UNA NUOVA SENSIBILITÀ NEI CONFRONTI DELL’INFORMAZIONE

In Abruzzo si è votato il 25 maggio scorso per il rinnovo del Consiglio regionale. Ha vinto Luciano D’Alfonso che sarà il nuovo governatore della regione per i prossimi anni; sarà affiancato da un’assemblea regionale composta, inequivocabilmente, da consiglieri che lo sosterranno (almeno si spera) nell’azione di governo. All’indomani dei risultati elettorali si è discusso sulla mancanza di un’adeguata rappresentanza di donne in consiglio; si è detto anche che l’attuale composizione ha quasi un sapore antico; non sono mancate stoccate polemiche nello stesso schieramento vincitore per effetto del meccanismo delle preferenze personali. Ma cosa fatta capo ha. Questa è la volontà dell’elettorato abruzzese che ha consegnato un mandato senza se e senza ma al nuovo ceto politico-amministrativo regionale. Il neopresidente della regione Abruzzo, che non pecca certo di pragmatismo (lo ha abbondantemente dimostrato come sindaco di Pescara), in campagna elettorale ha mostrato di avere le idee molto chiare in fatto di crescita e di sviluppo dell’Abruzzo. Il suo programma elettorale è ampio e, per moltissimi versi, molto concreto. Sulla ricostruzione dell’Aquila, sulla disoccupazione giovanile, per il rilancio delle piccole e medie industrie, dell’agricoltura e delle infrastrutture sono indicate, nel programma di governo, le linee da seguire e le risorse da utilizzare. C’è un settore, però, che non è preso in considerazione, quello dell’informazione. Un settore che, probabilmente, si ritiene di poca o nulla competenza delle politiche regionali, anche perché fino a oggi è stato considerato campo esclusivo dell’intervento governativo. Invece, il settore, oggi, sconta una crisi di proporzioni gravissime che ha bisogno dell’intervento anche delle regioni, soprattutto in Abruzzo dove la precarizzazione del lavoro giornalistico ha raggiunto livelli preoccupanti per la stessa libertà d’informazione. Il fatto che i giornalisti scontino nella nostra regione situazioni di grave sfruttamento, con una proliferazione di tipologie contrattuali che hanno portato a una totale deregulation, non può essere ignorato dal governo regionale. All’orizzonte, inoltre, si addensano altri problemi che potrebbero aggravare la crisi del settore: la paventata possibilità di accorpamento delle sedi regionali della Rai, l’inarrestabile chiusura di redazioni provinciali dei quotidiani, l’ipotizzata fusione delle agenzie di stampa con probabile ridimensionamento del loro decentramento territoriale.

Questo fosco scenario non può essere ignorato, ne va dello stesso concetto di partecipazione democratica. Senza un’adeguata informazione al servizio della pubblica opinione non vi è consapevole partecipazione. Occorre, quindi, una sensibilità nuova che affronti la questione del riordino degli uffici stampa regionali, che predisponga legislativamente un quadro normativo che metta in condizione gli enti pubblici regionali di assumere o utilizzare giornalisti, che si ponga il problema del sostegno dell’editoria online e di quella, cosiddetta, minore, che continui sulla strada delle produttive sovvenzioni (sotto forma di fornitura di servizi) all’emittenza radiotelevisiva locale “obbligando” le agenzie di stampa, ad esempio, al rispristino di adeguati organici regionali.

Una nuova sensibilità, dunque, che valuti strategico il settore dell’informazione.