Il 2 gennaio 1885 Giacinto Brodella, studente di di-ciannove anni, terminava il suo cammino terreno. Fu lui ad aprire la serie dei passionisti morti in quell’anno. Ma non lo ricordiamo per questa semplice nota di cronaca spicciola, quanto piuttosto per la sua vita virtuosa e anche per il meraviglioso contesto familiare che merita di essere raccontato. Apparteneva a una famiglia nobile, di agiata condizione sociale e di specchiata vita morale. I genitori Giuseppe e Mar-gherita Di Nardo educarono i figli alla vita cristiana con premurosa sollecitudine. La mamma insegnava loro catechismo e li preparava alla prima comunione. La sorella di Giacinto è larga di testimonianze sulla vita irreprensibile che si conduceva in famiglia. In casa c’era una accogliente cappellina nella quale pregavano non solo i componenti della famiglia Brodella, ma anche i ragazzi dei dintorni che desideravano farlo con Giacinto e i suoi fratelli.
I frutti di questa invidiabile educazione non mancarono. Tre figli scelsero la vita religiosa. Giacinto e Leonardo entrarono tra i passionisti, Alfonso tra i gesuiti divenendone, per unanime testimonianza, uno dei migliori soggetti. Leonardo (1870-1931), sacerdote di vastissima cultura filosofica e teologica, fu storico della provincia religiosa cui apparteneva e vi ricoprì uffici di grande responsabilità; per un decennio fu anche direttore e amministratore della nostra rivista L’Eco di san Gabriele. Nacque cinque anni dopo Giacinto, lo seguì nella vita passionista, lo vide morire prematuramente e ne conservò sempre un devoto e affettuoso ricordo.
Giacinto, dunque, nacque a Mondra-gone (Caserta) il primo ottobre 1865. La sua vocazione sbocciò quasi spontaneamente dal contatto con i passionisti che venivano ospitati nella sua famiglia. I suoi genitori infatti erano munifici benefattori della congregazione e si sentivano onorati quando potevano accogliere un religioso nella propria casa. Ma c’è di più. Un grande gesto di generosità verso i passionisti fu compiuto dal papà di Giacinto nel 1878, dopo la legge di soppressione degli ordini religiosi promulgata dal governo italiano. In base a questa legge il convento di Moricone (Roma) dove i passionisti erano restati come affittuari, fu messo all’asta. Il signor Giuseppe partecipò all’asta, la vinse, acquistò il convento con il suo denaro e lo restituì ai religiosi che vi continuarono la loro vita di preghiera e di apostolato, conservando perenne gratitudine per l’insigne benefattore. Questo il clima favorevole che si respirava in casa Brodella; questo il terreno fertile in cui maturò la vocazione dei tre fratelli.
I genitori accolsero con gioia la scelta di Giacinto per il sacerdozio; la naturale sofferenza per il distacco era addolcita dalla consapevolezza di avere ricevuto una grande grazia dal Signore. Il giovane vestì l’abito passionista il 23 novembre 1880 a Paliano (Frosinone) dove compì lodevolmente il noviziato; non ci furono quindi problemi l’anno successivo quando la comunità dovette decidere se ammetterlo alla professione religiosa; il novizio la emise il 24 novembre 1881. Dopo due giorni Giacinto fu trasferito a Roma per la formazione filosofica e teologica nello studentato internazionale aperto nel santuario della Scala Santa. Il gruppo degli studenti non era molto numeroso, ma i componenti venivano scelti per la loro brillante intelligenza, per la loro esemplare condotta e per le ottime prospettive che offrivano ai superiori. Vi erano studenti provenienti anche dagli Stati Uniti, dal Belgio, dalla Francia e dalla Spagna. Il trasferimento di Giacinto quindi, fu una decisione mirata dei superiori che riponevano molte speranze sul giovane per le sue splendide doti di mente e di cuore.
Giacinto, informano le testimonianze, era infatti di “ingegno assai perspicace, mite di carattere, amante della vita comunitaria, obbedientissimo e molto premuroso del suo profitto spirituale”. Passarono però appena tre anni, quando una malattia inattesa e ribelle pose fine alla sua santa vita e alle grandi attese dei superiori. Colpito da erisipela nel dicembre del 1884, morì all’alba del nuovo anno. I confratelli, che lo avevano assistito in preghiera, lo ricorderanno come un giovane degno di ammirazione e meritevole degli elogi più belli. (157) p.dieugenio@virgilio.it
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