UN CLOCHARD PER PAPÀ…

il dramma silenzioso dei padri separati
By Gino Consorti
Pubblicato il 1 Dicembre 2017

Forse prim’ancora che allo ius soli (il diritto di cittadinanza incondizionato per tutte le persone nate nel Paese), che sicuramente rappresenta un segno di civiltà, i nostri governanti farebbero bene a pensare ai padri soli… Già, i nuovi poveri, così come vengono definiti oggi dalle tante statistiche che si occupano dello stato traballante della nostra economia. Povertà economica e soprattutto allontanamento dal proprio figlio: due drammi le cui ricadute psicologiche invalidanti, purtroppo, in molti casi spingono il genitore anche a mettere fine alla propria esistenza… Addirittura i dati parlano di 200 suicidi l’anno in Italia e 2 mila in Europa. Cifre che mettono i brividi e che di fatto dovrebbero sensibilizzare chi di dovere nella ricerca di soluzioni adeguate. Lasciando comunque i numeri agli esperti – nell’articolo infatti abbiano chiesto aiuto a una valida ricercatrice del servizio Registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita dell’Istat, – ci preme accendere la luce sul dramma dei tanti padri separati. Quando una coppia decide irrevocabilmente di separarsi, ritenendola l’unica via percorribile, si trova dinanzi a un bivio. La prima strada porta alla mediazione famigliare dove, avendo posizioni concordanti, è possibile definire gli accordi (collocamento, mantenimento e la gestione del minore in caso di figli) anche attraverso l’aiuto di un unico legale, anziché uno per parte. Se il tutto però si trasforma in un “conflitto” insanabile, ecco allora la seconda via, quella giudiziale, con tutte le conseguenze del caso… Naturalmente gli effetti dello sgretolamento di un matrimonio pesano come macigni soprattutto sulla serenità e la crescita dei figli i quali, consapevoli di essere “figli dell’amore”, di colpo si trovano disorientati cadendo nell’angoscia. Tutti noi, bambini per primi, vorremmo infatti che almeno l’infanzia fosse senza nubi, un’età spensierata pieno di azzurro. La quotidianità, però, con il cinismo di rapporti e comportamenti spesso riprovevoli circa il riconoscimento e la difesa della struttura famiglia, spariglia sempre più frequentemente sogni e buoni propositi alimentando, così, situazioni di grave disagio. Disagio per l’intera famiglia che resta, non dimentichiamocelo mai, il nucleo fondante della società. Ed ecco, allora, che in un simile quadro a tinte fosche le difficoltà oggettive di un padre messo in un angolo economicamente e psicologicamente, rappresentano oggi un’emergenza sottaciuta e sottovalutata. Anche perché, come sottolineano gli esperti, eliminare un genitore significa eliminare nel bambino un riferimento con cui identificarsi e poter così strutturare in maniera adeguata e funzionale la propria personalità.

Dal 1991 opera in Italia la prima e la più grande Associazione padri separati (Aps), fondata a appunto per sopperire al vuoto legislativo che vedeva nell’iter giudiziario per l’affidamento dei figli il padre come soggetto debole. L’associazione (www.padri.it; telefono 051/6142641 – 5881857) offre servizi differenziati in base alle storie personali e alle esigenze di ciascuno, affiancando professionisti in grado di tutelare i diritti degli adulti, ma soprattutto dei minori. Tante le battaglie portate avanti in questi anni, tra cui quella che ha visto il riconoscimento e la stesura definitiva della legge 54 del 2006 sull’affido condiviso. La sede nazionale è a Bologna, ma l’Aps è operativa in tutto il territorio nazionale avvalendosi della presenza di collaboratori, avvocati e psicologi giuridici. Noi, allora, per conoscere da vicino questo triste spaccato di una società sempre più frettolosa e superficiale, siamo andati a bussare alla porta della dottoressa Tiziana Franchi, presidente di grande spessore dell’associazione che si avvale di un team altrettanto valido, come ad esempio l’avvocato familiarista Stefano Cera e la psicologa Chiara Soverini.

Presidente, dal suo osservatorio privilegiato quale fotografia viene fuori?

