Un tragico “film” già visto. L’alluvione che ha recentemente colpito in maniera drammatica l’Emilia Romagna e le Marche, causando 14 morti, circa 36 mila cittadini sfollati, intere frazioni evacuate, danni ingenti ad abitazioni, aziende, colture, strade, non può essere classificata come un evento raro. Citando infatti solo quelle più recenti, ricordiamo l’alluvione, sempre in Emilia Romagna, dello scorso 2 maggio, quella di Ischia nel novembre 2022, quella del 15 e 16 settembre 2022 nelle Marche con 12 vittime, quella tra il 24 e il 29 ottobre 2021 in provincia di Catania e Siracusa, quella del 2 e 3 ottobre 2020 in Piemonte e Liguria. Tra l’altro, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), in questi giorni ci ha ricordato nuovamente che l’Emilia Romagna è la regione in cui le percentuali di territorio potenzialmente allagabile e di popolazione esposta a rischio di alluvione sono le più alte. La parte pianeggiante dell’Emilia Romagna è la più esposta insieme alla Calabria, che però è un caso molto diverso. In Emilia Romagna, infatti, c’è un reticolo di vie d’acqua, naturali e artificiali, molto esteso, ed è lì che si concentra il maggior rischio.
Sarebbe ora, dunque, che un Paese che si definisce civile adottasse provvedimenti non emergenziali ma di messa in sicurezza programmata contro eventi del genere. Manutenzione e rispetto del suolo, rigenerazione delle aree urbane, opere di regimentazione dei corsi d’acqua e i terrazzamenti delle colline, interventi strutturali di consolidamento. Il tutto senza mai dimenticare che su questo pianeta siamo ospiti e custodi. E non, invece, padroni.
A margine del tragico evento appena descritto, che oltre alla perdita di vite umane ha causato danni per oltre circa 5 miliardi di euro, aggiungo un episodio che, a mio avviso, aiuta a capire il “sistema Italia”. Lo scorso mercoledì 17 maggio, intorno alle 7.40, sono rimasto intrappolato sull’autostrada, insieme a tantissimi altri automobilisti e autotrasportatori, a meno di 10 chilometri da Forlì, in direzione Ancona. Nel percorso di avvicinamento a Bologna, per poi raggiungere l’innesto con l’A14, i display autostradali e Isoradio, il canale radiofonico della Rai, attivo 24 ore al giorno e che informa gli ascoltatori con notizie a supporto della mobilità e degli spostamenti di persone e merci lungo la rete autostradale e stradale italiana, consigliavano il proseguimento sull’A1 a causa dei disagi dovuti alla pioggia battente. Senza però vietare la percorrenza lungo l’A14, ovviamente raccomandando prudenza. In pratica, per me che dovevo raggiungere la provincia di Teramo, significava rendere più gravoso il viaggio, dovendo superare la tangenziale di Bologna nell’ora di punta, quindi Firenze, Roma e L’Aquila. Certamente un disagio, con molte più ore in macchina, sotto il diluvio, e spese autostradali e di carburante più che raddoppiate. In presenza dell’alternativa A14 e alla luce degli appuntamenti di lavoro, come tanti altri ho scelto di proseguire lungo la via più breve. Il viaggio, però, come dicevo, si è interrotto dopo circa 50 chilometri, in un punto dove un fiume di fango e acqua, proveniente dai campi limitrofi, aveva invaso anche l’autostrada, rendendola impraticabile. La domanda, allora, che tutti noi ci siamo più volte ripetuti durante le quasi 4 ore di attesa prima che ci “rispedissero” indietro verso Bologna, è la seguente: perché, vista la situazione di emergenza causata dalla pioggia caduta il giorno prima e le previsioni meteo che volgevano al peggio in quella stessa giornata e in quelle successive, non si è chiuso il tratto in questione obbligando, e non consigliando, gli automobilisti diretti a sud a percorrere l’A1? Non siamo mica al ristorante dove il cameriere ci consiglia il piatto del giorno…
Cosa c’è da consigliare se nel giro di 24/36 ore – l’evento ha avuto inizio alla mezzanotte di lunedì 15 maggio – sono cadute quantità di acqua che si registrano in sei mesi? Chi è in viaggio, soprattutto per motivi di lavoro, certamente vuole arrivare a destinazione rispettando gli orari fissati prima della partenza. Per carità, l’imprevisto può sempre esserci, però non riguarda questo caso. Spettava infatti a chi gestisce il tutto e ha il filo diretto con Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, meteorologi, personale autostradale, eccetera, eccetera, chiudere l’autostrada A14. E non, invece, lasciare due possibilità agli automobilisti…