SOS ADOLESCENZA

Indagine della Società di Pediatria
By Antonio Andreucci
Pubblicato il 31 Agosto 2017

Rilevata un’insorgenza sempre più precoce di alcuni problemi tipici di questa età: ad esempio aumenta  il numero dei ragazzini  di 11-12 anni totalmente ubriachi e di quelli, con appena uno-due anni in più, dediti alle sostanze stupefacenti

Bisogna porre maggiore attenzione ai nostri ragazzi, ai compagni di banco, agli amici con i quali usciamo a mangiare una pizza o con i quali chattiamo sui social, in modo da capire se manifestino elementi di disagio da segnalare tempestivamente per risolvere i loro problemi esistenziali. Un’attenzione sollecitata ancora di più dopo le sconcertanti e terribili notizie di questi mesi sul Blue Whale, la pericolosa e fatale sfida attraverso i social, che spingerebbe i ragazzi ad affrontare cinquanta prove estreme in altrettanti giorni, fino al suicidio. Non v’è dubbio che questo macabro rituale abbia riacceso l’attenzione  su un disagio giovanile che si espande a macchia d’olio. Un disagio talmente esteso – al quale si accompagna un allontanamento dalle figure adulte di riferimento – che riguarda l’ottanta per cento degli adolescenti italiani, secondo i risultati di un’indagine della Società Italiana di Pediatria (Sip).

Si è sempre detto che l’adolescenza è il periodo più difficile: si comincia a scoprire il mondo e si pensa di essere in grado di affrontarlo da soli o con chi ha le nostre stesse sensazioni, cioè i nostri coetanei. Spesso si innescano conflitti familiari, rifiutando i consigli dei genitori. Una ribellione nei confronti dei grandi, un rifiuto a conformarsi a loro, che si traduce in un conformarsi a quelli come noi. Un problema generazionale che c’è sempre stato. “L’adolescenza è un’età difficile – ricorda il presidente della Sip, Alberto Villani – la novità è che le difficoltà emotive e comportamentali emergono sempre più precocemente. Come pediatri stiamo infatti osservando un’insorgenza sempre più precoce di alcuni problemi tipici dell’adolescenza”.  Per esempio: aumenta il numero dei ragazzini di 11-12 anni totalmente ubriachi e di quelli, con appena uno-due anni in più, drogati. Il progressivo abbassamento dell’età in cui si manifestano certi comportamenti dimostra come occorra affrontare prima – terapeuti, genitori, figli – temi che si ritenevano tipici dell’età adolescenziale.

La ricerca (condotta in collaborazione con gli uffici scolastici regionali di tutta Italia) ha coinvolto diecimila ragazzi di età fra i 14 e i 18 anni ed ha interessato  diversi ambiti dell’universo adolescenziale: alimentazione e rapporto con il proprio corpo, percezione dell’ascolto ricevuto, disagio psico-emotivo, bullismo, sessualità, dipendenze, uso di internet, famiglia. Ne fuoriesce un disagio emotivo diffuso: oltre la metà degli intervistati ha dichiarato di essere stata (sempre, spesso, qualche volta) così male da non riuscire a trovare sollievo. Se a questa percentuale si aggiungono coloro che hanno sperimentato “raramente” questa sensazione, si arriva a circa l’ottanta per cento. Il 15% si è inflitto intenzionalmente lesioni, spesso per trovare un sollievo (o per puro piacere). Un dato allarmante, se si pensa che la presenza di questi comportamenti è descritta, in letteratura, come un fattore correlato ad un aumentato rischio di “suicidalità” in adolescenza. Circa un ragazzo su due ha sentito il bisogno di avere un sostegno psicologico, ma l’84,2% non si è rivolto a un servizio di aiuto psicologico e solo il 4,8% ha utilizzato quello della scuola. Ci si è rivolto allo specialista (7,4%) lo ha fatto per problemi familiari (27,3%), sentimentali o comportamentali (entrambi al 21%), scolastici (16%) e con i coetanei (13,3%).

Gli amici restano un punto fermo nei momenti di difficoltà: solo il 4% dei ragazzi non riceve mai il loro aiuto, circa il 70% lo riceve (spesso o sempre). Più bassa la percentuale (46%) di coloro che si rivolgono (sempre o spesso) ai genitori per essere tranquillizzati quando hanno una preoccupazione. Solo il 20% ritiene che la scuola sia attenta alle loro esigenze. Di fatto, gli adolescenti valorizzano la relazione tra pari mentre sentono “distanti” gli adulti di riferimento nei vari loro contesti di vita, come la famiglia o la scuola.

Un ragazzo su tre ha subito in silenzio il bullismo, ma altrettanti lo hanno praticato; il 12%  è stato vittima di cyber bullismo; il 37% fuma sigarette (abitualmente o occasionalmente), circa il 40 dichiara di essere arrivato a star male in seguito all’uso di bevande alcoliche. Il 62,3% non ha ricevuto educazione sessuale da parte degli adulti, uno su tre (tra coloro che hanno già avuto rapporti) non usa mai contraccettivi, più della metà ha visualizzato materiale pornografico in rete e circa il 15% ammette di aver ricevuto proposte sessuali da parte di adulti, anche attraverso siti e social, addirittura a 5 anni. La maggioranza del campione utilizza i social per parlare con gli altri quando si sente solo. Riguardo all’alimentazione, il 28% crede di essere in sovrappeso, ma solo l’11,7% lo è davvero e quasi la metà non pratica attività sportiva. Sorprendentemente il pranzo in famiglia resiste ai ritmi frenetici (il 71% pranza a casa).

In conclusione, nell’adolescenza i ragazzi sperimentano nuove emozioni e modi di essere, mutando atteggiamenti e comportamenti. È sempre stato così, ma i ragazzi del terzo millennio hanno la rete, un’opportunità notevole  che, però, può isolarli dalla vita vera e creare dipendenza. Tendono a stare sempre “connessi” perché ritengono che chi non faccia uso di Internet, Facebook, Twitter e social vari resti fuori dal mondo. Quindi, si modellano con ciò che trovano nella rete, senza alcun filtro, dando per scontato che sia buono. Ciononostante, si ritiene che i ragazzi abbiano la necessità, ora più che mai,  di rispecchiarsi negli adulti di riferimento, di conoscere modelli positivi e propositivi per interiorizzare gradualmente regole, sicurezza, autostima. Da parte loro, gli adulti devono offrire queste opportunità, diffondendo entusiasmo e alimentando prospettive, attraverso un’educazione delle emozioni. Purtroppo, spesso si osservano genitori che “smanettano” più dei figli.

Comments are closed.