UN OCCHIO AL MONDO E UN ALTRO ALLE VICENDE DI CASA

Oltre alle preoccupazioni per le notizie provenienti dal Medioriente in questo mese il pontefice dovrà confrontarsi con UN calendario fitto di appuntamenti, alcuni dei quali decisivi  Lo aveva detto Francesco: il 7 settembre digiuno e preghiera per la pace in Siria, in Medioriente e nel mondo intero. “Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitto che ci sono in questa nostra terra ma, in questi giorni, il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano. Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come a un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione. Con altrettanta forza esorto anche la comunità internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana”.

Papa Bergoglio, dopo il bagno di povertà alla Gmg di Rio de Janeiro, non perde tempo e, tra una riforma della curia e qualche spostamento ai vertici, vigila con la preghiera e con l’attenzione del “buon pastore” sulle vicende del mondo.

Un ottobre pieno di appuntamenti, dunque. Tutti importanti, alcuni decisivi. I primi giorni del mese Bergoglio incontra la “famosa” commissione degli otto saggi (cardinali) che dovranno riformare la curia. Un primo appuntamento, certamente non risolutivo, ma assai importante per capire in quale direzione gli otto saggi stanno andando. Una riforma della curia nella direzione di una più fattiva collaborazione e nello stesso tempo autonomia tra dicasteri pontifici e segreteria di stato appare la più probabile delle soluzioni. E una diplomazia vaticana che viva anche la sua dimensione sacerdotale e spirituale nel ruolo difficile che storicamente le appartiene: sembrano queste le vie per uscire da un groviglio di fatti e di consuetudini che hanno degradato, negli ultimi anni, la segreteria di stato e la diplomazia vaticana, a terminale di un campo di battaglia dove lobbies e bande hanno riposto le loro strategie per la detenzione di un potere che ora, con Francesco, è di fatto vacillato. E deposto.

Il 4 ottobre Francesco è ad Assisi. E non può che essere così, per un papa che ha scelto di chiamarsi Francesco. Un evento carico di significati. Ogni gesto di questa giornata è una pagina di vangelo aperta al cuore dell’uomo. Francesco non è mai stato ad Assisi, ecco perché, in parte, vuole percorrerla a piedi: la basilica papale di Santa Maria degli Angeli con la Porziuncola, la basilica di San Francesco, Santa Chiara con il crocifisso di San Damiano, l’eremo delle carceri. Messa e pranzo con i poveri nel centro di prima accoglienza di Santa Maria degli Angeli, e un messaggio di speranza, sulle orme del poverello di Assisi.

Ma è chiaro che “oltretevere”, uno dei capisaldi di questo mese intenso, è il 15 ottobre: giorno del cambio ufficiale del segretario di stato, Bertone con i suoi 79 anni va (quasi) in pensione: presidierà infatti il pellegrinaggio internazionale a Fatima il 12 e 13 ottobre e rimarrà a capo della commissione cardinalizia che vigila sullo Ior fino al completamento del report del comitato Moneyval del Consiglio d’Europa sulle procedure antiriciclaggio della santa sede.

Al suo posto, monsignor Pietro Parolin, 58 anni, originario di Schiavon, in provincia di Vicenza, e attuale nunzio in Venezuela. Un nome e una carriera costruita nell’alta scuola diplomatica pontificia. Tutti ne parlano bene. Nel 2002 è stato nominato sottosegretario della sezione per i Rapporti con gli stati della segreteria di stato, in pratica “viceministro degli Esteri”, dove ha collaborato prima con il cardinale Sodano e poi con Bertone. Fino a che, nel settembre 2009, Benedetto XVI, che qualche settimana prima lo aveva nominato nunzio in Venezuela, lo ha consacrato vescovo.

È uno dei segretari di stato più giovani in assoluto. Da quando è a servizio della santa sede si occupa di dossier delicati: dai rapporti del Vaticano con il Vietnam alle questioni giuridiche ancora aperte tra Vaticano e Israele, fino alla Lettera rivolta nel giugno 2007 da Benedetto XVI ai cattolici cinesi, che vedono la sua impronta. Nel 2009, infine, viene nominato nunzio a Caracas.

Uomo sobrio, di-screto e grande lavoratore, il nuovo se-gretario di stato è anche un prete, un sacerdote dotato di una forte tempra spirituale che si è im-merso con passione pastorale in tutte le realtà internazionali con le quali è venuto in contatto. Ha lavorato con i cardinali Achille Silvestrini, Agostino Casaroli, Angelo Sodano e Jean-Louis Tauran, Giovanni Lajolo e Tarcisio Bertone, e con tutti è stato competente e leale.

Da lui ci si aspetta una netta discontinuità con gli ultimi anni nella gestione della complessa macchina della santa sede. Papa Francesco è già garanzia di una libertà interiore che sa farsi ascoltare dai popoli di tutto il mondo. Se anche la segreteria di stato lo aiuterà, con discrezione e sobrietà, così come ha fatto nella sua storia secolare, il mondo stesso ne beneficerà.

La real politik, molte volte, ha camminato insieme all’annuncio del vangelo. E l’arte della mediazione sembra, ancora oggi, un dono da tirare fuori di nuovo dai cassetti.