Chi si appassiona di astronomia sa che i misteri più grandi sono quelli che hanno a che fare con i buchi neri, cioè con la fine della vita di una stella. E quando la morte della stella si avvicina non si può non parlare di onde gravitazionali.
La prima osservazione di queste sottilissime increspature dello spazio-tempo è avvenuta il 14 settembre 2015 ed è stata annunciata dai progetti LIGO e Virgo soltanto il giorno 11 febbraio 2016, dopo attenti calcoli e verifiche che hanno valso il premio Nobel agli scienziati impegnati nella ricerca. Dalla forma d’onda del segnale ricevuto, chiamato GW150914, abbiamo potuto dedurre che l’evento in gioco era mostruoso: avevamo infatti “ascoltato” il canto finale della “danza” di due buchi neri di massa pari a 36 e 29 masse solari, che fondendosi in un nuovo super buco nero, avevano annunciato la loro morte e rinascita in una nuova singola entità consumando ben 3 masse solari di energia nel giro di qualche secondo. Tale messaggio energetico gravitazionale aveva viaggiato per circa un miliardo di anni luce prima di giungere ai rilevatori terrestri.
La storia della ricerca è continuata, anche se non sotto l’attenzione mobilitata con i primi riflettori del Nobel. Gli scienziati hanno cominciato a mettere in ordine le cose catalogando gli eventi possibili attraverso le sigle BHBH, BHNS e NSNS. BH sta per Black Hole (buco nero) e NS per Neutron Star (stella di neutroni). Per chi non ricordasse che cosa sia una NS, si può semplicemente dire che è lo stadio che precede quello di buco nero. o, meglio, se la stella non raggiunge quella massa critica che produce l’astro da cui nemmeno la luce può fuggire, rimane la tremenda possibilità di una stella in cui le strutture atomiche degli elementi presenti vengono cosi compresse da annullare la distanza tra protoni ed elettroni fintanto che non rimane una gigantesca zuppa di neutroni.
Se è facile comprendere che il primo evento rilevato nel 2015 era un BHBH, si sono dovuti aspettare altri 2 anni per avere il primo NSNS (ed al momento unico di cui siamo certi, ma altri sono candidati), cioè la fusione fra due stelle di neutroni il 17 agosto 2017. Da poco abbiamo concluso la collezione degli eventi astrofisici attraverso la conferma dell’evento misto BHNS, in cui il gigante ha letteralmente “pappato” la bambina.
È accaduto nel gennaio del 2020, due volte nell’arco di 10 giorni.
La campagna osservativa continua, e con l’entrata in campo di un nuovo interferometro – il giapponese Kagra – la speranza dei ricercatori è quella di aumentare la casistica e di cogliere altri eventi accompagnati anche da emissione di fotoni (cioè segnali visibili ai telescopi e non solo agli interferometri)
Nel frattempo la domanda che ci si pone studiando questi “eventi di morte” è come nascano queste coppie di stelle che finiscono insieme, in modo così tremendo, la loro esistenza. La prima ipotesi è che si conoscano fin da giovani, ovvero che siano un classico sistema binario di stelle, una delle quali termina la sua vita come buco nero e l’altra come stella di neutroni, per poi appunto fondersi.
Il secondo scenario ipotizzato è che i due membri della coppia si incontrino soltanto da “adulti”, diciamo, frequentando lo stesso ammasso globulare – ambiente ad alta densità – nel quale non sarebbe così raro questo tipo d’incontro. Quindi, come in tutte le questioni della scienza, possiamo ben dire che la storia continua.
Sperando di lasciarci guidare dalle stelle (non quelle dell’oroscopo per l’anno nuovo, a buon intenditore è sufficiente una luce gentile) auguro a tutti un santo Natale.
marco.staffolani.stf@gmail.com