esattamente: il disciplinare lo definisce una bevanda analcolica a base di vino dealcolato.

In che anno avete iniziato a produrre questo tipo di bevanda?

Quattro anni fa. All’inizio si faceva un vino analcolico, cioè fino a 1,2 di gradazione alcolica come stabilisce il disciplinare. Poi, alla luce di una difficoltà commerciale – a chi non può o non vuole bere alcol anche una bevanda “analcolica” con 1,2 di alcol crea problemi… – abbiamo pensato di trovare un modo naturale per commercializzare un prodotto ad alcol zero.

In Italia quante aziende ci sono come la vostra?

Per quello che mi risulta la nostra è l’unica a fornire questo tipo di prodotto. Una bevanda senza alcuna aggiunta chimica e 100% italiana. Ovviamente esistono anche altri prodotti a zero alcol, ma in quel caso parliamo di mosti.

Cosa c’è di diverso?

È un prodotto dealcolato che non è stato trasformato in vino. Parliamo di mosti, prodotti molto dolci, sicuramente piacevoli ma che assomigliano più ai succhi di frutta. Però vengono venduti come vini analcolici. In realtà non sono mai diventati dei vini.

Quanto è complesso il procedimento per ottenere un “vino” ad alcol zero?

Parliamo di un processo osmotico, in pratica è il passaggio dal vino all’acqua. Per raggiungere lo zero alcolico utilizziamo un metodo naturale che, ovviamente, teniamo segreto… Si tratta di un processo che nel nostro caso non prevede nessuna aggiunta di additivi chimici, con la quasi completa restituzione degli aromi originari del vino. Naturalmente è un percorso estremamente delicato che richiede anni di esperienza in modo da non danneggiare le caratteristiche dei vini

Il mercato come ha risposto?

In maniera positiva anche se a piccoli passi… Intanto diciamo che il cliente acquisito ci resta “fedele” in quanto il nostro prodotto lo soddisfa… Sicuramente per un’azienda a conduzione famigliare come la nostra non è semplice ritagliarsi una grossa fetta di mercato, estero compreso. Però pian piano stiamo facendo passi importanti. Siamo contenti di quanto fatto fino a ora, crediamo tantissimo in questo prodotto che, a nostro avviso, sempre più incontrerà il favore dei consumatori.

Quando parla di mercato estero a quali paesi in particolare si riferisce?

Noi stiamo commercializzando il prodotto in ogni parte del pianeta ma in questo momento chi recepisce maggiormente la nostra offerta è il mondo arabo. Apprezzano in particolare il fatto che abbia il gusto del vino. La loro religione impedisce il consumo di alcol ma nello stesso tempo hanno scoperto che pranzare o cenare con una bottiglia di vino dealcolato è più gustoso che farlo con una bibita dolce o un succo di frutta.

La sua terra, invece, come ha risposto?

Il Trentino non ha risposto…

A suo avviso perché?

Direi per cultura. Siamo una piccola regione di circa 600 mila abitanti e una buona parte ha un rapporto particolare con l’alcol. Sia chiaro, non sto parlando di gente che ne fa abuso, ci mancherebbe, ma di persone che sono legate a una diversa e profonda cultura della produzione e della lavorazione del vino. Non nascondo di aver incontrato diverse difficoltà tra la mia gente in quanto nel vino analcolico vedevano un competitor del vino normale. Cosa che invece, come ho spiegato in precedenza, non è. Io credo che nel tempo tutte le aziende si doteranno di una linea di produzione con vino dealcolato. Arricchirà l’offerta oltre a dare risposta alle esigenze di quella parte di popolazione che per vari motivi cerca prodotti del genere. Spesso, infatti, dimentichiamo che circa due terzi della popolazione mondiale non fa uso di alcol, non ha mai bevuto alcol nel corso della vita…

Forse, se pensiamo ai paesi più poveri, il mancato consumo dipende anche dalle limitate possibilità economiche…

Sicuramente, tra questi ci sono tantissimi abitanti del terzo mondo che per lo stesso motivo probabilmente non acquisteranno neanche una bottiglia di vino dealcolato. Tanti altri, però, potrebbero farlo… D’altra parte il successo delle bibite, e mi riferisco alla coca-cola e ad altre bevande simili, è dovuto al fatto che tanti rifiutano l’alcol. Sia per una questione religiosa, per cultura o per semplice scelta di vita. Ad esempio penso ai vegani. In fin dei conti stiamo parlando di un prodotto della terra che portiamo sulle tavole senza la parte alcolica il cui abuso fa male. Ovviamente non dico che l’alcol sia deleterio a prescindere, anch’io amo pasteggiare con un buon bicchiere di vino, mi riferisco all’abuso.

Quali sono i punti di forza del vostro prodotto?

