SE L’ODIO NON È ODIO

Ci sono cose che scopri all’improvviso, cose su cui non hai mai meditato ma che sfiorano la tua vita. Come ci sono momenti speciali che gettano un fascio di luce sul passato come la morte di una persona, e rivelano d’un tratto non tragedie ma solo ombre, errori, malintesi in brevi lampi nella memoria. Queste brevi note mi sono suggerite dalle vicende di una famiglia che si è odiata per anni, figli contro figli, nipoti contro nipoti, generi contro suocere che hanno portato per decenni rancori tenaci che niente è riuscito a disperdere. E quest’odio e questo disprezzo hanno attraversato spesso generazioni e hanno diviso famiglie, parenti, amici, spesso per sempre. Ho un esempio a portata di mano: mia madre quando morì non volle scendere nella tomba dove riposavano nonni e bisnonni per non stare nella stessa cripta dov’era stata sepolta una cugina che aveva sempre detestato. Dove si vede che spesso anche semplici antipatie o insofferenze possono durare oltre la morte e diventare come iceberg nella navigazione dell’esistenza.

Non starò a discutere dell’odio che esiste fin dall’inizio del mondo e dell’odio dei tanti leaders che spinti da dittatori perversi hanno accatastato milioni di morti, come Stalin, come Hitler, come Pol Pot che mandò a morte quasi due milioni di cambogiani rei di portare gli occhiali da intellettuale o le mani senza calli che li facevano escludere dalla categoria dei contadini.

La famiglia di cui sto parlando era dunque un intrico di rancori e di insofferenze ed era andata avanti così, evitando gli incontri, nemici profondi gli uni agli altri.

Ma un giorno è morta una vecchissima nonna e li ha obbligati tutti a partecipare al funerale. Una donna ha preso la parola dopo la messa per elencare le virtù della defunta, un nipote è stato obbligato ad ammettere che la vegliarda aveva sempre lottato per la pace in famiglia, una figlia di settant’anni non ha potuto ignorare un lontano passato in cui tutti si erano voluti bene ed erano vissuti d’amore e d’accordo.

E quando si è trattato di salutare il nonno, baciandolo e abbracciandolo, tutti hanno dovuto riconoscere – volendo o non volendo – l’esistenza di quel sentimento che si chiama amore. E quando sono usciti tutti dalla chiesa – come non avevano mai fatto prima – hanno parlato fra loro evocando eventi remoti, ricordi familiari che un giorno li avevano uniti. E incredibilmente tutti si sono sentiti accomunati da questo dolore per la perdita della nonna, e hanno deciso di rivedersi, si sono dati appuntamento come se tutto fosse dileguato in un baleno.

Io, banale osservatore, ho dovuto constatare che questi rancori di trenta o quarant’anni sono evaporati come non fossero mai esistiti, disciolti come ghiaccio al sole. Equivoci che hanno avvelenato inutilmente molte vite.

Nelle antiche favole c’era sempre una morale, ma io non sono un moralista ma un giornalista che osserva le cose del mondo. Però mi sono detto che tanti odi che sembrano avere radici profonde si rivelano poi fragili e illusori se possono scomparire nel solo odore dell’incenso.

È come se, dinanzi alla morte, dinanzi a questo immenso evento che tutti livella – come diceva Totò – i rancori avessero ritrovato una loro dimensione, una loro fatuità, una loro inesistenza. Non c’era odio, ma solo piccoli malintesi che sono evaporati nel clima affettuoso di due ore. Come diceva Budda, “l’odio non si spegne con l’odio ma con l’amore”.