Referendum e dintorni
A novembre si voterà il referendum di conferma delle riforme istituzionali approvate dal Parlamento. Il presidente del Consiglio aveva dichiarato che se il voto popolare fosse per il Nò alla conferma chiuderebbe la sua esperienza politica. Dichiarazione fatta per sottolineare la piena paternità delle riforme sua, del Pd e della maggioranza di governo. Su questo punto è bene ricordare che Alcide De Gasperi, allora presidente del Consiglio e leader della Dc, nei due anni di lavoro dell’Assemblea Costituente parlò una sola volta – e dal suo seggio di deputato e non dal banco del governo, cosa che gli fu rimproverata dal leader del Pci Togliatti – su una questione istituzionale in discussione (i rapporti stato-chiesa). Due comportamenti tenuti da De Gasperi per sottolineare la dovuta netta separazione tra la ricerca di massima convergenza delle parti nella discussione delle le grandi questioni costituzionali, in quanto volte a tutelare i diritti e i doveri di tutti i cittadini; e la logica divisiva della dialettica propriamente politica, che in democrazia contrappone nelle assemblee rappresentative e nella società le maggioranze e le opposizioni. Resosi conto di aver commesso un grave errore personalizzando e politicizzando il voto referendario, Renzi ha poi tentato di attenuarne le conseguenze, affermando che, a prescindere dalla vittoria a novembre del Sì o del Nò, le elezioni politiche si terranno, a fine legislatura, nel 2018 (e, sott’inteso, con lui ancora capo del governo e segretario del Pd). Ma il danno al corretto svolgimento del referendum era fatto, e appare poco rimediabile. Innanzitutto, infatti, la politicizzazione del referendum fatta da Renzi ha creato le condizioni per bloccare sul Nò tutti i gruppi decisi a cacciarlo da Palazzo Chigi; a prescindere dalle radicali divisioni tra FI; la pletora di piccole formazioni di centro-destra e dell’ultrasinistra; Fratelli d’Italia; Lega M5S. Poi perché ha inasprito lo scontro nel Pd tra la maggioranza renziana e le minoranze. In terzo luogo, perchè molti problemi economici, sociali e finanziari stanno caricando sopratutto di significati politici ed economici – di fatto negativi per il governo e il Pd, e a valenza nazionale e internazionale – il voto di novembre. Tanto da far scrivere a giornali di grande peso sull’opinione pubblica internazionale (l’americano Wall Street Journal, il britannico Finacial Times , il francese Le Monde,e lo spagnolo EL pais) che il nostro voto referendario potrebbe avere per l’Italia e per l’Unione Europea un impatto negativo maggiore di quello che potrebbe avere il risultato del referendum sull’uscita dall’Unione della Gran Bretagna. E che questi non siano giudizi strumentali è evidente solo a ricordare alcuni di quei problemi: La stagnazione economica in atto in Italia e in Europa a partire dal secondo trimestre dell’anno; il peso crescente di questo fatto nella stesura della nuova legge finanziaria da approvare entro il 31 dicembre; l’esigenza (ormai imprescindibile) che per il rilancio dell’economia la finanziaria favorisca la produttività delle imprese con defiscalizzazioni sulla contrattazione aziendale e tagli agli sprechi nella spesa pubblica; la spesa aggiuntiva per il rinnovo del contratto di 3.200.000 statali (bloccato da sei anni) per il quale i sindacati chiedono 7 miliardi e mezzo di Euro; le ingenti risorse necessarie a ridurre gli effetti negativi della legge Fornero sui pensionamenti; l’incidenza degli stanziamenti per coprire i danni del terremoto in Italia centrale, e per la prevenzione dei rischi sismici; l’incidenza crescente in ogni campo (primo la finanza pubblica) del problema degli immigrati e della lotta al terrorismo. Molte voci di studiosi e di politici autorevoli impegnati per il Sì e per il Nò al referendum chiedono ai cittadini di votarlo considerando il valore dei contenuti istituzionali delle riforme, e non i suoi retroterra politico-partitici. Ma, ripeto, è probabile che la scelta iniziale del presidente del Consiglio e segretario del Pd di politicizzarlo al massimo abbia provocato danni irreparabili. Comunque, tratteremo i contenuti essenziali delle riforme in altre note.