UN NEMICO DI NOME BERNIF…

Il santo passionista aveva dato questo nomignolo al diavolo che, in base alle testimonianze depositate nei vari processi, lo aveva pesantemente tormentato nel corso della vita

Nel 1720, mentre san Paolo della Croce pregava davanti al Tabernacolo, ebbe una locuzione interna ben distinta. Gli disse il Signore: “Figlio, chi si accosta a me, si accosta alle spine… Voglio fare di te un altro Giobbe”. Subito dopo confidò al suo confessore: “Mi sentii dire nel cuore: quando tu ti getti in spirito sotto i piedi di tutte le creature, sin sotto i piedi dei demoni, questo è quello che più mi piace”. Il servo di Dio accolse incondizionatamente quelle parole, perché voleva piacere al Signore.

Dalle testimonianze depositate nei vari processi, un teste ha dichiarato: “Si può dire che i tormenti del diavolo in san Paolo della Croce abbiano durato tutto il tempo di sua vita”. Quando il diavolo lo tormentava, si metteva la corona del rosario al collo. E a chi gli chiedeva cosa volesse significare quella cosa, rispondeva: “Quando mi vedete con la corona al collo: dite che la notte l’ho passata tra orribili tormenti”.

Chiamava il diavolo col nomignolo di Bernif se era uno solo e Berniffi se erano in molti. Non si sa perché. Il biografo Enrico Zoffoli sostiene che il curioso appellativo sia di invenzione del servo di Dio, grazie al suo spiccato senso dello humour.

Nel 1750 si svolse a Camerino una memorabile missione condotta da padre Paolo e alcuni suoi compagni. Numerosi fedeli, colpiti dalla predicazione dei missionari e particolarmente di padre Paolo, tornarono con l’animo contrito alla pratica religiosa. Si confessarono, si accostarono alla comunione e cambiarono vita. Queste conversioni non piacquero a Bernif, il quale imbestialito più del solito si scagliò contro il santo.

Ad Orbetello (GR), dopo giorni di insonnia, poté finalmente prendere sonno; ma ecco un fracasso nella camera che lo sveglia tutto spaventato. Vi era nella stanza uno scaldaletto nuovo. I demoni cominciarono ad aprirlo e chiuderlo con gran rumore e fracasso. Svegliato, il servo di Dio prese subito il suo bastoncello che teneva a capo del letto e, alzatolo con gesto deciso, minacciò il demonio dicendogli: Per santa / e chi la canta, / questa è la notte / che ti rompo e spezzo le corna. A tal parlare sì risoluto, il maligno se ne partì”.

Il demonio si scatenava specialmente durante i periodi di predicazione. In una missione a Montorgiali (GR), il santo era ospite della casa di Maria Anna Buti. Questa testimoniò che “la notte nella camera del padre Paolo sentiva del rumore come fossero delle bastonate. Specialmente nella notte che seguì la predica sulla pace, il demonio lo aveva tirato via dal letto per li piedi e lo trascinava gridandogli che era venuto in quel paese a inquietarlo e gli aveva rubato molte anime”.

Nel 1770 il santo, ormai vecchio e fisicamente provato, si trovava proprio nel convento dei santi Giovanni e Paolo a Roma. Lo assisteva fratel Francesco, il quale ci lascia questa descrizione con interessanti particolari: “Dopo aver messo al letto il servo di Dio mi ritirai nella mia stanza attigua alla sua. Spento che ebbi il lume, dopo essermi addormentato, sentii un gran colpo al muro e subito dopo del rumore. Svegliato, accesi il lume e mi portai alla stanza del padre Paolo. Era circa mezzanotte. Guardando al letto, non lo vidi. Volgendo lo sguardo per la stanza, non si trovava. Avvicina-tomi al pagliericcio lo scoprii là sotto, per terra, accantonato al muro in modo tale che se uno avesse voluto metterlo così a bella posta, non sarebbe potuto riuscire. Vedutosi da me il povero vecchio, quasi senza fiato, scansato alla meglio che potei, abbracciatolo di peso lo tirai fuori e lo misi a sedere sul letto. Dopo essere alquanto rinvenuto gli domandai che mi dicesse cosa era successo. Il servo di Dio mi rispose: Cosa volete che vi dica? Mi ero posto un poco in ginocchio di là, dall’altra parte del letto, e adesso mi ritrovo di qua. Guardate un poco la testa se vi è qualche rottura. L’osservai e trovai nel capo una vistosa ammaccatura. Il demonio lo aveva in tal guisa strapazzato”.

Una testimonianza che ha dell’incredibile è quella fatta da padre Giacinto: “Stando io al convento di Sant’Angelo di Vetralla (VT), il servo di Dio fu in quell’anno tanto molestato dai demoni, i quali erano in sì gran numero, che al suo dire sembravano mosche che cercavano di impedirgli qualunque operazione; si mettevano perfino sopra la carta in cui scriveva, e gli facevano mille insulti e dispetti”. “Se aveva da scrivere qualche lettera per affari di Dio, o per direzione spirituale di anime – racconta la Calabresi sulla stessa falsariga della precedente testimonianza – i demoni gli gettavano via ora la carta, ora la penna e ora il calamaio”.

Per incutere spavento al santo, il diavolo cercò di apparirgli nelle forme più orribili. “Una notte il nemico gli era apparso in figura di un uccellaccio grosso e deforme con enormi ali, e voleva soffocarlo e che con gran fatica poté liberarsene”. “Un’altra volta gli era saltato sopra il letto in forma di un gran cagnaccio. Altre volte si metteva a camminare sopra il letto in forma di gatti. Talora si sentiva inorridire e alzarglisi i capelli per aria, sentendo la viva presenza dei nemici infernali”. A fratel Barnaba il santo disse un giorno: “Il demonio, mentre stavo al letto, per darmi maggior tormento, mi diede una torta al dito grosso di quel piede che era già addolorato”.

Ma qui vorremmo sapere com’era in faccia il diavolo. Questa domanda fu rivolta al santo dal padre Egidio. Ecco la risposta: “È tanto brutta e deforme quella bestia, che metterebbe spavento anche agli orsi”.

Ma perché tanto accanimento dell’inferno? Una spiegazione ce la fornisce lo stesso diavolo. Durante un esorcismo gli fu chiesto cosa gli dispiacesse di più nel padre Paolo. Il maligno gridò: la messa! la messa! la messa! L’esorcista continuò: “Ci sarà qualche altra cosa di più che ti scotta nel servo di Dio?”. Allora il diavolo, ad alta voce, arrabbiato, rispose: la Passione! la Passione!

(lancid@tiscali.it)

L'ECO di San Gabriele
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