“Giornalai». Per i leoni delle tastiere e per gli odiatori digitali, più o meno seriali, si tratta dello svuotamento semantico del termine, al quale si fa ricorso, in modo spregiativo, per apostrofare i giornalisti che non sono di gradimento. Dimentichi, costoro, che quella del giornalaio è (ormai era) una professione di immensa rispettabilità e onorabilità. Era una sorta di sacerdote officiante, la cosiddetta preghiera laica del mattino. Era quel personaggio, sempre dentro la sua edicola, d’estate e d’inverno e in tutti giorni che il buon Dio manda sulla terra, che sapeva coltivare, sull’onda dell’attualità e della cronaca, il rapporto con l’acquirente del quotidiano. Era quello che stabiliva con il lettore un primo momento di dialogo e di opinione sui fatti della giornata precedente. Capace, con solo quattro chiacchiere, di fornirti un panorama ragionato degli avvenimenti del mondo. Una rassegna stampa vivente pronto a soddisfare ogni tua esigenza, anche quella di gettare “a gratis” un’occhiatina sulle prime pagine dei giornali che non avresti voluto o potuto acquistare. Lo stesso in grado di fornirti le più aggiornate novità editoriali in allegato con i giornali di carta stampata.
Ormai quel mondo non esiste più ed è inutile rimpiangerlo. La rivoluzione tecnologica ha messo in ginocchio questa nobile arte. Le edicole chiudono. Interi territori, soprattutto nelle zone interne della nostra regione, ne sono sprovviste. Qualcuno anche di recente, in Abruzzo, ha promosso petizioni e rivolto appelli agli amministratori locali per la sopravvivenza di questi chioschi. Chi riesce ancora a sfangarla lo fa riconvertendosi alla vendita di giocattoli e balocchi di ogni tipo. È una strada obbligata per la sopravvivenza: di giornali se ne vendono sempre di meno, per non parlare dei settimanali. L’acquisto mattutino del quotidiano è una liturgia che sopravvive in pochi nostalgici del contatto umano.
Le forme digitali della comunicazione e dell’informazione stanno decretando la loro scomparsa, come specie in via d’estinzione. Ma se non si può ricorrere a una legge di tutela della specie, almeno cerchiano di rispettarne la storia, quello che hanno rappresentato per la società e per la vita democratica. Avevano le loro idee e spesso per quelle hanno visto andare in fumo i loro gazebo a opera di squadracce animate da furore ideologico. Quelle poche edicole rimaste proviamo a conservarle perché forniscono un ristoro alla coscienza collettiva e al pluralismo delle idee. Provate a immaginare le nostre città (i piccoli paesi ne conservano solo uno sbiadito ricordo) senza le edicole.
Un tempo darsi appuntamento all’edicola di Piazza Risorgimento era un modo comune di ritrovarsi in un luogo immancabilmente conosciuto come un monumento o una cattedrale. Oggi ci si incontra on line o sulla chat. È la stessa cosa? Le comodità dell’era digitale sono ineguagliabili, ma ci stiamo spogliando della nostra individualità. Sempre più soli nella moltitudine del mondo di internet.
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