UN VANGELO CHE CAMMINI CON L’UMANITÀ

L’obiettivo sinodale in un contesto storico
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 30 Novembre 2021

“LE NOSTRE CHIESE IN ITALIA – SPIEGANO I VESCOVI – SONO COINVOLTE NEL CAMBIAMENTO EPOCALE, NON BASTANO RITOCCHI MARGINALI PER METTERSI IN ASCOLTO DI CIÒ CHE, GEMENDO, LO SPIRITO DICE ALLE CHIESE. È TEMPO DI SOTTOPORRE CON DECISIONE AL DISCERNIMENTO COMUNITARIO L’ASSETTO DELLA NOSTRA PASTORALE, LASCIANDO DA PARTE LE TENTAZIONI CONSERVATIVE E RESTAURATRICI”

Il Sinodo dei vescovi che papa Francesco ha “aperto” ufficialmente lo scorso 10 ottobre si occupa del tema della sinodalità. Parola spesso usata in convegni e seminari di studi, ma dall’attuazione pratica che è spesso risultata difficile nelle chiese e nelle comunità ecclesiali, anche dopo il Concilio Vaticano II. Il Sinodo si presenta, nel suo svolgimento, con modalità e fasi inedite. Non si tiene solo in Vaticano, ma in ciascuna Chiesa particolare dei cinque continenti. È la prima volta, nella storia di questa istituzione, che un Sinodo si svolge in modalità decentrata. Il processo sinodale segue un itinerario triennale articolato in tre fasi scandito dall’ascolto, dal discernimento e dalla consultazione. La prima tappa (ottobre 2021 – aprile 2022) è quella che riguarda le singole Chiese diocesane. La finalità della fase successiva, quella continentale (settembre 2022 – marzo 2023), è di dialogare sul testo del primo Instrumentum laboris. L’ultima fase del cammino sinodale è quella della Chiesa universale (ottobre 2023). Una tappa fondamentale di questo percorso è la celebrazione della XVI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, nell’ottobre del 2023, a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari.

Dunque, si parte. Con l’ambizione di Francesco di “sdoganare” finalmente una parola attraverso un processo di guarigione condotto dallo Spirito, più che un convegno di studi o un congresso politico. Per Francesco sono tre i verbi da tenere a mente: incontrare, ascoltare, discernere. E poi ancora: non insonorizzare il cuore, ascoltando l’altro, chiunque esso sia, in modo che l’altro si senta non giudicato ma libero di raccontare il proprio vissuto: “È un esercizio lento, forse faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda – vescovi, preti, religiosi e laici, tutti, tutti i battezzati – evitando risposte artificiali e superficiali, risposte prêt-à-porter: no. Lo Spirito ci chiede di metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti. Non insonorizziamo il cuore, non blindiamoci dentro le nostre certezze. Le certezze tante volte ci chiudono”.

Il rischio principale? Quello del formalismo. “Se parliamo di una Chiesa sinodale – osserva Francesco – non possiamo accontentarci della forma, ma abbiamo anche bisogno di sostanza, di strumenti e strutture che favoriscano il dialogo e l’interazione nel Popolo di Dio, soprattutto tra sacerdoti e laici perché delle volte c’è qualche elitismo nell’ordine presbiterale che lo fa staccare dai laici e il prete diventa alla fine il padrone della baracca”. 

La vera opportunità è quella di diventare una Chiesa della vicinanza, con compassione e tenerezza. In questo senso si pone anche il cammino sinodale della Chiesa italiana, pronta a mettere in relazione Vangelo, fraternità e mondo. Un messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle consacrate e consacrati e a tutti gli operatori pastorali e una lettera alle donne e agli uomini di buona volontà sono i due testi approvati dal Consiglio episcopale permanente che accompagnano l’inizio del cammino sinodale.

Le nostre Chiese in Italia – spiegano i vescovi nel messaggio – sono coinvolte nel cambiamento epocale; allora non bastano alcuni ritocchi marginali per mettersi in ascolto di ciò che, gemendo, lo Spirito dice alle Chiese. Siamo dentro le doglie del parto. È tempo di sottoporre con decisione al discernimento comunitario l’assetto della nostra pastorale, lasciando da parte le tentazioni conservative e restauratrici e, nello spirito della viva tradizione ecclesiale – tutt’altra cosa dagli allestimenti museali – affrontare con decisione il tema della ‘riforma’, cioè del recupero di una ‘forma’ più evangelica; se la riforma è compito continuo della Chiesa (“semper purificanda”: Lumen Gentium 8), diventa compito strutturale, come insegna la storia, ad ogni mutamento d’epoca”.

Sogniamo una Chiesa aperta, in dialogo. Non più di tutti ma sempre per tutti”, scrivono i vescovi nella lettera indirizzata alle donne e agli uomini di buona volontà: Tu che desideri una vita autentica, tu che sei assetato di bellezza e di giustizia, tu che non ti accontenti di facili risposte, tu che accompagni con stupore e trepidazione la crescita dei figli e dei nipoti, tu che conosci il buio della solitudine e del dolore, l’inquietudine del dubbio e la fragilità della debolezza, tu che ringrazi per il dono dell’amicizia, tu che sei giovane e cerchi fiducia e amore, tu che custodisci storie e tradizioni antiche, tu che non hai smesso di sperare e anche tu a cui il presente sembra aver rubato la speranza, tu che hai incontrato il Signore della vita o che ancora sei in ricerca o nell’incertezza…”.

Insieme ai due testi, è stato diffuso il crono-programma che si distende per l’intero quinquennio 2021-2025, con tutte le tappe del Cammino sinodale.

Si inizierà con il biennio dell’ascolto (2021-2023), ovvero con una fase narrativa che raccoglierà in un primo anno i racconti, i desideri, le sofferenze e le risorse di tutti coloro che vorranno intervenire; nell’anno seguente invece ci si concentrerà su alcune priorità pastorali.

Seguirà una fase sapienziale, nella quale l’intero popolo di Dio, con il supporto dei teologi e dei pastori, leggerà in profondità quanto emerso nelle consultazioni capillari (2023-24). Un momento assembleare nel 2025, da definire, cercherà di assumere alcuni orientamenti profetici e coraggiosi, da riconsegnare alle Chiese nella seconda metà del decennio.

Insomma, si parte con speranza e fiducia. La crisi attuale delle società moderne ha bisogno di cura e di attenzione verso ogni uomo e donna di questo tempo. E le Chiese e le religioni possono fare molto. Farlo insieme, pastori e laici, darebbe il segno di un Vangelo che cammina con l’umanità.

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