SIAMO CHIAMATI A VIVERE LA QUARESIMA

By Mons. Antonio Riboldi
Pubblicato il 1 Marzo 2014

Confesso che ogni volta che, da vescovo, annunciavo l’inizio della quaresima, provavo quasi un senso di sbigottimento, di timore, quello che ci prende pensando a un mistero di infinito amore, come il mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù, nostro Signore, sostanza della nostra vita cristiana, che possa disperdersi nel nulla delle notizie di poco conto, quelle che si sentono di sfuggita da un giornale radio e che, dopo pochi minuti, non ricordi neppure più, a meno che non ti abbiano davvero toccato o ferito dentro.

All’inizio di questo tempo di salvezza la chiesa ci fa contemplare Gesù “condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo”.

Anche noi vogliamo lasciarci condurre dallo Spirito nel deserto con Gesù. Lui stette quaranta giorni senza mangiare, in continua e profonda preghiera, per farsi modellare dallo Spirito del Padre, per forgiare la sua volontà di uomo sulla volontà del padre, fino in fondo, per mai tradirla, sapendo che l’avrebbe portato sulla croce, unica via alla risurrezione per la salvezza di tutti.

Forse ci può, in un primo momento, creare un senso di impotenza questo stare con Gesù nel deserto in questo tempo santo. Siamo troppo abituati ai rumori, esterni e interni, della nostra vita quotidiana: inquietudini, agitazioni, competizioni, stress emotivo e spirituale… Troppo spesso, quasi senza accorgercene, subiamo un’intossicazione che non permette neppure di cogliere le possibilità di bellezza interiore a cui siamo chiamati.

Senza il deserto, come vicinanza a Dio, non possiamo più vivere la gioia che lui ci vuole dare continuamente, fasciandoci della sua tenerezza, donandoci se stesso, che è poi il manto della nostra vera natura, di conseguenza rischiamo di interpretare la nostra vita da sbandati, vivendo molte volte di insicurezza, soffocati dall’ansia, da un senso di solitudine che altro non è che un vagare senza meta, nel silenzio cupo dell’anima, privi di obiettivi veri e giusti, per le vie del mondo.

La quaresima può invece diventare un tempo provvidenziale, in cui riscoprire il vero senso del nostro esistere. Ma perché questo accada occorre riconquistare la consapevolezza che Dio ci è vicino, ci aiuta a pregare, a stare con lui, a fare penitenza, cioè a toglierci di dosso tante cose inutili, trasformandole in gesti concreti di bontà, di solidarietà, che ci scrostino dall’egoismo, vera patina di morte.

Un tempo in cui, lasciandoci plasmare dallo Spirito di Dio, possiamo lasciarci “trasfigurare”, ritornando alla verità della vita, che è quella di essere buoni, cioè “essere santi, come il padre nostro è santo”. Sentiamo molte volte, e magari con fastidio, pronunciare una frase che nulla ha di cristiano: “Lo sai chi sono io?”. È un modo di sentire del mondo, molte volte correlato ad atteggiamenti superbi, arroganti, inconciliabili con la verità e la bontà, che sono invece  le caratteristiche, il vero volto, di un uomo o una donna santificati dalla grazia e dal battesimo.

Al posto di esibire potenza e strafottenza, ricordiamo la vera ragione della nostra creazione. Il primo uomo e la prima donna Dio li aveva creati innocenti, “a sua immagine”, infinitamente belli e buoni, infinitamente amati. Null’altro era chiesto loro che accogliere un tale amore, ricambiandolo nella libertà. Il padre, quando ci ha pensati, ha sognato per noi solo la felicità di amare ed essere amati. Ci può essere felicità più grande? Solo Dio poteva pensarla e crearla, in un dono pieno e fedele di sé, della sua stessa vita divina alle sue creature. Ma, giustamente, l’amore non può essere obbligato, costretto. L’amore ha la sua vera natura nella libertà, quella di accettare il dono o scegliere altro.

Sappiamo come finì, come troppo spesso l’uomo continua a rispondere, e quali sono le terribili conseguenze di un uomo che vuole sostituirsi al suo Dio, rinnegandolo o anche solo sfrattandolo dalla propria vita. È un rischio e un dramma la nostra libertà.

Ecco perché è fondamentale il tempo della quaresima, un tempo dello spirito, in cui stare con Gesù per ritrovare il nostro vero volto di uomini, per evitare i tranelli quotidiani che la vita ci pone dinanzi, cioè tutto quanto è negazione dell’amore.

E non dimentichiamo mai che il nostro Dio è padre. Dio è amore e l’amore vive nella libertà e non nel “timore”. Nessuno ci ama e comprende come lui. Fidiamoci e affidiamoci sempre “come bambini” a un padre, la cui potenza e forza è la misericordia, cioè avere a cuore soprattutto i deboli, gli affaticati, i sofferenti.

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