RENZI E L’ULTRASINISTRA

in Italia
By Nicola Guiso
Pubblicato il 1 Settembre 2014

«Nessun nemico a sinistra» era uno dei principi inviolabili dei partiti comunisti del secolo scorso, che i “nemici” li assorbivano o li distruggevano. Per i socialdemocratici tradizionali o per i nuovi (come il Pd in Italia) il principio resta valido, ma lo si realizza (necessariamente) con metodi diversi. Il vero nemico a sinistra del Pd è oggi il Movimento 5 Stelle, il cui punto terminale del suo impegno politico è il comunismo. Per Grillo infatti (sue parole) i tentativi di realizzarlo nel secolo scorso sono falliti per errori di metodo; e la via per realizzarlo oggi passa per la lotta al capitalismo, rappresentato soprattutto dal potere mondiale delle banche; richiede il sostegno a tutti i movimenti che nel mondo combattono con gli eserciti, col terrorismo, con la politica economica e sociale gli Stati Uniti e l’Occidente, gendarmi dei capitalisti e dei padroni.

Dopo le elezioni politiche di febbraio Bersani – avventatamente e perché ossessionato dalla necessità di assicurare un supporto “di sinistra” al suo governo – ha tentato di coinvolgere nella maggioranza parlamentare il Movimento 5 Stelle o una parte. Ha fallito perché non aveva capito bene la natura vera (ultrasinistra appunto) del movimento grillino.

Il Movimento, infatti, alle elezioni era diventato il contenitore di gran parte di movimenti, gruppi e gruppuscoli da sempre collocati in quell’area; e si era gonfiato dei voti di elettori indignati dalla degenerazione affaristica e dalla impotenza operativa del sistema di partiti della seconda repubblica. Motivazioni tali (epidermiche, etico-morali, di costume) da nascondere o far trascurare a quegli elettori l’obiettivo finale di Grillo, il comunismo.

Diventato segretario del Pd e presidente del Consiglio, Renzi ha capito che in questo tempo un partito socialdemocratico diventa forza affidabile di governo solo se rompe ogni legame con componenti interne o esterne al partito che ritenessero possibili alleanze con l’ultrasinistra per risolvere i grandi problemi del paese. I risultati delle elezioni europee hanno premiato la sua scelta di duro contrasto nei confronti di Grillo.

Renzi è ora però chiamato a una prova decisiva sul rapporto del Pd con l’ultrasinistra neocomunista. Egli sa infatti che il solo modo per avere un aiuto concreto dall’Unio-ne Europea al fine di avviare a soluzione la crisi economica e sociale del paese è la rapida approvazione nel parlamento della riforma del lavoro, sulla base della proposta del senatore Pietro Ichino – di Scelta civica, voluto da Renzi relatore al Senato per la maggioranza – anticipata in alcune parti da un decreto del ministro del Lavoro Poletti. Per Ichino (e presumibilmente dunque per Renzi) una riforma del lavoro adeguata ai nostri tempi comporta una riscrittura dello statuto dei lavoratori vecchio di quasi mezzo secolo. Una riscrittura che parta dalla premessa della trasformazione del contratto a tempo indeterminato “secondo il modello del contratto a protezione crescente” con conseguente modifica della “disciplina dei licenziamenti” contenuta nell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Questo al fine di rendere possibile – anche nelle imprese con più di 15 dipendenti – la riduzione di manodopera per ragioni economiche, di ammodernamento o di aumento di produttività. Ma garantendo maggiore protezione sociale e consistenti aiuti nella ricerca e acquisizione di nuovi impieghi ai lavoratori coinvolti come accade in tutti i grandi paesi industriali dell’Occidente. Ma contro questo disegno di riforma non solo già rullano i tamburi di guerra di 5 Stelle, di ciò che resta del partito di Vendola, dei Cobas, della sinistra della Cgil e di spezzoni (conservatori) della Uil. Ma sul disegno, soprattutto i gruppi che nel Pd sono più direttamente legati alla tradizione comunista mostrano una volontà di opposizione molto più determinata di quella messa in atto durante il dibattito per la riforma del senato. E questa posizione potrebbe rappresentare per Renzi il pericolo maggiore sulla via di risolvere i problemi del paese e di consolidare il potere di capo del partito e di presidente del Consiglio.

Comments are closed.