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Sul nuovo dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale ci sarà lo sguardo vigile di papa Francesco mentre prefetto dell’organismo è stato nominato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson
Degli immigrati se ne occuperà direttamente lui. Lui è papa Francesco, e con una decisione insolita per la santa sede, sarà appunto lui stesso a vigilare ad tempus sulle attività del nuovo dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, istituito lo scorso 17 agosto. Una novità importante nello scacchiere della riforma curiale, sempre work in progress, messa in atto dal papa e dal C9, la camera di consiglio formata dai cardinali scelti da Francesco per coordinare al meglio le attività della curia. Nel nuovo dicastero confluiranno, dal primo gennaio 2017, quattro pontifici consigli: Giustizia e pace, Cor unum, Pastorale migranti e Operatori sanitari. In quella data, questi dicasteri verranno soppressi. Prefetto dell’organismo è stato nominato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, finora presidente del pontificio consiglio della Giustizia e della pace e una sezione del nuovo dicastero si occuperà specificamente di profughi e migranti direttamente sotto la guida del papa, a sottolineare l’importanza di tale organismo.
Un’attenzione che è più di un programma pastorale. Per Francesco il dolore di chi scappa dalla propria terra per fame, guerre e lavoro non può essere derubricato solo in un’ottica economica o sociale. Per Francesco l’attuale situazione della migrazione irregolare nella ricca e opulenta Europa va capita nella risposta che l’uomo sceglie di dare al vangelo della buona notizia e dell’alterità. Lampedusa, nel luglio 2013, è ancora viva nel cuore del popolo di Dio: Francesco era rimasto colpito e commosso dalle notizie sui barconi naufragati nel Mediterraneo, con tante donne e bambini morti e rimasti in fondo al mare. E poi, ancora: riguardo la Siria, Bergoglio ha invitato ogni parrocchia ad accogliere una famiglia di rifugiati. E il 16 aprile 2016, per manifestare la sua vicinanza ai rifugiati, Francesco, insieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e all’arcivescovo ortodosso di Atene Hyero-nimos, ha visitato il Mòria refugee camp dell’isola greca di Lesbos. A sorpresa, nel viaggio di ritorno a Roma, il papa ha portato con sé sull’aereo dodici profughi.
“In tutto il suo essere e il suo agire – scrive il papa nel Motu proprio che ha istituito il dicastero – la chiesa è chiamata a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo alla luce del vangelo. Tale sviluppo si attua mediante la cura per i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato”. Il nuovo dicastero “sarà particolarmente competente nelle questioni che riguardano le migrazioni, i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura e le altre persone la cui dignità è a rischio”. Si occuperà inoltre di diritti umani, specialmente quelli attinenti il lavoro, incluso quello minorile, del commercio di vite umane, della pena di morte e del disarmo.
A questo scopo il nuovo dicastero offrirà la sua collaborazione alle chiese locali, favorirà e coordinerà le iniziative delle istituzioni cattoliche e potrà intrattenere relazioni “con associazioni, istituti e organizzazioni non governative, anche al di fuori della chiesa cattolica, impegnate nella promozione della giustizia e della pace”.
Il dicastero è chiamato ad approfondire la dottrina sociale della chiesa, adoperandosi “affinché essa sia largamente diffusa e tradotta in pratica e i rapporti sociali, economici e politici siano sempre più permeati dallo spirito del vangelo”.
Vengono, quindi, costituite presso il dicastero la Commissione per la carità, la Commissione per l’ecologia e la Commis-sione per gli operatori sanitari, presiedute dal prefetto del medesimo dicastero che è anche competente nei confronti della Caritas internationalis secondo i suoi statuti.
Il nuovo organismo assume anche le competenze della santa sede circa l’erezione e la vigilanza di associazioni internazionali di carità e dei fondi istituiti agli stessi fini.
L’organismo è presieduto da un prefetto, coadiuvato da un segretario e almeno un sottosegretario, che possono an-che essere fedeli laici.
Non è nemmeno un caso che la notizia dell’istituzione del nuovo dicastero è stata data alla stampa due giorni prima della canonizzazione di madre Teresa di Calcutta, avvenuta il 4 di settembre in piazza San Pietro.
In un tweet Francesco ha scritto: “Imitiamo madre Teresa che ha fatto delle opere di misericordia la guida della sua vita e la strada verso la santità”, definendo madre Teresa “testimone privilegiata di carità e di generosa attenzione ai poveri e agli ultimi”. Il suo esempio – ha affermato – contribuisca a portare sempre più Cristo “al centro della vita” e a vivere generosamente il suo vangelo “nel continuo esercizio delle opere di misericordia per essere costruttori di un futuro migliore, illuminato dallo splendore della verità”. Quindi esorta a imitare “l’ardore apostolico” di madre Teresa per attuare “quella rivoluzione della tenerezza iniziata da Gesù Cristo con il suo amore di predilezione ai piccoli”.
Insomma, Francesco inizia il nuovo anno pastorale così come lo aveva iniziato il primo giorno del suo mandato petrino: insieme ai poveri, a chi soffre. Insieme all’uomo. Lungo le periferie esistenziali e le coordinate spirituali di una chiesa che vuole essere “ospedale da campo” per un’umanità ferita e desiderosa di abbraccio filiale con il Padre che è nei cieli.