TRA QUISQUILIE E PINZILLACCHERE…

By Stefano Pallotta
Pubblicato il 28 Febbraio 2015

Appassionarsi alle questioni marginali riguardanti il comportamento dei politici o di chi amministra la cosa pubblica si corre il rischio di posare lo sguardo sul dito e non la luna che esso indica, ovvero di fuorviare l’attenzione su questioni marginali piuttosto che sui problemi seri riconducibili alla non corretta gestione della cosa pubblica: corruzione, favoritismi, clientelismi e così via elencando. Alcune di tali questioni, per così dire, secondarie, tuttavia, riescono a imporsi all’attenzione pubblica, in ragione della potenza dei mezzi di comunicazione, ma anche in forza della loro carica morale, benché di poco valore sostanziale. È il caso della multa per eccesso di velocità comminata alla vettura di rappresentanza del presidente della Giunta regionale d’Abruzzo, Luciano D’Alfonso, alle ore 6.40 del 1° agosto 2014 sull’autostrada A-25. Multa causata, a quanto pare – dall’urgente necessità di partecipare a una riunione presso il ministero dello Sviluppo economico a Roma, su questioni di capitale importanza per l’Abruzzo. Su questa vicenda abbiamo assistito per giorni e giorni a prese di posizioni politiche su chi debba pagare questa multa di 1.400 euro. Ci pare di capire che, siccome l’infrazione al codice della strada è avvenuta per forza di causa maggiore, debba essere la Regione a pagarla; sembrerebbe così anche per il fatto che l’avvocatura regionale abbia prodotto ricorso, peraltro respinto, al prefetto dell’Aquila e successivamente al giudice di pace ( che mentre scriviamo non si è ancora pronunciato).

Perché questa vicenda ha finito per coinvolgere anche noi? Non per sottolineare gli aspetti che pure sono stati enormemente evidenziati e che tutti noi conosciamo – sarebbe, come dire, una rimasticatura di notizie già consegnate alle storia – ma per evidenziare un aspetto completamente rimasto in ombra: la responsabilità dell’autista della Regione, perché è plausibile ritenere che l’auto fosse condotta da un dipendente pubblico. Non pensiamo che il presidente della Regione guidasse personalmente l’automobile della Regione. A D’Alfonso non fanno certamente difetto l’intraprendenza e il coraggio, ma crediamo che in questa occasione alla guida ci fosse un austista dell’ente pubblico. Adesso, nessuno vuole sparare sul pianista perché riteniamo che abbia guidato oltre i limiti di velocità consentiti su incitamento dello stesso presidente – preoccupato di arrivare puntuale all’appuntamento – non certo per procurare a lui stesso e all’istituzionalmente importante passeggero divagazioni adrenaliniche. Taluno, col piglio dell’azzeccagarbugli, dirà: “Certamente, è l’autista che ha violato il codice della strada. Anche di fronte alle richieste del superiore non avrebbe dovuto spingere sul pedale dell’acceleratore, anzi avrebbe dovuto apertamente rifiutare di obbedire a un ordine sbagliato”. L’altro, fautore della responsabilità oggettiva, sosterrà: “Il povero autista non ha fatto altro che rispettare la volontà di un superiore e diversamente non avrebbe potuto comportarsi per una serie di ragioni facilmente intuibili”. Vere l’ una e l’altra argomentazione.

Ma non è questo il punto rimasto completamente oscurato. Allora vediamolo. Se la multa la dovesse pagare la Regione, ovvero ciascun cittadino dell’Abruzzo per una quota procapite pari a… (la divisione la lasciamo a voi) – quindi, come dire, la sanzione pecuniaria verrebbe collettivizzata perché il presidente della Regione agiva in nome e nell’interesse di tutti noi – i punti sulla patente che verrano sottratti all’autista (quanti non so: 5-10?), non sarebbe altrettanto giusto che venissero tolti in quota parte a ciascuno di noi? Qui, però, il calcolo sarebbe infinitesimamente complicato. Bazzecole, quisquilie, pinzillacchere, avrebbe detto Totò. Senza dubbio, lo abbiamo premesso, ma pensateci un attimo.

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