Ricordate il caso del senatore abruzzese della Margherita Luigi Lusi che fu espulso dal Pd per essersi appropriato indebitamente, con l’incarico di tesoriere, di 13 milioni di euro? I giudici del tribunale di Roma gli hanno dato ragione: hanno stabilito che la sua espulsione dal Pd è illegittima e hanno condannato il partito di Renzi a rimborsare a Lusi la metà delle spese legali.
Lusi fu espulso dal partito dopo il suo arresto. I garanti del partito, presieduti da Luigi Berlinguer, decisero di mettere alla porta il senatore di Capistrello (L’Aquila). Per i probiviri Lusi era “incompatibile con il Pd per fatti molto gravi che hanno causato un grave danno al partito” e con tale accusa fu messo alla porta. Lusi impugnò il provvedimento di espulsione ritenendolo illegittimo in quanto i probiviri non ritennero – per la gravità delle accuse mossegli dalla magistratura – nemmeno di doverlo ascoltare. Il tribunale di Roma ha stabilito che il “provvedimento è da considerarsi illegittimo poiché non è stato preceduto da alcuna contestazione in ordine agli addebiti sui quali l’irrogazione della sanzione si fondava. Premesso che deve ritenersi necessaria la preventiva contestazione degli addebiti all’interessato”. Con questa motivazione i giudici hanno ritenuto nullo l’atto di espulsione.
Lusi, dunque, a tutti gli effetti è ancora iscritto al Pd? I probiviri del Pd devono ricominciare tutto daccapo per potersi liberare di una figura politica che ritennero allora tanto ingombrante da non volerlo nemmeno ascoltare? Tutte domande legittime che troveranno – se ancora vi è un senso nel trovarle – le risposte dal “partito del Nazareno”, ma le riflessioni su tale argomento sono molteplici e anche di diversa natura.
Tanto per cominciare: è giusto che la magistratura ordinaria si occupi di questioni che regolano la vita associativa dei partiti politici tutti improntanti ontologicamente – ci mancherebbe altro – a dare vita e corpo alla democrazia nel nostro paese? Seconda questione: cosa deve fare di più un iscritto al partito per essere cacciato con l’accusa d’indegnità morale? Intendiamoci, le regole sono le regole e anche quelle della bocciofila vanno rispettate e la loro applicazione, ancorché pedissequa, deve essere improntata al rispetto totale. Il diritto è il diritto e noi, in Italia, ne siamo (stati?) la culla, ma il sapore dell’annullamento dell’espulsione del senatore abruzzese ha il sapore di qualcosa di tardivo, di superato, insomma di rancido. Ai probiviri del Pd era apparso così evidente la violazione delle norme morali che regolano la loro vita associativa da non indugiare oltre nell’assumere una decisione drastica.
È questa giustizia sommaria? Ma che provvedimento adottereste allora voi nei confronti di senatori della Repubblica che più della politica – funzione alla quale sono stati chiamati da un mandato elettorale – svolgono prevalente attività di spettacolo approfittando di quel loro originario e remunerato incarico pubblico? Vi fareste un selfie con loro?
E allora di che ci scandalizziamo: se così è i giudici di Roma hanno fatto bene ad annullare l’espulsione di Lusi.