UNA PARTENZA ALL’ALBA

By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 31 Agosto 2022

Venerdì 22 agosto 1856 c’è una svolta nella vita di san Gabriele. Per le vie di Spoleto si svolge la processione con l’immagine della Madonna venerata in duomo. Tra la folla c’è anche Checchino (così chiamano Gabriele prima che diventi passionista); quando l’immagine gli passa davanti, lui si sente ferire il cuore con parole che scalfiscono l’anima: “Checchino, cosa stai a fare nel mondo? La vita religiosa ti aspetta”. Checchino esce dalla folla e si ritrova a piangere con il volto tra le mani. È la madre celeste che chiama. Come è possibile resistere? Nessuno lo fermerà. Il 6 settembre (sono passati solo 15 giorni) parte da Spoleto e il 10 successivo è già a Morrovalle per iniziare il noviziato. Lo accompagnerà il fratello, padre Luigi Tommaso (1831-1907), sacerdote dei padri domenicani. Del viaggio padre Luigi lascia una cronaca minuta e preziosa che riportiamo nelle parti più importanti. Ci aiuterà a conoscere sempre meglio Gabriele.

Nell’agosto del 1856 mi portai a Spoleto per rivedere mio padre e tutti di famiglia. Ivi dimoravo da circa un mese, quando un giorno nei primi di settembre mio padre mi disse di andare in camera sua che avrebbe dovuto parlarmi. Non seppi affatto immaginare il motivo; portatomi da esso rimasi assai meravigliato quando subito me lo palesò col dirmi che Checchino era irremovibilmente deciso di farsi religioso tra i passionisti, e quindi mi pregava di accompagnarlo a Morrovalle (MC), ove era già stato indirizzato dal provinciale dei passionisti. Benché con vero piacere accettassi la proposta anche perché dovevamo passare a Loreto ove non ero mai stato, tuttavia non mi trattenni dal richiamare l’attenzione di mio fratello sulla sua repentina risoluzione di dare l’addio al mondo. Cercai di mettergli dinanzi sia il dispiacere che recava al nostro buon padre col dipartirsi dalla famiglia e lasciarlo per sempre, sia gli obblighi che avrebbe assunto rendendosi religioso, e soprattutto l’austerità della vita dei passionisti. Ogni argomento fu inutile, e nella fermezza della sua decisione potei intravedere che questa non era un capriccio, ma vera vocazione.

Ricevuta dal nostro padre la sospirata licenza, Checchino si preparava alla partenza e la mattina del 6 settembre, ottenuta la sera innanzi l’ultima paterna benedizione, abbracciati i fratelli e salutata la governante, la quale gli fece quasi da madre e gli volle tanto bene, sull’albeggiare lasciammo Spoleto. Sul principio il viaggio fu assai buono; Checchino anche se contento del nuovo stato a cui lo chiamava il Signore, non poteva non sentire il dispiacere del distacco dal nostro ottimo padre e dai fratelli; fu comunque piuttosto gioviale e allegro. La sera ove il vetturino aveva stabilito di farci pernottare lo vidi tutto contento; ciò poteva provenire dal fatto che arrivati in quella località circa le ore ventitré, sentimmo suonare le campane a festa e potemmo assistere alla “benedizione” in quell’ultimo giorno della novena in onore di Maria santissima di Loreto.

La mattina fummo presto in vettura coll’intendimento di arrivare per tempo a Loreto e quando presso Recanati potemmo scorgere, benché lontano, la santa Casa provammo immensa consolazione. Ma questa venne presto assai contristata: presso Loreto, quasi improvvisamente, ci sorprese un temporale tremendo che fu la cagione per la quale vi giungemmo molto in ritardo. Discesi dal legno sotto un diluvio, sentimmo la triste notizia che in tutto Loreto non avremmo trovato alloggio, perché gli alberghi rigurgitavano di forestieri, e ci fu giocoforza adattarci in una sala dell’albergo, nella quale posero pagliericci e materassi in terra sui quali potemmo malamente riposare qualche momento nella notte. L’albergo era posto sul principio della piazza della santa Casa. L’acqua ancora cadeva a dirotto e la piazza rimaneva letteralmente allagata mentre una immensa moltitudine di Ciociari, che non aveva potuto prendere posto sotto i portici, rimaneva esposta a quel diluvio, e con devozione indicibile cantava le litanie e le lodi della Madonna. Era veramente un commovente spettacolo di fede.

Checchino fu oltremodo addolorato nel vedere già chiuse le porte della santa Casa che avrebbe voluto visitare; però quello che non poté effettuare entro la santa Cappella lo fece nel luogo ove ci trovavamo; si appartò in un angolo della finestra, ove rimase a lungo tutto quieto, a pregare la Vergine benedetta”.

Checchino domani troverà aperto il santuario. Vi passerà dentro molto tempo pregando, quasi rapito in estasi. Saranno abbondanti le sue lacrime di gioia e commozione. p.dieugenio@virgilio.it

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