TASSI FISSI O VARIABILI: QUALE SCELTA
Un studio aggiornato per le nuove offerte di mutuo sia per l’acquisto di una nuova casa che per la surroga, ci dice che in questo momento le banche stanno applicando sui mutui a tasso fisso degli spread più bassi, anche di 60 punti base (0,6%) rispetto agli spread applicati sui mutui a tasso variabile. Tutto ciò rappresenta un dato storico che comporta un primato assoluto dai tempi dell’introduzione dell’euro, infatti, solitamente lo spread sul mutuo a tasso fisso costa un po’ di più (10-15 punti base) rispetto a un variabile di pari durata perché il mutuo a tasso fisso è tecnicamente più rischioso per le banche come prodotto e, non a caso, per coprirsi dal rischio futuro di fluttazione dei tassi le banche si coprono acquistando un derivato (che in tempi normali scaricano in parte sul cliente applicandogli appunto uno spread più alto rispetto al variabile).
Ma in questa fase non c’è derivato o copertura che tenga: le banche stanno evidentemente offrendo mutui a tasso fisso a sconto (in termini di spread) spingendo la domanda a stipulare più sui tassi fissi che variabili.
Il fisso, in questo momento, piace quindi di più. Ma anche perché sono le banche che lo preferiscono. Come mai le banche vogliono vendere più mutui a tasso fisso in questo momento, a tal punto da scontare di molto lo spread? A mio avviso, da una parte hanno paura, proponendo un fisso più caro, di veder scappare i mutuatari fra qualche anno attraverso il meccanismo delle surroghe; dall’altra prevedono che nei prossimi anni i tassi non saliranno di molto e con questi anche l’inflazione sarà contenuta (che a quel punto renderebbe molto conveniente il fisso per il debitore ma meno per la banca).
In questo momento, con il costo del denaro ai minimi storici la differenza tra il miglior variabile (tasso finito dato dalla somma tra spread ed indice Euribor) si attesta all’1,2% mentre il miglior fisso (dato dalla somma tra spread ed indice Eurirs della durata del mutuo) si attesta al 2,2% (vedi in calce tabella delle migliori offerte aggiornate a fine gennaio durata 20 anni). Siamo quindi nella misura a 100 punti di differenza nell’ipotesi di un mutuo pari al 50% del valore dell’immobile.
La differenza dei tassi riguarda il fatto che oggi le banche sono molto più selettive ed erogano con spread scontati in funzione del rischio del cliente, e il cliente che chiede un mutuo del 50% è considerato più affidabile rispetto a chi chiede un finanziamento dell’80% sul valore del cespite.
Infine, i tassi fissi più bassi favoriscono l’accesso al mutuo per un maggior numero di famiglie mantenendo un impatto della rata sul bilancio familiare più contenuto e più facilmente gestibile nel tempo, riducendo così anche i rischi di eventuali problemi di rimborso che si tradurrebbero in potenziali incagli o sofferenze per la banca, con tutte le conseguenze negative che ne deriverebbero per i bilanci dell’istituto. Proprio in questo periodo si fa un gran parlare dei crediti deteriorati delle banche.
Se le banche spingono sul fisso non è detto che sia, pur essendo ai minimi storici, la migliore soluzione per ciascun mutuatario. Il fisso infatti va bene nei periodi di elevata inflazione, un po’ come un investimento in oro. Ma quando l’inflazione è bassa e con essa le prospettive dei prossimi anni il variabile mantiene un forte vantaggio dato che in partenza è sempre – e anche in questo momento – più basso del fisso. Molto dipende quindi anche dalla durata. Per mutui fino a 15 anni (dato che gli interessi si pagano per la gran parte nella prima metà del mutuo) ricorrere al tasso variabile potrebbe essere anche finanziariamente razionale. Per mutui dai 20 anni in su, invece, aumentano i fatti di imponderabilità sui tassi, per cui propenderei sui tassi fissi.