SE VOGLIAMO LA PACE PREPARIAMO LA PACE
Sembrano allontanarsi, per fortuna, i venti di guerra che nelle ultime settimane avevano fatto temere il peggio tra Russia e Ucraina. Al momento andare in stampa, infatti, la situazione ha intrapreso una direzione incoraggiante sul fronte del dialogo, grazie anche alle varie mediazioni di capi di stato, ministri e cancellerie. L’obiettivo è quello di lasciare bombe e cannoni negli arsenali, lasciando spazio solo alla pace. E in questa direzione sono arrivati segnali importanti come il ritiro da parte della Russia di alcune truppe al confine con l’Ucraina e il rialzo delle Borse europee, dopo il pesante tonfo dei giorni scorsi. Gli osservatori internazionali, come sempre, predicano prudenza circa le proiezioni degli scenari futuri, ma la speranza va sempre alimentata.
Ma qual è il motivo del contendere? Ecco un breve cenno sulle ragioni che hanno portato a questa delicata situazione.
Nel febbraio del 2014, il popolo ucraino mandò via il presidente filorusso Viktor Yanukovich, instaurando al suo posto un governo a interim filoeuropeo mai riconosciuto da Mosca. Di tutta risposta Vladimir Putin incorporò la Crimea incoraggiando la rivolta dei separatisti filorussi nel Donbass, regione nel Sudest del Paese. Oggi, soprattutto le nuove generazioni vedono e vogliono per la loro terra un futuro in Europa, più occidentale, al pari dell’attuale presidente Volodymyr Zelensky eletto nel 2019. Questo, dunque, il riassunto in pillole, anche se il conflitto, però, ha radici più antiche e profonde, come la rivendicazione del presidente russo Putin. Egli, infatti, da sempre ritiene che il suo Paese abbia un “diritto storico” sull’Ucraina, che faceva parte dell’Unione Sovietica fino al collasso del 1991.
Purtroppo, e torniamo all’attualità, la storia umana, compresa quella che figli e nipoti studiano sui libri di scuola, è storia di guerre e conflitti sanguinosi. Epilogo quasi scontato quando nel cuore degli uomini, soprattutto di quelli che muovono i fili di una nazione, non alberga la pace. Senza la pace del cuore non ci sarà mai quella delle armi. E l’unica via è quella dell’amore, della comprensione, della compassione, della tolleranza, della pazienza. Non però un vuoto e insignificante elenco di buoni auspici, bensì un atteggiamento concreto e quotidiano che colori, con i segni dell’arcobaleno, l’agire dei popoli. Il dialogo, solitamente, porta a una mutua comprensione. Non prima, però, di essersi spogliati di interessi personali, prese di posizioni strumentali ed egoismi. E soprattutto non dimenticando che su questo mondo siamo di passaggio. In viaggio per l’eternità e che il bene sarà sempre nelle mani di Dio. Madre Teresa di Calcutta, infatti, non dimenticava mai di ripetere che è il Signore che dà la pace del cuore. La pace è stare insieme, è aiutarsi a vicenda.
Perché allora tanti uomini, soprattutto i potenti di questo nostro Pianeta, rifiutano la pace? Quanti continuano a seminare odio, morte e distruzione nel mondo? Quante persone oggi non sanno cosa mangeranno e dove dormiranno domani? Quanti diritti umani vengono quotidianamente calpestati in nome del potere e del “dio denaro”? Perché non lavoriamo tutti per un mondo migliore dove non ci siano i tifosi della guerra e del male?
Gesù, proclamando beati gli operatori di pace, ha detto che se vogliamo la pace, dobbiamo preparare la pace. Non potrà aversi pace nel mondo, senza giustizia, della quale la pace è frutto.
Sia questa, allora, la bussola per noi tutti viandanti del mondo. Potenti e non, credenti e non. L’importante è fare del bene.ne.