Quanto a divertimenti, a New York c’era solo l’imbarazzo della scelta. La grande metropoli ne offriva a piene mani e a buon mercato; ne aveva per tutte le età e per tutti i gusti, in ogni ora del giorno e della notte. Ma il giovane Girolamo era sordo a ogni loro richiamo e non si lasciava sedurre da ingannevoli sirene ammaliatrici. Non rincorreva facili piaceri di un momento che una volta consumati lasciano soltanto amarezza e delusione; lui cercava qualcosa che potesse saziare appieno la sete di pace e di felicità che sentiva nel cuore; i suoi giorni quindi scivolavano tranquilli tra casa e chiesa, tra piccoli lavori domestici e impegni scolastici. Girolamo era nato a New York il 29 gennaio 1873. I genitori, Giacomo Rudloff e Caterina Bauer, non godevano di una elevata condizione sociale ma erano contenti di quello che avevano e ogni momento ne ringraziavano il Signore. L’onestà, la preghiera e la ricerca del bene tessevano la trama della loro vita quotidiana. Girolamo vive e cresce avendo sempre davanti agli occhi l’esempio dei buoni genitori. La sua condotta, raccontano i testimoni, è “innocente e illibata”. Sente una naturale inclinazione per la preghiera, lo si vede sostare spesso e a lungo nella chiesa che i passionisti hanno in città. Vi si reca con regolare frequenza; la sua devozione non sfugge ai religiosi che lo osservano attenti: qualcuno comincia a pensare che quel ragazzo diventerà passionista. Passa pochissimo tempo e Girolamo si affida alla direzione dei religiosi passionisti; chi lo guida nel cammino spirituale ammira sempre più stupefatto il lavoro che la grazia di Dio compie nel suo cuore e si meraviglia per la docile e generosa disponibilità con la quale Girolamo vi corrisponde. Le sue visite in chiesa diventano infatti più frequenti, la sua preghiera più fervorosa, le sue soste davanti al tabernacolo più prolungate. A 24 anni il giovane è nel convento di Pittsburgh per compiervi il noviziato. La scelta, maturata dopo lungo discernimento, non ha sorpreso nessuno e il giovane l’ha presa con la ferma decisione di restarvi fedele fino alla morte. Il 18 febbraio 1897 veste l’abito religioso e il 20 febbraio dell’anno seguente si consacra al Signore con la professione dei voti; il giovane si sente chiamato non alla vita sacerdotale ma a quella di religioso fratello e come tale si inserisce nella comunità mettendosi al servizio dei suoi confratelli. Vivrà in convento ancora due anni e sette mesi: la salute infatti si rivela subito cagionevole. Girolamo non potrà compiere grani cose, almeno apparentemente. Il suo capolavoro sarà solo interiore. “Il Signore, annota il cronista, sembra che abbia chiamato il giovane dalla famiglia al convento solo per dargli l’ultimo ritocco e poi portarlo in cielo”. Dopo la professione Girolamo viene inviato nel convento di Saint Louis. Qui si rivela il male e inizia il suo doloroso calvario: un tumore allo stomaco non diagnosticato tempestivamente lo porterà alla tomba. Per rendergli meno pesante la sofferenza i superiori lo trasferiscono a Baltimora. Il giovane, nonostante la malattia, vuole a ogni costo essere utile ai confratelli compiendo con molta fatica e con immenso amore quei servizi che le forze ancora gli consentono. I superiori vorrebbero che si riposasse, ma devono cedere al suo desiderio di sentirsi ancora utile. Girolamo vive la sua malattia e il suo cammino verso la morte con la pace nel cuore: non si lamenta di niente e di nessuno, non è preoccupato; per tutti è un piacere fermarsi a parlare con lui. Non ha bisogno di essere confortato ma è lui a invitare gli altri a guardare gli eventi con gli occhi illuminati dalla fede e con il totale abbandono nel Signore. Lui si dice afferrato da Dio e confida di sentirsi un pellegrino che va contento verso quella luce che non conosce tramonto. E ne parla con gioia. Confessa che ormai ha crocifisso tutte le sue attese e i suoi programmi sulla croce di Gesù e che presto per la bontà e la misericordia del Signore parteciperà alla gloria del Crocifisso risorto. Quello che avviene nel cuore della notte del 22 settembre 1900. La sua partenza da questo mondo, annoterà il cronista, “fu così serena che a malapena noi presenti ci accorgemmo del suo morire”. (159) p.dieugenio@virgilio.it
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