TEMPI DURI
Peggio di così non può andare, capita di dire commentando il tempo che viviamo. È così per quanti perdono la casa, la patria e persino la vita a causa delle vicende in corso. Le richiamiamo senza molti dettagli. Una pandemia che ha colpito molti e sfiorato tutti, lenta a scomparire mentre un’altra più minacciosa si preannuncia, l’aviaria. Una guerra che incalza da oltre un anno, che accelera invece di rallentare e minaccia di deflagrare. Mentre da decenni la nostra Europa godeva la pace e un relativo benessere, l’incanto è stato infranto facendoci precipitare nell’incredibile prospettiva di un conflitto mondiale. Anche chi non si trova a vivere nel centro dei fuochi ne sente le vampate con la conseguente crisi economica sulle bollette, e l’equilibrio psichico messo alla prova dallo sconquasso delle emozioni. Dunque un po’ tutti possiamo dire che peggio di così non poteva andare.
Aggiungiamo l’angoscia per i terremoti che distruggono le città più veloci dei bombardamenti, abbattono i palazzi come alberi della foresta e stroncano decine di migliaia di vite umane in un batter d’occhio. La natura arrabbiata contro gli umani. E la preoccupazione per tutti questi migranti che dalle periferie del mondo fuggono da condizioni disumane e chiedono spazio tra noi, e lo strazio dei sentimenti per quelli che finiscono ingoiati dal mare, bambini, donne, giovani portatori di speranza.
A infierire sulla tensione interiore arriva la depressione che ti prende dinanzi a una politica che in queste situazioni si esaspera nell’analisi delle cause e delle conseguenze, sulle responsabilità da addossare alla luce delle varie ideologie, invece di cercare insieme come fermare la catastrofe. Ma lasciamo perdere.
Abbiamo bisogno di vivere bene anche in questa situazione. Salvare l’equilibrio, vincere la paura e essere attivi nell’andare avanti. Ma per questo non bastano le motivazioni che vengono dall’esterno. Bisogna sprigionare le energie interiori. Come esseri umani abbiamo le potenzialità necessarie per fronteggiare ogni evenienza. Tra queste c’è anche la certezza che Dio è presente nella storia e nell’esistenza di ciascuno. La fede.
Circola una corrente di pensiero che incoraggia le donne e gli uomini di oggi a risolvere i problemi con la fede in se stessi (Cfr. Vito Mancuso, Il senso della vita, allegato la Repubblica 26.2.2023). Dato che non esiste la fede in Dio, ci si vuol convincere di farcela con la fede in noi stessi. Anche lo sguardo più superficiale alla realtà dimostra che non basta. Per quanto riguarda la felicità personale, troppa gente è scontenta, depressa, impaurita, sbilanciata, disperata. Per quanto riguarda la situazione sociale, è giusto riconoscere la bellezza del genere umano che ha realizzato progressi strepitosi. Ma come avere fiducia soltanto in questa umanità che in tutta la storia non è riuscita a garantire stabilmente la pace, la giustizia e l’uguaglianza? È ovvio che con le sue sole capacità non ci riesce.
Ma Dio non ha cessato di amare questa umanità lacerata nei conflitti dell’orgoglio e del potere, che degenerano nell’odio reciproco. Ha inviato il suo figlio Gesù Cristo che ci si è messo in mezzo vivendo l’esperienza umana solo nell’amore. Un amore che l’ha reso vittima della condizione che ha condiviso, ma che essendo divino è sfuggito alla caducità della morte e resta ora nella storia come sfida alla potenza distruttiva della cattiveria umana. Questa energia del Crocifisso-Risorto è impiantata dentro il cuore umano, nel modo recondito e misterioso che Dio solo conosce. Bisogna esserne consapevoli e avere coraggio. Dio non può abbandonarci, perché anche il Figlio fa parte ormai di questa umanità.
Ma come giustificare tutti questi morti? Come consolare tutte queste sofferenze? E se toccasse anche a me, a noi, la sorte delle vittime stroncate nelle situazioni sopra accennate? Va bene. Parole non vi sono solo umane. Per il battesimo e la fede, e comunque per appartenenza alla razza umana, siamo attaccati al Crocifisso che muore ma anche al Risorto che vive. Dio ci conosce uno per uno. Nessuno sarà dimenticato.