IN ITALIA IL FENOMENO INTERESSA SETTEMILA LOCALI PUBBLICI, OLTRE A SCUOLE E PALAZZETTI, E ALMENO ALTRETTANTI MAESTRI DIPLOMATI ISCRITTI ALLA FEDERAZIONE DEI BALLERINI PROFESSIONISTI. IL FATTURATO DIRETTO SFIORA I QUATTRO MILIARDI DI EURO, MA SI TRATTA DI UNA CIFRA ALLA QUALE ANDREBBE AGGIUNTO IL MOVIMENTO ECONOMICO DELL’INDOTTO Dalla danza per la pioggia al “ballo del mattone”, passando per il tango e il valzer, l’uomo ha sempre amato muoversi al ritmo di qualcosa. Un’attività che in estate viene svolta con intensità maggiore e anche da chi solitamente è restio ad ancheggiare. Le vacanze, il bel tempo, la spensieratezza sono elementi che favoriscono il ballo. Ma non è che negli altri periodi dell’anno si resti con le gambe incrociate. Anzi. Assieme a Giappone, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Germania, Austria, Argentina, Danimarca e Finlandia, l’Italia è uno dei paesi in cui il ballo viene praticato da una consistente fetta di popolazione: otto milioni!
Non stupiamoci, pensiamo a quanti nostri amici, anche di una certa età, almeno una volta alla settimana praticano una scuola di ballo o al sabato abbinano pizza e balera. D’altronde, da alcuni studi è emerso che lo sviluppo economico e la conseguente riorganizzazione dell’attività lavorativa di questi ultimi trent’anni hanno determinato in Italia un aumento del tempo libero tale da offrire maggiori possibilità a una pratica dell’attività motoria, ricreativa e sportiva. Per questo il ballo e la danza hanno avuto una fase di grande espansione, interessando ogni ceto sociale e ogni fascia di età, incidendo profondamente sia sulla struttura psicofisica dell’individuo sia, dato il loro elevato potere aggregante, sul tessuto politico-sociale. “Ci divertiamo e facciamo moto”, questa è la risposta che ci danno “insospettabili” conoscenti i quali, dopo aver trascorso una vita sedentaria, all’improvviso si scoprono ballerini convinti. E chissà che, prima o poi, non capiti anche a noi…
Per gli italiani il ballo rappresenta voglia d’evasione (45%) e un modo per mantenersi in forma in maniera disimpegnata e divertimento allo stato puro (28%). Si tratta di un fenomeno che viene da molto, ma molto lontano. Nato agli albori della civiltà egizia, citato addirittura nella bibbia, cantato da Omero nell’Iliade, insegnato ai giovani nella scuola del filosofo Platone e immortalato nel Paradiso di Dante, il ballo ha movimentato regge, poveri villaggi, religioni, tradizioni popolari, il mondo politico e quello militare, riuscendo a sopravvivere alle decadenze e aggiornandosi, con nuove specialità, in modo da rimanere sempre attuale. Addirittura vi sono nazioni, come il Giappone, in cui lo stato finanzia l’insegnamento del ballo e le spese per la partecipazione a campionati e a corsi di aggiornamento all’estero; in altre, come la Gran Bretagna, il ballo fa parte delle materie di insegnamento scolastico, con competizioni fra classi e scuole e con campionati nazionali universitari.
In Italia non siamo ancora a questi livelli, ma il fenomeno interessa 7.000 locali pubblici, oltre a scuole e palazzetti, e almeno altrettanti maestri diplomati iscritti alla federazione dei ballerini professionisti. Il fatturato diretto sfiora i quattro miliardi di euro, ma si tratta di una cifra alla quale andrebbe aggiunto il movimento economico dell’indotto, come ristoranti, bar e trasporti (settori che registrano un incremento di attività in virtù degli appuntamenti) e il vasto mondo collaterale (orchestre, strumenti musicali, case discografiche, gestione sale pubbliche, dancing, discoteche, abbigliamento, soprattutto per le competizioni, progettazione e costruzione locali pubblici, riviste specializzate, videotecnica, libri, eccetera).
Insomma, c’è da divertirsi e far soldi. L’unico imbarazzo è nella scelta della specialità per la quale siamo più portati. Solo qualche esempio: valzer inglese, oppure lento, oppure viennese; tango, flamenco, slow fox, quick step, fox trot, polka, mazurca, liscio, polce, salsa, bachete, merengue, samba, hip hop, zimbe, paso doble, give, chachachá, twist; e chi più ne ha più ne metta. Quindi, non solo d’estate, ma sempre, soprattutto quando si è giù di morale, i danzatori consigliano un sano movimento a ritmo di musica. Lo sostiene anche un vecchio adagio: balla, che ti passa!