ROSSO FERRARI
Nel mondo del calcio, ma non solo, è prassi pressoché consolidata che la mancanza di risultati porta dritta dritta al cambio di gestione: Giancarlo Abete, presidente federale, e Cesare Prandelli, commissario tecnico, dopo il catastrofico mondiale degli azzurri in Brasile hanno, giustamente, rassegnato le dimissioni dai rispettivi incarichi. A Maranello, “sede” diciamo così sportiva di casa Fiat, il vertice aziendale ha ritenuto di adottare il medesimo metro nei confronti di una gestione ricca sì di pregevoli risultati economici, ma scarsa, troppo scarsa per le ambizioni, le strategie, la storia della Ferrari, di riscontri sportivi. Dietro il clamoroso allontanamento di Montezemolo dal vertice della Ferrari non crediamo tuttavia ci siano solo le delusioni sportive patite dal Cavallino e attribuibili, come da copione e da …prassi, al primo responsabile della gestione sportiva. Non è del pari da escludere che il fuoco incrociato di chi ne ha preso le difese (ci riferiamo in particolare a Diego Della Valle, antagonista non da oggi di Marchionne, ma soprattutto socio di Lcdm in Ntv) sia da attribuire ad aspetti esclusivamente tecnico-sportivi. Un dato ci pare tuttavia incontrovertibile: quali che ne siano le cause, Maranello non vince più da tempo. Da troppo tempo, secondo il vertice aziendale (otto anni), che ha quindi scelto la strada per certi versi obbligata dell’inevitabile cesura di un rapporto che denunciava l’usura del tempo e soprattutto la mancanza di risultati sportivi. Che il conto economico aziendale sia foriero di dati positivi può (e deve) far piacere, ma è evidente che nella strategia globale di un fiore all’occhiello quale è la Ferrari per Fiat c’è la necessità, l’obbligo pare anzi di capire, anche di podi sportivi. In assenza dei quali si cercano alternative.