Quella dei padri separati è diventata, di fatto, una categoria troppo spesso dileggiata e defraudata dei diritti e delle tutele che meriterebbe, oggetto di aggressioni sia sul fronte economico che su quello affettivo, e per questo meritevole di un’attenzione particolare. Non si può, inoltre, non tenere conto, nell’affrontare l’argomento, di come l’impegno e il contributo dei padri alla famiglia sia progressivamente cambiato nel tempo.

Cioè?

Superando l’archetipo del pater familias, oggi l’uomo è sempre più impegnato e interessato all’educazione e alla crescita emotiva dei figli ed è, pertanto, necessario che egli venga messo nella condizione di poter offrire tale contributo anche quando il progetto della famiglia unita viene meno. Se di fatto, a livello culturale, questo cambiamento e questo nuovo ruolo dei padri è stato riconosciuto, manca ancora il riscontro del sistema legale che, in una separazione, troppo spesso tende a sacrificare gli uomini, in nome di quelli che sono diventati i “privilegi acquisiti” della donna.

Ma come si arriva a diventare un clochard dopo il divorzio?

Dopo gli anni 70 e l’approvazione della legge sul divorzio si è creduto che la separazione fra due genitori fosse una strada facilmente percorribile. La realtà di questi ultimi decenni, invece, ci fornisce un’altra visione del fenomeno: la libertà apparente di poter recidere il legame familiare, di fatto comporta  un chiaro e netto indebolimento economico per entrambe le parti, ma ancor più per la figura paterna, la quale, indubbiamente è quella che ne esce più svantaggiata.

In che modo?

Intanto quasi sempre è il padre a dover uscire dal domicilio domestico, nonostante spesso sia l’unico proprietario dell’immobile, sul quale nella maggior parte dei casi grava un mutuo che egli deve continuare a onorare. È il padre, poi, a dover corrispondere un assegno di mantenimento non solo per i figli, ma talvolta anche per l’ex moglie; è sempre il padre a dover pagare un affitto e le utenze di un nuovo appartamento. L’automobile di famiglia, che giustamente rimane alla madre e ai figli, spesso è stata acquistata a rate che, sempre il padre, nella maggior parte dei casi intestatario del veicolo, deve continuare a versare. E così quando non possono contare sui genitori o su un’auto da trasformare in casa, finiscono davanti alle mense di carità, in cerca di un piatto caldo e di un luogo in cui dormire. In fila, insieme ai senza tetto, per sostenere gli obblighi economici della separazione.

Un cambiamento di vita radicale nel giro di meno di trenta minuti…

Proprio così. Sembra infatti che la media del tempo che i giudici impiegano per stabilire un primo provvedimento provvisorio sia di 27 minuti…

Attualmente com’è disciplinata la materia dal legislatore?

In Italia esistono 3 riti differenti che regolamentano la cessazione della vita in comune della coppia: la separazione, il divorzio, il procedimento di volontaria giurisdizione. Nel primo e nel secondo caso siamo di fronte a una vera causa in tribunale, nel terzo caso il rito è più rapido ma anche più sommario, con meno garanzie difensive. Questo determina un ingiusta diversità di trattamento processuale tra le coppie coniugate (o separate) e quelle che hanno scelto di convivere. Nonostante le apprezzabili riforme, poi, la disciplina legislativa riferibile alla crisi della coppia unita in matrimonio continua a differire da quello della coppia convivente.

Cosa andrebbe fatto, a suo avviso, per migliorare le cose?

Dal punto di vista legislativo andrebbe profondamente riformato il diritto di famiglia, prevedendo, appositamente, regole più precise per regolamentare la crisi della coppia. Dovrebbe, ad esempio, essere eliminato il diritto all’assegno divorzile, spesso elargito dal tribunale senza motivazioni economiche, come dovrebbe essere ripensato il diritto all’assegnazione dell’abitazione familiare. Per quanto riguarda il processo, poi, sarebbe necessario unificare i riti, abolire il tribunale dei minorenni e introdurre una sezione del tribunale che si occupi esclusivamente delle tematiche della famiglia. Capita spesso, infatti, soprattutto nelle città più piccole, che il giudice tratti, nella stessa mattina, una causa di separazione subito dopo un sinistro stradale o una causa risarcitoria, causando una forte spersonalizzazione delle parti che si presentano in tribunale, viste più come una pratica da sbrigare che come persone.

