SINISTRA IN PEZZI

By Nicola Guiso
Pubblicato il 30 Settembre 2015

In una recente intervista al Corriere della Sera – argomentata e senza di sarcasmi – Massimo D’Alema ha accusato Renzi di voler distruggere il Pd. Tra altre cose, infatti, dice che da segretario del partito e da presidente del Consiglio abbia agito, e agisca, in modo da rompere “non solo con la tradizione della sinistra ma anche di una parte importante del cattolicesimo democratico. In questo modo ha lasciato molto spazio ad altre forze politiche. Ora – aggiunge D’Alema – il Pd è a un bivio. O ricostruisce il centrosinistra. Oppure crea (in vista di elezioni politiche) un listone con il ceto politico uscito dal berlusconismo…”. D’Alema, comunque, non auspica nuove scissioni. Pur convinto “che (nel Pd) è avvenuta una cosa più grave di una rottura politica: una rottura sentimentale. Una parte degli elettori di sinistra ha rotto con il Pd (in precedenza aveva ricordato l’altissima astensione e il calo di voti del partito nelle regioni rosse), e difficilmente il Pd li potrà recuperare…”. L’intervista conferma un fatto negativo per il futuro della nostra democrazia: la scomparsa di una forza di sinistra di adeguata consistenza, erede delle migliori tradizioni di rappresentatività sociale, politica e istituzionale del Pci. Dunque capace di lottare per realizzare i propri ideali e i propri programmi. Ma anche di raggiungere  intese con gli avversari a difesa della democrazia. Come, per esempio, a metà degli anni 70 per respingere l’attacco del terrorismo alle istituzioni. Se è vero, infatti che, nella sostanza, il Pd è quello descritto da D’Alema (nel comizio conclusivo delle Feste dell’Unità Renzi ha detto poco per smentirlo, e sembra deciso a non concedere nulla alle sinistre interne, rischiando la scissione, sulla riforma del Senato) è altrettanto vero che il resto della sinistra è polverizzato in una miriade di microscopiche formazioni: dai patetici eredi di Rifondazione comunista ai Comunisti italiani; dalla nebulosa (con molte pretese) di Landini, ai chiacchieroni del Sel di Vendola, dai contorsionisti intellettuali usciti dal Pd come Civati e Fassina, agli spocchiosi Barbara Spinelli e Curzio Maltese. Tutti si proclamano depositari delle idee di una nuova sinistra, che dovrebbe governare l’Europa, l’Occidente e  l’Italia dopo il crollo del neo-liberismo finanziario e mercatista. Ma nella sostanza, i capi delle micro-formazioni passano la maggior parte del loro tempo a scambiarsi colpi bassi, ciascuno puntando ad essere riconosciuto dagli altri leader della nuova sinistra. E tentando di convincere i 5 Stelle a stringere con essi alleanze, fermamente rifiutate da Grillo e da Casaleggio. I due sanno infatti che tenersi alla larga da alleanze con le micro-sinistre consente ai 5 Stelle di continuare a lucrare di essere i soli politici mondi da contaminazioni con partiti eredi di quelli (da tanti esecrati) della prima e della seconda Repubblica. Poi perché liberi da vincoli di alleanze, Grillo e Casaleggio possono continuare a sfruttare al meglio (come fosse di loro produzione) tutto il cascame delle utopie e delle suggestioni politico-sociali anarco-comuniste e iperdemocratiche, che tornano a circolare in Occidente e in Italia con l’attenuarsi della memoria storica di ciò che è stato il comunismo in Urss, nell’Est europeo, in Cina, a Cuba. Le utopie e le suggestioni, per esempio, che le società avanzate le possono governare (come sosteneva Lenin) anche le donne di servizio, magari (per meglio corrispondere alla modernità) eleggendo a mezzo internet i rappresentanti del popolo. O che lo stato debba garantire  un cospicuo “reddito di cittadinanza” non solo a chi non abbia o abbia perso il lavoro o non abbia la pensione. Ma debba garantirlo anche a chi  di quel reddito sia soddisfatto e lavoro non ne cerca; o se lo abbia perso, il “reddito di cittadinanza” non dovrà comportare obblighi, quali quelli di frequentare corsi di qualificazione e riqualificazione, e l’accettazione anche di offerte di lavoro non corrispondenti ai propri desideri. Comunque, resta il fatto che il vuoto che si è creato a sinistra (e che si sta creando a destra) nel nostro paese impoverisce il confronto politico. E rende pertanto più difficile la ricerca di modi e strumenti nuovi per fare fronte in modo adeguato ai vecchi e nuovi problemi della società e delle istituzioni.

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