SONO STANCA DI VIVERE “CONTROVENTO”

By Luciano Temperilli
Pubblicato il 3 Luglio 2014

Sono una ragazza di venticinque anni e nonostante – come mi ripetono in tanti – abbia una vita davanti vivo una brutta esistenza. Mi sento sola come una piccola isola in un mare in tempesta. Non riesco a condividere la vita  e a vincere la solitudine, Tutto, a mio avviso gira al contrario in questo nostro paese – scuola, lavoro, sanità, sicurezza, eccetera – ma vivere perennemente “controvento” è stancante e soprattutto per niente facile. Nell’altro cerco di vedere sempre un lato positivo ma ogni volta che provo ad approfondire certe tematiche vengo presa in giro. Frequento diverse compagnie ma se non ti vesti in un certo modo, se non fai determinate cose e non vivi certi luoghi sei un fantasma… Se poi dici di frequentare la parrocchia e di andare a messa ogni domenica è meglio scomparire… Mi sento sempre giudicata da un mondo che ritengo giri al contrario e nel quale vivo male!     1989

Alcuni giorni fa ho letto su un giornale che i ragazzi di una classe delle medie, per festeggiare la fine dell’anno scolastico, si sono presa una solenne ubriacatura e qualcuno è finito addirittura in coma etilico. E ho pensato: ma oggi i giovani (certi!) sanno ancora divertirsi? Possibile che l’unico modo sia cercare lo sballo a ogni costo? Possibile che siano “gregari” dell’anticonformismo di massa? Sono tutti uguali e ognuno pretende di essere originale. Sinceramente mi pare una contraddizione palese. Anche questo, secondo me, è una manifestazione di quel pensiero unico che ha un fondo di consumismo, magari di nicchia, che tende a diversificarci per aspetti particolari: vestiti, scarpe, eccetera. C’è sotto il bisogno di sentirsi accettati, di far parte di un gruppo identitario o, semplicemente, di sentirsi moderni perché la si pensa come i media, anche qui “certi” media, che presentano il mondo e la vita in modo aggiornato e disincantato. Ecco  allora che la parrocchia fa parte di quel retaggio del passato che non dice più niente. La messa poi è un rituale strano e noioso. E poi magari c’è il prete: niente di più anacronistico con la mentalità moderna… con certe pretese di dire quello che è giusto o sbagliato! Dessero poi un buon esempio! È un girare al contrario? Certo che ci sono cose strane in questo modo di impostare la vita, soprattutto perché non spiega niente. Non aiuta a comprendere se stessi. Butta solo nell’ammasso del fan tutti così, questo è moderno; questo è sorpassato, bisogna comprar quello, bisogna apparire su quel social…

Credo invece che tu stai facendo una scoperta vera: ognuno di noi è solo. La compagnia rimane all’esterno della scorza della vita, dentro siamo soli con noi stessi. Rendersi conto di questo porta a una “brutta esistenza”? Non necessariamente. Dipende da come vuoi vivere la tua solitudine. O cerchi di riempirla con cose simboliche (vestiti, scarpe, tatuaggi eccetera) su cui appoggi la tua identità, o di stordirti con le varie dipendenze (alcol, droga, sesso, internet  eccetera) per dimenticare il vuoto o vivi una relazione vera. Ma per vivere una relazione vera bisogna un po’ dimenticarsi, bisogna un po’ buttarsi, bisogna un po’ farsi dono. Bisogna insomma innamorarsi della vita, del prossimo e… di Dio. L’innamorato non è mai solo e non ha paura di essere solo. Questo vale sempre, ma soprattutto per chi, come seguita a dire papa Francesco, ha incontrato Gesù e dà la vita per amore. Perché, citando Gibran, chi ama non abita più nel suo cuore ma nel cuore di Dio.                temperlu@libero.it

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