L’affido condiviso ha migliorato la situazione?

Sicuramente dalla riforma è aumentata la sensibilità di alcuni tribunali nel vedere riconosciuti, quanto meno, pari diritti e doveri tra i genitori, con conseguente aumento dei tempi di frequentazione dei figli presso il padre; esso, però, resta ancora, il più delle volte, il genitore del fine settimana.

Quanto pesa l’assenza della figura paterna nella crescita dei figli?

Senza dubbio può causare diversi problemi (disturbi psicoaffettivi, ansia, depressione, perdita di sicurezza e autostima, problemi di identità, tendenza alla promiscuità) che interferiscono in modo differente sui maschi e sulle femmine. I ragazzi sono generalmente colpiti più duramente. L’assenza del padre, infatti, può essere associata a una difficoltà d’apprendimento e di concentrazione, a disturbi di deficit di attenzione, a una tendenza all’iperattività. Può aumentare anche la probabilità che un ragazzo diventi violento, che entri in contrasto con i principi morali e non riconosca alcun valore all’autorità. Altre problematiche possono riguardare l’insorgere di una confusione circa la propria identità maschile e il proprio ruolo sessuale, che può svilupparsi in modi imprevedibili a seconda dell’età del giovane. Fra le ragazze, invece, gli effetti sono spesso traslati nel tempo e possono manifestarsi soltanto a scoppio ritardato, in un modo “latente”, durante la pubertà: instabilità affettiva, tendenza, durante l’età adulta, a preferire convivenze e relazioni di breve durata, difficoltà nel costruire rapporti sani e durevoli con gli uomini, una generale incapacità di gestire in maniera sana le proprie relazioni affettive.

Oggi quali sono i costi per il divorzio consensuale e per quello giudiziario?

In Italia un procedimento contenzioso può arrivare a costare anche 10 mila euro, almeno secondo le tabelle ministeriali in uso ai tribunali; la separazione consensuale o il divorzio congiunto hanno invece un costo medio attorno ai 2.500 Euro per ogni parte.

Chi chiede aiuto alla vostra associazione? Lo fa direttamente il papà oppure qualche familiare?

Spesso chiamano i diretti interessati, ma altrettanto frequentemente ci contattano i parenti del papà, i genitori, le sorelle, nonché le nuove compagne che cercano di ricevere consigli utili su come affrontare la nuova configurazione familiare. Chi si rivolge all’associazione vive esigenze diverse: dalle difficoltà economiche, che spesso conducono gli uomini ai limiti della soglia di indigenza, (padri ridotti praticamente sul lastrico a seguito di sentenze che li obbligano a trovare un’altra abitazione, e non un monolocale, ma un ambiente consono ad accogliere i figli nel week end, continuando a pagare il mutuo della casa coniugale e versando mensilmente un mantenimento che non tiene in considerazione dei cambiamenti di reddito) alle problematiche emotive.

Che importanza riveste la Caritas in questo tipo di problematica?

Da anni rappresenta un reale e concreto aiuto al milione di padri caduti in povertà a seguito della separazione, offrendo loro pasti caldi, indumenti e posti letto: a livello nazionale il 25% di chi usufruisce delle mense degli indigenti è separato o divorziato. E, ancora, è spesso con l’intervento della Caritas che si arriva alla realizzazione di vere e proprie case per papà in difficoltà, come è successo a Rimini nel 2012. Molte città, pur all’avanguardia sui temi sociali, sono infatti incredibilmente cieche e sorde riguardo questo argomento. La cronaca, ed è un dato incontrovertibile, sempre più spesso ci racconta di violenze subite dalle donne da parte di coniugi o compagni, nello stesso tempo, però, con troppa “disinvoltura” si sorvola sul fatto che anche tanti uomini subiscano violenze.

Di che tipo?

Mi riferisco a innumerevoli ricatti e umiliazioni che hanno come unico scopo di distruggere economicamente e psicologicamente l’ex di turno. Su questo argomento alcuni componenti del nostro Comitato scientifico, costituitosi nel 2015, hanno pubblicato un vero e proprio manuale clinico giuridico per il sostegno a padri e uomini in difficoltà, intitolato Scusa del tu. Nonostante culturalmente gli atteggiamenti di violenza sia fisica che psicologica vengano tipicamente attribuiti all’uomo, nella realtà lo studio e i casi giuridici testimoniano come gli abusi non abbiano di fatto sesso.

