UNA FAMIGLIA SPAZIALE

By marco staffolani
Pubblicato il 17 Gennaio 2022

È uscita da poco l’ultima stagione della piacevole serie a carattere familiare di Netflix, Lost in space 3, che in un futuro immaginario in cui l’umanità è costretta ad abbandonare la Terra in rotta di collisione con l’asteroide, spera che vi sia ancora una speranza oltre al vuoto lasciato dall’impatto. L’eredità è un piccolo gruppo di famiglie che fuggono tramite l’astronave Resolute in cerca di una terra 2.0. Tra le famiglie apolidi (che si perdono nello spazio) ci sono i Robinson messi a dura prova da viaggi spaziali, sopravvivenza in mondi sconosciuti, incontri con civiltà aliene.

Dalla prima serie ricordiamo la ricchezza di questa famiglia, composta dai genitori Maureen e John, e dai figli Will (il figlio più piccolo ed inesperto, personaggio chiave perché capace di attivare un dialogo con il robot alieno), e le sorelle Judy e Penny (Judy, quasi una bambina prodigio è figlia solo di Maureen e non di John che la adotta, e Penny, figlia biologica della coppia, è assillata dalla ricerca di qualità eccezionali per non sfigurare nei confronti della sorella).

Una prima chiave con cui leggere questa serie è la costante necessità di adattamento ed evoluzione. La famiglia deve “traslocare” più volte tra mondi differenti, coperti da ghiacciai imponenti, o sommersi da oceani d’acqua, fino a dover accettare il variegato accostamento di aridi deserti e foreste lussureggianti. Se queste avventure ci mostrano l’ingegno e le tecniche della sopravvivenza, esse costituiscono anche lo sfondo sopra il quale apprezzare l’evoluzione dei personaggi.

Il piccolo Will diventa adolescente, ritrovandosi a compiere da solo missioni importanti, dimenticando “i fiaschi” del primo episodio della serie, in cui i suoi fallimenti avevano messo in pericolo tutta la famiglia.

L a situazione di coppia tra Maureen e John, che aveva vissuto attriti e tensioni, vede qualche miglioramento soprattutto con John che chiede di farsi perdonare gli errori del passato. Penny, ragazza arguta e sarcastica, sente molto la mancanza della Terra, e riesce con successo a colmare il vuoto dandosi ai racconti, mettendo per iscritto le relazioni di vita intraprese nei nuovi mondi. Judy infine cresce con la consapevolezza che essere un dottore significa avere come responsabilità la vita degli altri.

Una seconda chiave di lettura è che il male si può redimere (forse?). La dott.ssa Smith rompe (in modo positivo) l’idillio dei Robinson, trovandone crepe e limiti. L’ambiguo personaggio si alterna tra apparenti momenti di conversione in cui si auto-professa anch’essa parte della famiglia, fino a spacciarsi per psicologica e raccontare la (sua) verità in modi finemente alterati così da raggirare i membri più deboli e scoraggiare i più forti. La chiusura della seconda stagione sembra però consegnarci un ripensamento finale con un atto eroico in cui si sacrifica per la sopravvivenza di tutta la stazione. Ci saranno (ancora) secondi fini nel suo agire?

Infine, una terza chiave è una concezione moderna di famiglia lontana dallo stereotipo patriarcale, in cui il potere decisivo e fisico era posto solo negli uomini. La serie prova a riequilibrare i compiti dando importanza e dignità a tutti i membri, donne e piccoli compresi. Non c’è dubbio che Maureen sia una mamma con i pantaloni. Vedasi la puntata in cui diventa “capo marinaio” della Jupiter trasformata in zattera per affrontare il mondo oceanico.

Emblematica anche la scena in cui Judy dispiega tutto il suo talento intellettivo e fisico salvando il padre prigioniero e ferito nel pozzo, evitando di corsa temibili raptor alieni.

Anche il finale della seconda stagione è su questo tono! La scelta dei genitori di affidare i 97 bambini della colonia alle cure di Judy come comandante dell’unica Jupiter superstite ci fa pensare che il vero tesoro della famiglia sono i piccoli.

Siete dunque pronti a vedere la terza stagione? Che aspettate, sintonizzate il vostro televisore, computer o smartphone, ma mi raccomando: non fate troppo binge watching!

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