SORELLA MIA
Di Gabriele dell’Addolorata, Gemma Galgani non fu sorella di sangue ma sorella di spirito e questa loro straordinaria parentela profuma di cielo.
Gemma Galgani, la povera Gemma come ama firmarsi lei, nasce a Capannori (Lucca) il 12 marzo 1878 dal farmacista Enrico e da Aurelia Landi. Arriva dopo quattro fratellini. “Ho tanto pregato per avere una bambina”, sospira Aurelia. Gemma è vispa e affettuosa. Nel libro delle preghiere cerca il nome di Gesù e con il ditino lo indica alla mamma. Gli occhi però diventano pensosi quando si posano sul crocifisso.
Brillante a scuola, come premio chiede il racconto della Passione. Aurelia spesso è a letto malata; Gemma le resta vicino: parlano del Crocifisso e del paradiso. Nel 1886 Aurelia muore e la piccola consola chi piange: “Perché piangete? La mamma è in paradiso”. Nel 1887 riceve la prima comunione. L’ha implorata insistentemente. “Datemi Gesù, che sarò più buona”. Le sofferenze intanto non mancano. Dopo la morte della mamma perde il fratello Gino, seminarista di 18 anni. Nel 1897 muore anche il papà. Nella circostanza arrivano i creditori. “Mi misero le mani in tasca, ricorderà Gemma, e mi levarono quei cinque o sei soldi che avevo”. Farmacia e casa Galgani sono poste sotto sequestro. Per la povera Gemma, povertà e umiliazione.
È una giovane di “non ordinaria bellezza. Ha due occhi meravigliosi”. Parla il francese, si intende di pittura, ha una bella voce, compone poesie. Non manca di sensibilità, di dolce e composta fierezza. Qualche giovane la sogna come sposa. Ma lei da tempo ha deciso di essere “sposa di un re crocifisso; nacqui per lui”, confida. Malata gravemente, le consigliano una novena. Le appare Gabriele che ogni sera la guida nella preghiera. Gemma guarisce e cominciano a chiamarla affettuosamente la ragazzina della grazia. Nel 1899 conosce i passionisti e sente “un’affezione speciale per essi”. Nello stesso anno viene accolta come una figlia dalla nobile famiglia Giannini. Incontra padre Germano Ruoppolo, passionista, che sarà suo direttore spirituale; lo chiamerà sempre “babbo mio”.
Gemma si offre vittima per la conversione dei peccatori e per riparare le infedeltà dei sacerdoti. Dice: “Voglio vivere e morire vittima, non voglio altro che Gesù”. E il suo Gesù è quello crocifisso. Sospira: “Devo essere crocifissa con lui”. Vive la notte oscura dello spirito, soffre vessazioni diaboliche. Satana si traveste da angelo o da confessore; smascherato la picchia selvaggiamente lasciandola con il volto pieno di lividi e le ossa slogate. Glielo aveva promesso: “Non far nulla per i peccatori perché la pagherai cara”.
Gemma abita nel mistero e nel soprannaturale. Gode di estasi frequentissime. Intesse commoventi dialoghi con il Signore e la Madonna. È in affabile famigliarità con l’angelo custode; di lui si serve per recapitare le lettere al direttore spirituale. Nel 1899 riceve le stigmate, grazia dolcissima e dolorosa che la rende viva immagine del Crocifisso. Le stigmate sanguinano dalle ore 20.00 del giovedì alle 15.00 del venerdì successivo. Durante la preghiera suda sangue e sul suo corpo appaiono i segni della flagellazione e coronazione di spine.
Depongono sul cuore di Gemma, appena morta, il distintivo dei passionisti: gesto dovuto. Chi più passionista di lei? Il Signore le ha detto: “Sarai una figlia prediletta della mia passione”. Passionista è il suo direttore; san Paolo della Croce, fondatore dei passionisti, le appare più volte divenendo “guida e maestro di santità”. Gemma desidera entrare tra le monache passioniste; non sarà accolta, anche per i fenomeni mistici che vive e la salute precaria. Nello spirito però è passionista e ne professa privatamente i voti.
Un poema di grazia le sue relazioni con Gabriele. Gemma lo conosce nel 1899 leggendone la vita. Le apparizioni del santo sono frequenti. Lei lo chiama “mio protettore”; ha verso di lui una devozione particolare e la sera non riesce a prendere sonno se non ha sotto il guanciale la sua immagine. “Aspetto, scrive, una sua visitina, devo parlargli di molte cose”. Gabriele in una apparizione le dice: “Gemma coraggio, ti aspetto al Calvario, è lì che sei diretta”; la chiama “sorella mia”, le fa una carezza sulla fronte e le dona il distintivo passionista.
Gemma muore a Lucca l’11 aprile 1903 invocando la Madonna: “Mamma mia raccomando a te l’anima mia, dì a Gesù che mi usi misericordia”. Pio XII dichiarandola santa nel 1940, la dirà “spirituale religiosa passionista”. Degna figlia di Paolo della Croce, dolce sorella di Gabriele dell’Addolorata.