Antonella Guarneri, ricercatrice Istat

 

I MATRIMONI RELIGIOSI SONO QUELLI PIÙ STABILI

Cosa dicono, dottoressa, i dati più recenti in merito a matrimoni, separazioni e divorzi?

Nel 2015 sono stati celebrati in Italia 194.377 matrimoni, circa 4.600 in più rispetto all’anno precedente. Si tratta dell’aumento annuo più consistente dal 2009. Nel 2015 le separazioni sono state 91.706 registrando un lieve aumento (+2,7% rispetto al 2014) mentre i divorzi ammontano a 82.469, mostrando un aumento ben più consistente (+57% sul 2014) dovuto in larga misura agli effetti delle recenti variazioni normative.

Sono più stabili i matrimoni religiosi o quelli civili?

Mettendo a confronto i matrimoni del 1995 con quelli del 2005 la propensione a separarsi è molto inferiore (e stabile nel tempo) nei matrimoni celebrati con il rito religioso.

Qual è la fascia di età più coinvolta nelle crisi coniugali?

Nel 2015 all’atto della separazione i mariti hanno mediamente 48 anni e le mogli 45 anni. La classe più numerosa è quella tra i 40 e i 44 anni per le mogli (18.631 separazioni, il 20,3% del totale) mentre per i mariti è quella tra i 45 e i 49 anni (18.055 pari al 19,7%). Nel 2000, invece, il maggior numero delle separazioni ricadeva sia per i mariti sia per le mogli nella classe 35-39 anni.

E i numeri del cosiddetto “divorzio breve” quale situazione disegnano?

La legge sul “divorzio breve” (6 maggio 2015), ha accorciato drasticamente (da tre anni a sei mesi nei casi di separazioni consensuali o a un anno nei casi di separazioni giudiziali) il periodo che deve intercorrere obbligatoriamente tra la separazione e il divorzio. Questa variazione normativa ha avuto (e probabilmente continuerà ad avere anche nei prossimi anni) un effetto “di cadenza”, facendo anticipare nel 2015 una gran parte di quei divorzi (con separazioni concluse nel triennio 2013-2015) che con la vecchia normativa avrebbero visto decorrere i termini temporali non prima del 2016. Quasi il 40% dei divorzi definiti presso gli Uffici di stato civile e il 10% di quelli definiti presso i tribunali sono, infatti, divorzi “brevi”, ovvero l’intervallo di tempo intercorso tra la separazione legale e la successiva domanda di divorzio è stato inferiore ai tre anni previsti dalla precedente normativa.

Qual è invece la situazione dei padri separati?

Tra i padri che si sono separati nel 2015, quasi 3 su 10 hanno tra i 45 e i 49 anni, più di 4 su 10 presentano un diploma di scuola superiore mentre circa il 12% ha conseguito un titolo universitario. Più di 9 su 10 sono occupati e di questi, circa 6 su 10 sono operai o impiegati mentre 2 su 10 sono imprenditori o liberi professionisti.

Affido figli e casa: la bilancia da quale parte pende?

Poco più della metà delle separazioni, 53,6% e il 40,5% dei divorzi del 2015 riguardano matrimoni con almeno un figlio minore di 18 anni. Le separazioni con figli in affido condiviso sono circa l’89%. A partire dal 2006, in concomitanza con la legge 54/2006 (che introduce, come modalità ordinaria, l’istituto dell’affido condiviso dei figli minori tra i due coniugi), la quota di affidamenti concessi alla madre si è fortemente ridotta a vantaggio dell’affido condiviso. Il “sorpasso” vero e proprio è avvenuto nel 2007 (72,1% di separazioni con figli in affido condiviso contro il 25,6% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre), per poi consolidarsi ulteriormente. La quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi. Per quanto riguarda le disposizioni economiche, infine, la quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dal padre si mantiene nel decennio stabile (94% del totale delle separazioni con assegno).

 

 

 

 

 

 

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