TERRORISTI DEL CALIFFATO INSANGUINANO PARIGI

By Vincenzo Fabri
Pubblicato il 2 Dicembre 2015

Centoventinove morti, fra i quali una giovane italiana, Valeria Solesin, e oltre trecento feriti (di cui un centinaio gravi) in sette attentati  condotti  a Parigi  nella serata di venerdì 13 novembre da tre  commandos di terroristi ispirati dal califfato islamico. Le stragi si sono verificate in luoghi di normale divertimento, lo Stade de France in cui si stava svolgendo una partita amichevole tra le squadre francese e tedesca, una sala di concerto, Bataclan, due ristoranti, uno giapponese l’altro cambogiano, una pizzerie, un caffè. Gli attentatori hanno agito con perfetto sincronismo, irrompendo nei locali ad armi spianate e sparando raffiche di mitra contro i presenti, al grido di “Allah akbar”, Dio è grande. Sei di essi  si sono fatti  esplodere (con ciò provocando ulteriori vittime)  quando è intervenuta la polizia, che ha ucciso altri due di loro. È, per gravità, il secondo episodio  dopo quello di Madrid, 11 marzo 2004, che fece 192 morti. Siamo in guerra, ha detto il presidente della Repubblica François Hollande, contro l’esercito terrorista del califfato. È stato perciò decretato lo stato d’urgenza e, per dare la caccia a eventuali complici, si sono chiuse le frontiere: non era mai successo in Francia dall’avvento di De Gaulle al potere e dalla fondazione della V repubblica nel 1958.

Così, Allah è ostaggio da una banda di predoni in nome di una divinità sanguinaria che non esiste , coprendo ben altri obiettivi di potere materiale, all’ombra di assassinii, violenze, stupri, istruzione di bambini all’omicidio, furti, traffici illeciti (droga compresa), distruzioni di tesori artistici e archeologici. Anche le famigerate SS di Hitler avevano sulla fibbia del cinturone la scritta Gott mit uns, Dio è con noi. Ciò non impedì la loro disfatta. L’attacco parigino potrebbe anche servire a minimizzare  una severa sconfitta militare, la conquista da parte dei curdi della città di Sinjar, con il taglio di alcune vie di rifornimento molto importanti per l’esercito del califfato, e un rovescio psicologico: l’eliminazione con  un drone americano del tagliagole britannico dell’Is, Jahadi John, protagonista di truculente sceneggiate di morte. La serie di attentati è rivendicata  però come   rappresaglia per i bombardamenti degli aerei francesi sulla “capitale” del califfato, Raqqa, e può essere un atto di nervosismo per l’arrivo nei luoghi di combattimento siriani della portaerei Charles De Gaulle, che potenzierà i raid contro le postazioni dei terroristi.

La condanna della strage e la solidarietà del mondo è stata unanime, con cortei e altre manifestazioni. Particolarmente importante l’immediata reazione della Federazione delle corti islamiche, che ha deplorato con forza l’attentato parigino (non va dimenticato peraltro che il novanta per cento delle vittime dell’Is è costituito da altri musulmani). E papa Francesco, che ha inviato un messaggio all’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois,  ha parlato di “attacco all’umanità” e si è detto “commosso e addolorato” perché non ci sono giustificazioni, religiose e umane, per queste cose, ammonendo severamente, all’Angelus di domenica, che “usare il nome di Dio per violenze è una bestemmia”. Bandiere a mezz’asta in tutti i paesi, edifici pubblici illuminati con i colori francesi; tranne la Tour Eiffel, della quale sono state spente le luci. Decretati tre giorni di lutto nazionale e riunioni a catena dei vertici istituzionali e politici, anche per chiedersi le ragioni dell’inefficienza dei servizi di sicurezza che non sono riusciti a intercettare un’azione tanto clamorosa. E per limitare i danni, soprattutto al turismo (gli stranieri stanno già partendo), dell’eccidio che verrà ricordato come “quello del 13 novembre”.

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