Contiene tutte le proprietà dell’uva, noi togliamo solo l’alcol. Dai polifenoli a tutto ciò che comprende il pacchetto uva lo riportiamo al 100%. Naturalmente bisogna dire che il prodotto dealcolato ha un sapore meno gradevole visto che parliamo di un componente che si aggira intorno al 14%. L’alcol, infatti, è molto dolce di conseguenza il prodotto diventa più amaro…

Ma con un prodotto così instabile a causa della mancanza di alcol, come riuscite a superare il problema?

Aggiungiamo del mosto, rimanendo così sempre nel compartimento dell’uva. Ripeto, non aggiungiamo alcun prodotto chimico per sopperire alla mancanza di alcol e quindi alleggerire l’acido. Tra l’altro anche i solfiti, che sono presenti nel vino, attraverso la dealcolazione diminuiscono in maniera considerevole. In-fine per stabilizzarlo utilizziamo la pastorizzazione.

Cioè?

Imbottigliamo i prodotti a una temperatura di circa 70° centigradi. In questo modo ci mettiamo al riparo anche da eventuali batteri che possono trovarsi nel vino e che in mancanza di alcol potrebbero svilupparsi. Logi-camente anche la pastorizzazione in qualche modo intacca la qualità del prodotto… Avendo però scelto di non mettere dentro la chimica diventa una conseguenza inevitabile.

A cosa si riferisce in particolare?

In quasi tutti i prodotti si avverte un leggero sapore di mela cotta. Ovviamente parliamo di sapori percepibili solo da palati esperti…

Togliendo l’alcol,  però, si abbattono anche le calorie…

Certamente. All’incirca si tolgono 7 calorie per ogni grado alcolico. In pratica in un vino di 15 gradi si tolgono 105 calorie.

Questo processo può essere applicato a qualsiasi tipo uva?

Sì, logicamente ci sono uve che si prestano meglio di altre. Noi con lo stesso trattamento abbiamo dealcolato vini bianchi, rossi e rosati di vario tipo, anche se non tutti con lo stesso risultato finale. Più i vini sono strutturati, più vanno incontro a un risultato positivo. I vini leggeri, invece, faticano maggiormente a mantenere certe caratteristiche.

Attualmente cosa comprende la vostra offerta commerciale?

Per quanto concerne i vini fermi abbiamo un bianco, un rosato e un rosso. In realtà di rossi ne abbiamo due avendo fatto una selezione anche con un vitigno superiore del Trentino, il Teroldego, ottenendo un ottimo risultato. Poi abbiamo nove tipi di spumante: bianco, rosato e rosso per ogni gradazione zuccherina. Quindi gli extradry con un bianco, un rosato e un rosso e il dry, che è un prodotto con 40% di mosto, sempre con un bianco, un rosato e un rosso. Infine abbiamo gli sweet, quelli più dolci con circa 70% di mosto e 30 di dealcolato. Ovviamente sempre nella linea bianco, rosato e rosso.

Con questo metodo è possibile bere anche aperitivi o cocktail ad alcol zero come ad esempio lo spritz o il mojito?

Certamente. Abbiamo studiato degli aperitivi fatti con il nostro prodotto. Parliamo di Mojito Free, Agrosè, Hugo Free, Spritz Zero, Red fusion, Lady white: tutti realizzati senza alcol. In queste bevande si avverte molto meno la mancanza di alcol in quanto ci sono altri ingredienti come succhi, sciroppi, zucchero di canna… Recentemente, poi, è partita la nuova e-commerce della Princess chiamata alternativa zero grazie alla quale abbiamo un contatto diretto con quanti scelgono il nostro prodotto. Questo progetto è portato avanti da mia figlia Martina e dalla mia compagna Marina che in pratica curano la vendita online dei prodotti.

La produzione annua a quanto ammonta?

Siamo intorno alle 50.000 bottiglie. Pian piano stiamo crescendo anche se la strada resta in salita essendo un’azienda a conduzione familiare. Ecco perché credo che l’e-commerce ci faciliterà a raggiungere maggiori acquirenti. Immagino un incremento che camminerà di pari passo con la conoscenza del prodotto. Oggi, infatti, questa bevanda è nota ancora a pochi, a differenza di altri paesi dove c’è una diversa cultura in materia. Penso ad esempio alla Germania dove l’anno scorso sono state consumate circa 30 milioni di bottiglie contro il milione dell’anno precedente… Ov-viamente parliamo di vini tra virgolette dealcolati: analcolici, mosti e quant’altro. Loro, come dicevo, hanno un’altra visione. Basta pensare all’attenzione che riservano alla sicurezza stradale…

Lei all’inizio accennava a un procedimento se-greto per arrivare a zero alcol. Non sarebbe bene brevettarlo in modo da mettersi al riparo da sgradite sorprese…?

Ci stiamo lavorando, an-che se a livello economico non è una cosa facile. Siamo alla ricerca di partner con i quali sviluppare il progetto. A livello industriale, infatti, avrà un costo particolarmente elevato…

 

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