SIGNIFICATI DEL REFERENDUM

Quando Renzi aveva invitato i cittadini a non recarsi alle urne per il referendum del 17 aprile sulle “trivelle”, le previsioni più accreditate indicavano in poco più del 20 per cento la percentuale di votanti; mentre perché il referendum fosse valido avrebbero dovuto votare almeno il 50,1 degli aventi diritto. Poi Renzi, il Pd e il governo hanno dovuto affrontare gli scandali sulle estrazioni petrolifere, sul trasporto e lo stoccaggio di gas e petrolio in Lucania, Sicilia e Calabria; e la presa di posizione contro l’astensione del presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi. Fatti che certamente hanno contribuito a far salire la percentuale dei votanti al 32,1 per cento. Pari a oltre 15 milioni di elettori la grandissima maggioranza dei quali ha votato contro la posizione del Pd e del governo.

Renzi dunque l’ha spuntata. Ma nonostante il mancato scatto del quorum, l’aumento di votanti rispetto alle previsioni, e i molti milioni di voti contro le posizioni del governo e della maggioranza sulle “trivelle” sono fatti che potrebbero avere una significativa influenza nel presente e nel futuro prossimo politico, istituzionale e socio-economico del paese. Nel presente, per i possibili riscontri a sinistra e nel Pd sui risultati delle elezioni amministrative del 5 e 17 giugno in comuni come Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste. E ancora di più a ottobre, sul risultato del referendum confermativo delle riforme costituzionali approvate dal parlamento (in particolare l’abolizione del senato quale seconda camera e la riduzione dei poteri vincolanti delle regioni in materia di grandi opere pubbliche), che sarà valido a prescindere dal numero dei votanti. Riforme che se venissero respinte dal voto popolare porterebbero alle immediate dimissioni e alla fine della storia politica del presidente del Consiglio, come Renzi ha più volte dichiarato anche in parlamento.

I fatti da considerare collegati ai confronti nel corso della campagna referendaria e ai risultati del 17 aprile sono però anche altri, che riguardano questioni particolarmente delicate per la società e per le istituzioni. Ne ricordo alcuni in sintesi estrema. Il primo è l’inasprirsi della dialettica interna nel Pd. L’autorevole presidente della regione Puglia, Emiliano, è infatti definitivamente passato all’opposizione del segretario del partito; e il leader della sinistra, Cuperlo, ha accusato Renzi di non rappresentare più “la storia” del Pd, e dunque di non poterlo guidare quale forza di sinistra nell’attuale, difficilissima, congiuntura italiana e dell’Unione Europea.

Il secondo, è il riemergere, in vista del referendum di ottobre, in settori della magistratura di tendenze che sembrerebbero volerla riproporre nel quadro istituzionale quale potere fisiologicamente contrapposto a quello politico del parlamento e del governo. Tale appare, per esempio, la decisione della corrente Magistratura democratica di aderire ai comitati per il No (tutti fortemente politicizzati) in vista di quel referendum. Un ultimo fatto, con potenziali e negativi sviluppi politico-istituzionali, è che il risultato del referendum del 17 aprile potrebbero accelerare il processo di decomposizione del centro-destra e, in parallelo, dare nuove spinte alle convergenze (sino a ora di fatto, anche se negate dai protagonisti) tra le posizioni anarco-populiste, anti-sistema e anti-Europa del M5S con quelle neo-nazionaliste ed egualmente anti-sistema e anti-Europa della Lega di Salvini. Anche considerato che la morte di Casaleggio sembra accentuare all’interno dei M5S le posizioni più demagogiche sul terreno sociale e su quello antisistema, per lo scontro in atto (spesso ovattato ma sempre durissimo) tra dirigenti e gruppi che si contendono il potere nel movimento. Una convergenza, dunque, che potrebbe riservare amare sorprese per il futuro della democrazia italiana. Soprattutto se continuerà, senza risultati, la ricerca da parte delle forze democratiche più affidabili della sinistra e del centro-destra di darsi nuove basi culturali e nuove forme organizzative adeguate alle realtà interne e internazionali politiche, istituzionali e socio-economiche del nostro tempo.