Nonostante i lunghi e complessi processi e due Commissioni parlamentari, restano sospesi dubbi e interrogativi sui 55 giorni più lunghi della storia della Repubblica italiana
In tanti li hanno definiti i 55 giorni più lunghi della storia della Repubblica italiana. Sono quelli che intercorsero dalla mattina del 16 marzo 1978, giorno in cui fu rapito il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, e il ritrovamento del suo cadavere, il 9 maggio, nel bagagliaio di una Renalut 4 parcheggiata in via Michelangelo Caetani, in pieno centro a Roma.
Nell’agguato di Via Fani, oltre a rapire il presidente Moro, quattro componenti del nucleo armato delle Brigate Rosse, con indosso false uniformi del personale Alitalia, uccisero barbaramente i due carabinieri a bordo dell’auto di Moro, Oreste Leonardi e Domenico Ricci, e i tre poliziotti che viaggiavano sull’auto di scorta, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.
Oggi, sono trascorsi 45 anni dall’uccisione dello statista democristiano, e nonostante i vari processi e le conseguenti condanne sulla vicenda aleggiano ancora dubbi e punti interrogativi.
Il presidente Moro la mattina in cui venne rapito stava recandosi in Parlamento dove il nuovo governo guidato da Giulio Andreotti stava per essere presentato per ottenere la fiducia a un governo di “solidarietà nazionale” che avrebbe visto dentro anche il Partito comunista italiano. In pratica il partito della falce e del martello, guidato da Enrico Berlinguer, si era detto pronto al cosiddetto compromesso storico, attirandosi dietro le ire di Mosca, e non solo. E anche dall’altra parte del mondo, i governanti del Paese a stelle e strisce non vedevano di certo di buon occhio un’alleanza del genere in piena guerra fredda e con il Muro di Berlino sempre al suo posto… L’America, infatti, non faceva certamente salti di gioia per un governo “biancorosso” che avrebbe potuto causare problemi ai piani della Nato. Di fatto il coinvolgimento al governo anche del Partito Comunista avrebbe sovvertito quanto stabilito nell’accordo di Yalta che invece ne prevedeva la totale esclusione nei Paesi occidentali. Nel il primo dei nove comunicati farneticanti resi noti dalle Brigate Rosse nel corso dei 55 giorni di prigionia, si sosteneva che “…ogni tappa che ha scandito la controrivoluzione imperialista di cui la Dc è stata artefice nel nostro Paese – dalle politiche sanguinarie degli anni Cinquanta alla svolta del centrosinistra fino ai giorni nostri con l’accordo a sei – ha avuto in Aldo Moro il padrino politico e l’esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste”. In pratica da una parte si voleva colpire la Democrazia Cristiana, dall’altra interrompere il percorso del Partito Comunista verso le istituzioni. E come se non bastasse, ecco la presenza di Gladio nella vicenda Moro. Parliamo di un’organizzazione paramilitare appartenente alla rete internazionale Stay-behind (restare indietro), promossa dall’agenzia di spionaggio civile del governo federale degli Stati Uniti d’America (Cia) con l’obiettivo di contrastare una possibile invasione nell’Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica e dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia. In particolare della non-allineata Jugoslavia, attraverso atti di sabotaggio, guerra psicologica e guerriglia dietro le linee nemiche, con la collaborazione dei servizi segreti e di altre strutture. In tutti questi anni di analisi e ricostruzione, si è addirittura detto che Gladio fosse a conoscenza del rapimento almeno 14 gironi prima e che la stampatrice modello Ab Dick 360 T (matricola numero 938508) utilizzata dalle Br per i loro comunicati durante il sequestro Moro, sembra provenisse dall’Ufficio del Raggruppamento Unità Speciali (Rus), ovvero l’ufficio che provvedeva all’addestramento dei gladiatori.
Insomma, nonostante i giorni delle memorie e dei bilanci, restano sospesi dubbi e interrogativi. Lunghi processi, depistaggi, false testimonianze, due Commissioni parlamentari, la non collaborazione piena dei capi delle Brigate Rosse. No, alla luce di tutto questo non è possibile parlare di verità completa.