SE SEI MILIONI DI POVERI VI SEMBRANO POCHI…

Non c’è nulla di cui meravigliarsi, ma semmai preoccuparsi per i recenti dati sulla povertà forniti dall’Istat. E le previsioni fanno ancora più paura visto che per il 2025 dai 5 milioni e 700 mila attuali, senza interventi concreti di politica economica e sociale, si supererà la soglia dei 6 milioni. Ancora più sconvolgente è il dato che si riferisce a un milione e mezzo di bambini e ragazzi. La povertà, infatti, incide su tutti gli aspetti della vita dei più piccoli, dalla salute ai percorsi educativi, privandoli di stimoli e opportunità indispensabili per la loro crescita e rendendo ancor più difficile la loro prospettiva di vita. Tutto ciò, tra l’altro, si combina con il grave fenomeno della denatalità che riguarda il nostro il Paese, oltre alla fuga di giovani verso l’estero per decine e decine di migliaia l’anno, sempre come ci ricorda l’Istat. E non solo per acculturarsi, in laboratori e in centri di ricerca, ma per servire a tavola o lavare i piatti nei ristoranti e negli alberghi di tutto il mondo.

Una domanda, allora, nasce spontanea: si può pensare di continuare su questa strada andando incontro a un sicuro e rapido declino? Con gli stipendi e le pensioni non adeguati al costo della vita, con gli strumenti di sussidio alla povertà inadeguati dopo la cancellazione del Reddito di cittadinanza e quindi con un potere di acquisto in calo a causa di una inflazione micidiale nell’ultimo triennio, la struttura economica e sociale del Paese non può che traballare. E quindi oltre all’aumento della povertà si registra anche una caduta della produzione industriale e una forte diminuzione delle risorse funzionali al finanziamento dei servizi sociali come scuola, trasporti e soprattutto sanitario, come dimostrano i dati riferiti alle liste di attesa e agli affollamenti dei Pronto soccorso.

Insomma, il nostro Paese si sta configurando con una grave polarizzazione socio-economica che vede da un lato 6 milioni di benestanti e dall’altro 6 milioni di poveri e con un progressivo scivolamento verso il basso dei redditi mediani. Ecco, allora, che il rinnovo dei contratti, una giusta perequazione delle pensioni, strumenti reali e concreti di supporto ai redditi delle famiglie meno abbienti, un’accelerazione degli investimenti Pnrr, che stazionano colpevolmente su percentuali minime di realizzazione, dovrebbero essere le parole d’ordine per un rilancio della nostra economia e per una maggiore eguaglianza nel Paese. Inoltre, e non ci stancheremo mai di ripeterlo, in un momento come questo ogni gesto di solidarietà nei confronti degli ultimi, frutto di iniziative da parte di benemerite organizzazioni sociali, quali la Caritas, il Banco Alimentare, eccetera e di singoli cittadini, anche per sollievi momentanei, deve essere mantenuto, sostenuto e ampliato.

Solo così facendo si può ipotizzare un’inversione di tendenza di un Paese sempre più povero, meno popolato, meno produttivo e con un’economia scadente in quantità e qualità.